Il proibizionismo sulle droghe, tra le altre cose, continua ad ammazzarci

Alla fine del 2025 scriviamo grossomodo le medesime cose che avremmo potuto scrivere agli albori del millennio o negli ultimi 30 anni del secolo scorso. Il proibizionismo sulle droghe continua ad ammazzarci: individui, diritti, economie, socialità. E siccome non siamo “tromboni” che scansano responsabilità e nascondono incapacità, siamo consapevoli di essere i principali responsabili di non aver modificato la legislazione nazionale e, più in generale, le legislazioni del resto del mondo.

Certo, le cose sono un po’ diverse da quando il presidente Usa Nixon nel 1971 iniziò la cosiddetta “war on drugs” a cui, tutti dipendenti da economia e cultura degli Usa (anche i suoi detrattori), si accodarono. Oltre alle “oasi” di legalizzazione per la cannabis tra cui, come Stato sovrano, emerge il Canada, in Italia, per esempio, i consumi di droghe illegali sono depenalizzati (ufficialmente non si va in galera ma si è soggetti a sanzione amministrativa). Ma le droghe continuano ad essere illegali e usate, per il loro stigma, anche come abbeveratoio per iniziative politiche che poco hanno a che fare con le droghe (vedi Usa versus Venezuela, tra le ultime).

Come se non bastassero le religioni e i dogma economici, alla fine del secolo scorso, l’essere umano ha aggiunto anche le droghe come strumento di sottomissione e manipolazione degli individui. Pur se è ovvio che l’eccesso di droghe (legali o illegali non cambia) crea problemi a fisico e psiche dei consumatori, invece di limitarsi ad una gestione delle ricadute sanitarie, alcuni gestori di poteri ideologici e istituzionali hanno inventato il proibizionismo. Che, nonostante l’enorme ricaduta negativa su ogni aspetto di vita pubblica e privata, viene considerato male minore e valvola di sfogo di situazioni di cui non si è capaci di trovare soluzioni come, per esempio, la manodopera lavorativa e l’iniziativa  imprenditoriale.

La nostra tenacia per la legalizzazione, quindi, non è servita. I nostri compagni di strada sono sparuti, frammentati e, sostanzialmente, poco interessati. Si pensi che il segretario di Radicali italiani, Filippo Blengino, oltre a fare lui stesso disobbedienza civile vendendo cannabis, invita chiunque a fare altrettanto… ma forze dell’ordine e giustizia e informazione lo considerano poco e, siccome non siamo più nel secolo scorso, e il male (proibizionismo) è stato assimilato in tutte le culture politiche come metastasi benigna, le sue azioni non modificano di un millimetro il “sonno della ragione” in materia.

Aduc diffonde ogni settimana, con un suo osservatorio mediatico, i numeri dei danni del proibizionismo. Quelli della fine di quest’anno (1) sono meno della metà di quelli del 2024. Meno sequestri, vittime varie, giudizi, etc? Possibile… senza sottovalutare che, essendo il nostro un osservatorio mediatico e non scientifico/statistico, è molto probabile che l’attenzione e l’informazione in merito sia stata molto meno interessata che in passato… ché come accade per le guerre nel mondo, anche sui danni del proibizionismo ci si è “fatti il callo”, tant’è che se ne dà notizia giusto quando non se ne può proprio fare a meno.

Questa è la fotografia delle droghe illegali nel nostro vissuto.

Cioè: ci siamo abituati che siano illegali. L’illegalità è entrata a far parte del tessuto sociale, economico, istituzionale ed individuale. In altre parole: quelli che contrastano le droghe per religioni e dogma economici si sono maggiormente consolidati rispetto al passato. E’ stata fiaccata la volontà di chi dice di non volersi rassegnare al proibizionismo. Che sono diventati un po’ come quelli che, pur inferociti contro regimi e sistemi politici, reagiscono non partecipando al voto e lasciando che siano altri a decidere anche per loro…. e nel frattempo si arrangiano, che sia la quotidiana evasione fiscale che lo spinello coltivato in vaso in terrazza o acquistato dal pusher sempre presente sotto casa.

 

 

1 – https://www.aduc.it/articolo/prezzo+proibizionismo+sulle+droghe+settimana+23+29_40427.php

 

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc