Il sacerdozio negato alle donne è una mera questione di potere ecclesiastico? Nella Chiesa non bisogna mai dire mai

di ANDREA FILLORAMO

Che i sacerdoti debbano essere necessariamente maschi la Chiesa cattolica ancor oggi lo considera quasi un dogma e per nulla prende in considerazione il fatto che negare il sacerdozio alle donne sia soltanto un fatto culturale e derivi in particolare dalla teologia cristiana, che conserva in sé e non riesce ad abbandonare un’immagine di Dio al maschile. Dio, per essa, infatti, è Padre, Signore, Creatore, Giudice e Salvatore, e, non “madre”, cioè non può essere pensato al femminile, come definito da Papa Luciani, che fu il primo a elaborare questo concetto durante l’Angelus del 10 settembre 1978 e recentemente ricordato e ribadito da Papa Bergoglio. Non è, pertanto, ancora   concepibile, anzi è impensabile da tanti che si professano cattolici, che un sacerdote, sia di sesso femminile.

 

Da aggiungere che per i cattolici l’uomo è stato preso come norma; l’uomo e non la donna rappresenta l’umanità e lui è stato creato a immagine di Dio. Tutto ciò, unito all’idea che al momento della creazione la donna è stata subordinata all’uomo, ha contribuito a cementare la convinzione che gli uomini siano più vicini a Dio delle donne.

 Tutte le grandi religioni monoteiste, del resto, al di là dei particolarismi confessionali, hanno fatto a gara a chi aveva più irriverenza e disprezzo per la donna e, quindi non hanno a loro affidato alcun ministero perché ritenute indegne.

 Bastano alcune rapidissime citazioni:

«Tanto vale spezzare le Tavole della legge» – commenta il Talmud – «piuttosto che spiegargliele».

Talvolta fisicamente la donna è bella, ma è sempre pericolosa: «il suo sguardo è una rete, i suoi seni una trappola, le sue braccia catene».

 Moralmente, «vale più la malizia d’un uomo che la bontà d’una donna». (Eccl. 42: 14).

Fino agli anni ottanta del Novecento, cioè fino agli anni successivi al Concilio Vaticano Secondo, ma ancora sostenuto da molti, il divieto di ordinare delle donne era giustificato anche con il carattere sacramentale del sacerdozio, affermato già a partire dal secolo quinto, quando il presbitero è stato pensato come “ sacerdote”, che nell’esercizio delle sue funzioni rappresenta Cristo, che era un uomo, che aveva scelto come sue apostoli 12 uomini.

Oggi non sono pochi i teologi che, seguendo la scia protestante, ma rimanendo sempre nell’alveo cattolico, non sostengono più una tesi del genere, cioè quella dell’Alter Christus”.

 In un mondo in cui la visione comune della vita (cultura) comprende sempre meno a fondamento dell’essere il sacro, tale concezione potrebbe rischiare di far perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale. Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero, del resto, si confrontano e talora si oppongono differenti concezioni del sacerdozio.

Non mancano oggi i teologi che sono   impegnati a comprendere sempre di più i ministeri nella Chiesa e i sacramenti.

Queste aree vengono da loro pensate con nuove categorie, e soprattutto vengono tutte orientate alla questione della giustizia, una virtù spesso dimenticata, argomento che tocca profondamente le donne, che, oggi, si attivano sempre di più e in maniera sempre più determinata per la sua affermazione e, quindi, per la  parità fra i sessi contro la violenza di genere, ad ogni potere sacro o profano che li subordina, le vittimizza e le rende dipendenti, succubi e spesso forzosamente “ubbidienti”. Violenza di genere e relazioni distorte sono, infatti, questioni intimamente collegate a tale orientamento, alle quali assistiamo giorno dopo giorno.

Collegata a questa consapevolezza c’è l’analisi della concezione del potere con cui la Chiesa agisce.

Sia chiaro: non ci si può nascondere più dietro forme di dominio assolutistico-monarchico, proprio della Chiesa.

Che “nessuna salvezza ci sia al di fuori della chiesa” non è accettabile se postula un concetto di chiesa che definisce il suo territorio al quale, però, possono avere accesso solo le “persone consacrate” di sesso maschile.

Mentre, quindi, nella Chiesa protestante e, recentemente, anche in quella  Anglicana e nella corrente liberale dell’ebraismo si trovano donne con ruoli di guida spirituale, solo l’Islam, l’ortodossia e il cattolicesimo continuano ad escluderle da questo tipo di funzioni. 

Scrive la teologa cattolica Doris Strahm che addirittura la Pontificia Commissione biblica, nel 1976, è giunta alla conclusione che il “no al sacerdozio femminile non può essere derivato dalla Bibbia”.

Ormai appare chiaro: che il sacerdozio sia negato alle donne è una mera questione di potere ecclesiastico, che sta alla base e fa da sostegno al clericalismo, che domina ancora nella Chiesa, di cui Papa Francesco dice che è “il male più grande”,“ una perversione”, espressione di una “ Chiesa mondana” e di quella che lui chiama “mondanità spirituale”, cioè che essa per il Papa “è il peggiore dei mali che possono accadere alla Chiesa, peggio ancora del male dei papi libertini” . “Il clericalismo – secondo Papa Bergoglio – è rigidità, e sotto ogni tipo di rigidità c’è putredine, “che porta a posizioni rigide, ideologicamente rigide, e l’ideologia prende il posto del Vangelo”.

Aggiungiamo qualche altra considerazione: la discriminazione delle donne nella Chiesa cattolica deriva anche da una concezione patriarcale delle cose: la donna ritualmente impura [le mestruazioni viste come strumento di profanazione delle cose sacre a Dio], la donna come seduttrice, la donna come meno simile a Dio.

Sono queste delle posizioni che all’interno della Chiesa cattolica, purtroppo, non sono ancora state de tutto superate.

Accenniamo soltanto al Diritto Canonico, dal quale si evince che “se qualcuno procede all’ordinazione di una donna commette un reato paragonabile a quello di un prete che abusa sessualmente di un minorenne.».

Come si spiega questo accostamento?

Lo si può spiegare soltanto con la volontà di conservare, ad ogni costo, il potere della Chiesa cattolica maschile e per tal motivo si fa un accostamento addirittura cinico che è imperdonabile.

Mentre a Roma il tema dell’ordinazione sacerdotale femminile è e resta un tema tabù, foriero di irrigidimenti e barricate, in Germania un vescovo ha varcato il Rubicone e ammesso di essere d’accordo alle donne prete. 

E’ stato il vescovo di Magonza, monsignor Peter Kohlgraf, 55 anni, che nell’aprile 2022, si è espresso con favore nel corso di un’intervista con l’agenzia di stampa cattolica tedesca KNA.

A suo parere si tratta di attendere e pazientare e prima o poi ci si arriverà. 

Ha aggiunto che probabilmente non sarà una svolta immediata, tanto che immagina certamente tempi lunghi e forse lui non sarà più vescovo di Magonza, tuttavia si dice certo della bontà di questa riforma e ha detto:  «A volte i processi nella chiesa vanno più velocemente di quanto alcune persone possano immaginare. Nella Chiesa non bisogna mai dire mai. Se ci sono buone ragioni – ed esistono – per ordinare le donne, allora non si può spazzare via questo argomento dal tavolo».