I preti che si sposano … nella Chiesa che ha fede

Essi non si manifestano soltanto nella fuga dei fedeli dai luoghi di culto ma anche nella rinuncia di tanti preti al ministero. Ovviamente, le cause di tali defezioni, sono molto varie e non si limitano ai preti ‘innamorati’ che poi si sposano.

 

di ANDREA FILLORAMO
I segni di una profonda crisi che ha colpito il cattolicesimo e che Papa Francesco, pur in mezzo a molte difficoltà e ostilità che incontra all’interno della Chiesa, cerca di affrontare, sono ormai alla luce del sole. Essi non si manifestano soltanto nella fuga dei fedeli dai luoghi di culto ma anche nella rinuncia di tanti preti al ministero. Ovviamente, le cause di tali defezioni, sono molto varie e non si limitano ai preti ‘innamorati’ che poi si sposano.

La maggior è dovuta comunque a situazioni diverse e non mancano casi di crisi di fede, di conflittualità con i superiori o di difficoltà con il magistero. Ma la cosa che a prima vista appare molto strana è quella che mentre molti tornano allo stato laicale, chiedono la relativa dispensa dagli obblighi sacerdotali e formano una famiglia; affrontano, quindi, le difficoltà che non sono poche nel passaggio da una vita all’altra, a cominciare dal lavoro, in mancanza talvolta di titoli di studio o di specifiche competenze professionali, alcuni di essi vogliono continuare a fare i preti, ma sotto una nuova veste, quella della Chiesa anglicana.

È proprio recente la notizia del segretario dell’abbazia di Montecassino, padre Antonio Potenza, diventato anglicano e trasferitosi in Gran Bretagna dove ha sposato una giovane donna all’interno di un’altra abbazia, quella di Westminster.

Il caso di padre Potenza segue la brutta storia dell’abate-vescovo di Montecassino Mons. Pietro Vittorelli, di cui Potenza era appunto segretario. Vittorelli apparentemente era una giovane promessa del monachesimo, piuttosto brillante e conosciuto, fino a quando nel 2013 si dimise.

Si parlava all’epoca di una malattia, di scompenso cardiaco, poi nel 2015 dalla Procura di Roma uscì una inchiesta dalla quale saltò fuori che l’abate-vescovo aveva una doppia vita: si sarebbe indebitamente appropriato di risorse destinate a finalità di culto e a opere caritatevoli. Quanta rabbia e delusione nei fedeli della diocesi per le vicissitudini venute allo scoperto che riguarderebbero la vita privata dell’abate, vicende personali: soldi, lussi, sesso, droga, vizi innominabili! Sembra che tanti siano i casi di preti cattolici che passano alla chiesa anglicana.

Il “caso Potenza” si presenta, quindi, come un fatto non del tutto eccezionale, tanto da far dire al vicario generale della Chiesa anglicana in Italia: «I preti cattolici mi contattano nella speranza di poter diventare preti anglicani, non sanno, però, che non esiste un passaggio diretto.

Il passaggio è molto lento e lungo: prima da laici si diventa anglicani, poi a seguito di un processo di discernimento, si può essere accettati per esercitare il ministero nella Chiesa d’Inghilterra». In questo processo di cambiamento alcuni preferiscono trasferirsi in Gran Bretagna.

Il motivo che determina la scelta di diventare preti anglicani è quasi sempre quello di potersi facilmente sposare dato che nella Chiesa anglicana il matrimonio dei sacerdoti è riconosciuto, ma possono essere individuati altri motivi, come quello che i preti anglicani in Inghilterra sono funzionari dello Stato, dato che il re che è capo della Chiesa dai tempi di Enrico VIII o, come nel nostro caso, la Regina Elisabetta, stipendia molto bene il suo clero.

Ma alcuni si chiedono: “A quando nella Chiesa cattolica sarà abolito il celibato?”. Abolire il celibato sembrava che fosse l’intenzione di Papa Francesco quando nel febbraio 2015 a chi gli faceva notare la differenza tra i sacerdoti di rito latino e quelli di rito orientale diceva: “E’ presente nella mia agenda” e, stando a notizie pubblicate in Brasile, il Papa avrebbe scritto al cardinale brasiliano Claudio Hummes una lettera sulla possibilità di avviare una riflessione sul celibato ecclesiastico relativa ai cosiddetti “viri probati”, cioè a uomini di età non giovane, sposati, ai quali possano essere affidati compiti nella Chiesa al pari dei sacerdoti. Allora, però, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, smentiva questa notizia. Ma ciò non ci deve meravigliare.

Diciamolo pure: la popolarità di Papa Francesco è inversamente proporzionale alla fama di cui gode in Vaticano. Il Papa è una persona popolare e riformatrice – nello stile, nel linguaggio e nei fatti – da inserire però in un contesto conservatore, oscuro e gerarchico, che l’obbliga talvolta a “frenare” nel suo impegno a riformare la Chiesa “in capite” e “in membris”.

L’ostilità nei confronti di Papa Bergoglio in questo ultimo tempo è andata al di là del “normale” dibattito interno alla Chiesa ed è da intendere come un prolungamento dell’ostilità manifestata da alcuni cardinali nel Sinodo sulla famiglia, come affermava Alberto Melloni sul Corriere della Sera del 17 settembre 2014, quando scriveva: “il Sinodo è stato individuato da alcuni porporati come l’occasione per una rivincita sul Papa… mandare il Papa in minoranza al Sinodo e trattare così da posizioni di forza le molte e decisive nomine in agenda”.

Si vuole bloccare, come 50 anni fa con Paolo VI, la via della collegialità, “la Chiesa non ha il problema di mettere la propria morale alla luce della modernità, per tenerla immobile o per cambiarla a basso prezzo; ma di mettere tutto alla luce del Vangelo.

In quel tutto non esiste «la» famiglia ma esistono «le» famiglie”. Il Papa, perciò, pur dimostrandosi aperto al problema del celibato, come ad altri problemi della modernità, è costretto a dire che esso è un “dono alla Chiesa e siccome sono convinto di questo, in questo momento non mi sento di cambiare questa legge”.

“È vero – egli afferma – il sacerdote non può vivere da solo, ma deve possedere solo due rapporti che sono proprio l’identità sacerdotale: il rapporto con il presbiterio, con il vescovo e il rapporto con il popolo di Dio. E questi due rapporti sono quelli che fanno il nocciolo proprio della vocazione sacerdotale”.

Durante questo papato, quindi, il celibato ecclesiastico non si tocca. Inutile, quindi, l’appello fatto alcuni anni fa al Papa di 11 preti tedeschi, ormai in pensione. Erano stati ordinati sacerdoti nel 1967 a Colonia, Dopo cinquant’anni al servizio delle loro parrocchie, hanno chiesto di porre fine al celibato con una lettera aperta e scrivevano: “Crediamo che non sia accettabile chiedere, a ogni uomo che diventa un sacerdote, di rimanere celibe. Pensiamo che a ogni cattolico dovrebbe essere consentito di scegliere se preferisca o meno essere celibe, indipendentemente dal fatto di fare oppure no il sacerdote.

Proprio come nella Chiesa protestante o in quella ortodossa. In ogni chiesa, in realtà, tranne che in quella cattolica”. È vero: san Pietro era sposato, coniugati erano i padri della Chiesa: San Gregorio, vescovo di Nissa, e san Paolino, vescovo di Nola. Sant’Agostino aveva addirittura una moglie, considerata dalla legge del tempo concubina (perché di classe sociale inferiore).

Dunque, il matrimonio non è stato sempre interdetto ai sacerdoti cattolici di rito romano. La regola del celibato ora è disciplinata nel canone 987, secondo paragrafo, del Codice di diritto canonico del 1917, dove si stabilisce che le persone sposate “sono impedite” alla sacra ordinazione.

Intanto, anche i giornali forse esagerando quantificano in circa centomila il numero dei preti attualmente sposati, con o senza dispensa papale. Probabilmente il loro numero va ridotto di parecchie unità, a circa la metà, tenendo conto anche di chi nel frattempo è morto.

In ogni caso, la proporzione delle defezioni in questi ultimi anni è in leggero aumento, anche se non è paragonabile al ‘boom’ registrato negli anni Settanta. Si calcola che ogni anno lascino il sacerdozio in circa un migliaio, praticamente uno ogni 400 preti.