
Un ragazzo con la sua intelligenza atipica – così la definì a suo tempo la migliore allieva di Giovanni Bollea – guarda la Madonna di Piero. La guarda assorto, con attenzione, come se cercasse di comprenderne un segreto. I volti di madre e bambino sono volti della terra umbra, forse del Montefeltro, pieni e assorti, il bambino ha lo sguardo lontano mentre la mamma lo sguardo basso e velato, come entrambi intravedessero oltre.
E’ il Polittico di Sant’Antonio che Perugia e il suo Museo conservano a onore di Piero della Francesca. L’Annunciazione – capolavoro nel capolavoro – sormonta tutto e tutto sembra, nella grande tavola, malinconico e sereno al tempo stesso.
Il ragazzo guarda fisso. Forse non vede la maestria delle aureole lucidate a specchio in un gioco di luci impossibile ma sente. Forse è questo il segreto dell’arte, questo essere universale, oltre lo spazio e il tempo, oltre le culture e le religioni. L’arte che parla al cuore, se pittura attraverso il vedere, se musica attraverso l’ascoltare.
Tanto tempo prima, proprio quel ragazzo, ancora molto piccolo, in uno storico albergo di montagna ormai quasi centenario e bellissimo – a 2.400 metri di altezza e proprio sulla linea che divide Valle d’Aosta e Vallese – guardava con quello stesso sguardo il fuoco nella grande stufa della sala comune. Dopo qualche minuto mormorò quasi a sé stesso “Il fuoco è come la musica” mentre il padre, sulle prime, faticava a capire.
Aveva ragione. Il fuoco è realmente come il mare, come la musica o come un quadro o una scultura che creano movimento negli occhi. Movimento e, dunque, armonia. Le fiamme del fuoco si rincorrono, come si rincorrono le note o le figure, in quella armonia che sa arrivare dritta al cuore delle persone. Se per qualsiasi ragione venisse meno questo percorso al cuore, se in qualche modo scomparisse, morirebbe in quel momento stesso l’umanità intera.
Carlo Romeo, scrittore e giornalista, collaboratore Aduc