Giorno della Memoria: Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio

di  Andrea Filloramo

Oggi, 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria per commemorare in tutto il mondo le vittime dell’Olocausto. Tutti ormai siamo contenti di celebrare questo giorno con la speranza che quanto è successo nel secolo scorso non succeda mai più.

L’afferma Papa Francesco quando dice: “Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree nella prima metà del secolo scorso aiuti tutti a non dimenticare che le logiche di odio e violenza non si possono mai giustificare. Perché negano la nostra stessa umanità”.

Ma non è stato sempre così per i cristiani e particolarmente per i cattolici: «Perfidi giudei»: queste erano le parole che la liturgia cattolica del Venerdì Santo affibbiava agli ebrei fino al 1960, quando Giovanni XXIII ha ordinato di abolire le parole «perfidi giudei e perfidia» dalle preghiere, parole poi definitivamente cancellate nel 1962.

Sarebbe lungo e complicato menzionare i fatti e i comportamenti malevoli dei cristiani, partendo dal periodo apostolico, nei confronti degli ebrei.

Riempiremmo molti tomi.

Lasciando agli storici e agli esegeti il compito di dimostrare che all’origine e come matrice della shoah ci sia l’accusa rivolta agli ebrei d’aver crocifisso il Signore e l’interpretazione di quell’espressione «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli» (Mt 27,25) pronunciato dal popolo di Gerusalemme davanti a Pilato che non voleva mandare a morte Gesù.

 Ne citiamo, in modo molto disordinato, solo alcuni:

Il sinodo di Elvira del 306 proibì ai cristiani, con aspre pene, di mangiare con gli ebrei e di celebrare con loro matrimoni misti.

Il sinodo di Antiochia proibì di celebrare assieme a loro la pasqua e di fare visita alle sinagoghe.

Costantino dichiarò la conversione alla religione ebraica un delitto capitale e proibì i matrimoni misti con gli ebrei.

Progressivamente gli ebrei furono privati della capacità di fare testamento, allontanati dagli impieghi, dalla corte, dall’esercito.

Nel 438 gli ebrei furono dichiarati inabili a ricoprire qualsiasi incarico statale, perciò furono costretti a dedicarsi alle attività finanziarie e commerciali.

Nel IV secolo, agli ebrei fu proibito di possedere schiavi, le loro sinagoghe furono incendiate e i loro beni espropriati dai cristiani.

 Citiamo anche quello che degli ebrei dicevano alcuni Padri della Chiesa e Scrittori Sacri:

Per Giustino gli ebrei avevano meritato la loro sorte.

Per Eusebio essi erano responsabili delle colpe di tutto il genere umano, in quanto avevano ucciso Dio.

Tertulliano diceva che gli ebrei non erano destinati al paradiso.

Nel IV secolo, epoca di Costantino e del cristianesimo trionfante, l’ostilità verso gli ebrei divenne sempre più violenta, per opera di Ippolito, Atanasio, Ambrogio e Agostino.

Cipriano, nel terzo secolo, odiava gli ebrei.

Efrem (306-373) chiamò gli ebrei assassini di Dio.

Crisostomo (354-407) chiamò gli ebrei criminali e assassini, per lui la sinagoga era un bordello e un covo di briganti.

Per Clemente d’Alessandria, Origene e Crisostomo gli ebrei dovevano essere schiavi dei cristiani.

Con gli ultimi Papi il vento è cambiato e gli ebrei sono diventati i fratelli maggiori dei cristiani.

 Iniziò Paolo VI che il 17 ottobre 1965,  a meno di due mesi dalla chiusura del concilio, dava conto dell’orientamento dell’assemblea nei confronti delle religioni non cristiane, richiamando il contenuto della dichiarazione Nostra Aetate, che sarebbe stata firmata pochi giorni dopo, il 28 ottobre dello stesso anno. I papi e gli ebrei. Una storia che ha visto una svolta decisiva e diceva:

La religione ebraica non ci è “estrinseca”, ma in un certo qual modo, è “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori. (…) Agli ebrei, come popolo, non può essere imputata alcuna colpa atavica o collettiva, per ciò “che è stato fatto nella passione di Gesù”. Non indistintamente agli ebrei di quel tempo, non a quelli venuti dopo, non a quelli di adesso.  È quindi inconsistente ogni pretesa giustificazione teologica di misure discriminatorie o, peggio ancora, persecutorie. Il Signore giudicherà ciascuno “secondo le proprie opere”, gli ebrei come i cristiani (…) Non è lecito dire, nonostante la coscienza che la Chiesa ha della propria identità, che gli ebrei sono “reprobi o maledetti”, come se ciò fosse insegnato, o potesse venire dedotto dalle Sacre Scritture, dell’Antico come del Nuovo Testamento.(…) Su queste convinzioni poggiano i nostri rapporti attuali.