Giornata internazionale delle ragazze: Save the Children, vivere in zone di conflitto aumenta del 20% rischio di matrimonio precoce


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ono quasi 90 milioni – ovvero 1 su 5 a livello globale – le bambine e le adolescenti di età compresa tra i 10 e i 17 anni che vivono in zone di conflitto con impatti devastanti sul loro benessere fisico e mentale e sulle loro opportunità future. Un rapporto dell’Organizzazione, pubblicato in occasione del decimo anniversario della Giornata internazionale delle ragazze, racchiude le voci di ragazze sposate, vedove e divorziate, tra cui quelle di ragazze sfollate a causa di conflitti nella regione del Kurdistan in Iraq (KRI) e in Sud Sudan.

 

Le ragazze che vivono in Paesi colpiti da conflitti hanno oltre il 20% di probabilità in più di sposarsi ancora bambine rispetto a quelle residenti fuori dalle zone di conflitto1. È quanto emerge da una nuova analisi di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, pubblicata in occasione del decimo anniversario della Giornata internazionale delle ragazze.

Otto dei dieci Paesi con i tassi più alti di matrimonio precoce, infatti, stanno vivendo crisi umanitarie – tra cui conflitti e disastri climatici – che, causando l’interruzione dell’istruzione, rendono più difficile la ricerca di lavoro, fanno aumentare i costi del cibo e la povertà oltre che indebolire le reti di protezione che riescono a tenere i bambini al sicuro dalle violenze. Condizioni che provocano un aumento del rischio di matrimonio precoce per le bambine che, spesso, rappresenta un modo per ridurre la pressione finanziaria sulle famiglie o per proteggere le bambine da altre forme di violenza di genere. Sono quasi 90 milioni – ovvero 1 su 5 a livello globale – le bambine e le adolescenti di età compresa tra i 10 e i 17 anni che vivono in zone di conflitto con impatti devastanti sul loro benessere fisico e mentale e sulle loro opportunità future.

Se le bambine che vivono nell’Asia orientale e nel Pacifico, in America Latina e nei Caraibi e nell’Asia meridionale sono le più esposte al rischio di matrimonio precoce legato ai conflitti, l’Africa occidentale e centrale – una regione colpita da conflitti ed emergenze climatiche, che causano povertà e scarsità di cibo – ne registra i tassi più alti al mondo.

È la Nigeria il paese che, attualmente, ha il numero più alto di matrimoni precoci al mondo, nonostante la legge lo vieti. Mi sono sposata contro la mia volontà, non è stata una mia scelta. La vita, in questo periodo, non è stata facile per me. Sono passati quattro mesi da quando ho abbandonato la scuola e da allora ho dimenticato tutto quello che avevo imparato”, racconta Miriam*, 16 anni, costretta a fuggire insieme alla sua famiglia dal loro villaggio nello Stato di Borno per sfuggire ai gruppi armati. Ora vivono in un campo per sfollati interni con conseguenze devastanti per la vita della ragazza.

Nel 2021 il rischio di violenze di genere è stato classificato come grave o estremo nel 95% delle crisi umanitarie. Le azioni per affrontarlo, però, hanno ricevuto meno fondi di qualsiasi altra forma di protezione fornita nell’ambito delle risposte umanitarie. Gli obiettivi di finanziamento sono raramente raggiunti, a fronte di richieste spesso troppo basse, perché solo occasionalmente le donne e le ragazze vengono incluse nelle discussioni riguardanti i loro bisogni o vengono interpellate in modo che si sentano a loro agio nel partecipare.

Mentre gli sforzi per affrontare il matrimonio precoce si concentrano spesso sulla sua prevenzione, poca attenzione viene data alle esigenze e alle esperienze delle ragazze sposate. Il “Rapporto annuale globale sull’infanzia: Ragazze in prima linea”2 di Save the Children, invece, riporta le voci di ragazze sposate, vedove e divorziate, tra cui quelle di coloro che sono sfollate a causa di conflitti nella regione del Kurdistan in Iraq (KRI) e in Sud Sudan.

Tra il 2020 e il 2021, infatti, sono state condotte più di 600 interviste con 139 ragazze in entrambi i Paesi per conoscere le loro esperienze, i motivi per cui si sono sposate e quanto avvenuto loro con la gravidanza e dopo il matrimonio. Tra i vari Paesi e le varie culture sono emerse forti differenze, evidenziando l’importanza di lavorare con le ragazze per definire soluzioni locali. Esistono diversi “gradi di controllo” da parte delle bambine sulla decisione di sposarsi: alcune sono state rapite e costrette a farlo, altre hanno ceduto alle pressioni della famiglia o si sono sposate in seguito ad una gravidanza non pianificata. Molte hanno raccontato di aver contratto un matrimonio per contribuire al sostentamento della famiglia in periodi di estrema difficoltà economica. Per alcune ragazze del KRI, invece, la decisione di sposarsi è stata influenzata dal senso di isolamento e da un futuro incerto. Nei loro racconti è comunque sempre presente l’esposizione alla violenza e alle regole patriarcali – tra cui i valori che conferiscono agli uomini e ai ragazzi qualche forma di potere sulle donne e sulle ragazze, con conseguente disuguaglianza di genere – come una limitazione delle scelte a loro disposizione.

Il rapporto – che ha analizzato i dati riguardo oltre 2 milioni di donne in 56 Paesi negli ultimi trent’anni prendendo in considerazione quelli relativi alle ragazze che si sono sposate da bambine e che vivevano nel raggio di 50 km da un conflitto armato – esamina anche i progressi compiuti per porre fine ai matrimoni precoci da quando, nel 2012, è stata proclamata la Giornata internazionale delle bambine. Sebbene si stimi che tra il 2008 e il 2018 siano stati evitati 25 milioni di matrimoni infantili a livello globale, siamo ancora ben lontani dal raggiungere la scadenza dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile globale di porre fine al matrimonio infantile entro il 2030. Secondo le proiezioni, infatti, la crisi del COVID-19 e il suo continuo impatto sulla disuguaglianza di genere spingeranno 10 milioni di ragazze in più verso il matrimonio entro il 2030, il primo aumento dei tassi globali in più di due decenni.

Questo numero, però, potrebbe aumentare ulteriormente perché gli effetti della pandemia da COVID-19 si combinano con l’emergenza climatica, l’aumento dei conflitti e l’aumento del costo della vita. Nella maggior parte dei Paesi3, le ragazze cresciute nelle famiglie più povere hanno una probabilità quattro volte maggiore di sposarsi precocemente rispetto alle ragazze provenienti dalle famiglie più ricche. L’aumento della povertà potrebbe ora mettere a rischio un numero maggiore di ragazze. I conflitti, COVID-19, crisi climatica e aumento dei costi rappresentano, infatti, nuovi e continui ostacoli all’interruzione della pratica del matrimonio precoce e minacciano ulteriormente i progressi compiuti in questi anni, aumentando la povertà e indebolendo la protezione delle ragazze mettendole così a maggior rischio di violenza sessuale oltre che di matrimoni precoci.

“I conflitti hanno un impatto devastante sulle famiglie che sono costrette a fuggire dalle loro case, dalle scuole e dal lavoro per trasferirsi in campi temporanei, spesso angusti, con pochi servizi, poche possibilità di guadagno e quasi nessuna protezione dalla violenza. Sebbene i bambini paghino il prezzo maggiore di qualsiasi guerra, le ragazze durante i conflitti diventano bersaglio di atti brutali di violenza a causa del loro genere. Le crisi umanitarie – che si tratti di disastri climatici, pandemie o dell’attuale crisi alimentare globale – comportano molti degli stessi rischi che spingono al matrimonio precoce come l’aumento della povertà e l’eliminazione dei sistemi di protezione che dovrebbero essere in atto per tenere le ragazze al sicuro dalla violenza”, ha dichiarato Inger Ashing, CEO di Save the Children International.

“Con così tante bambine – ha aggiunto – che affrontano crisi sovrapposte, questo anniversario dovrebbe essere un campanello d’allarme per i governi affinché diano priorità alle ragazze e si assicurino che siano protette dal matrimonio infantile e da tutti gli impatti devastanti che ha sulle loro vite iniziando, ad esempio, a dar loro voce in capitolo nelle decisioni che le riguardano” ha proseguito Inger Ashing.

Porre fine ai matrimoni precoci e tutelare i diritti delle ragazze già sposate significa, infatti, riconoscere la loro autonomia, affrontare le norme patriarcali che limitano la loro libertà e investire nella loro sicurezza, istruzione e salute sessuale e riproduttiva, soprattutto durante le crisi umanitarie.

Il 10° anniversario della Giornata internazionale delle ragazze deve rappresentare un monito per i governi, le comunità, le Nazioni Unite, le imprese e le organizzazioni della società civile (OSC): possiamo fare molto di più per porre fine al matrimonio infantile e rispettare i diritti delle bambine, anche nelle circostanze più difficili. Tra le raccomandazioni per porre fine a questa pratica, Save the Children chiede ai governi di:

  1. Aumentare i finanziamenti e gli sforzi per affrontare la violenza di genere contro le ragazze, compresi i finanziamenti per la protezione dei bambini nelle crisi umanitarie.
  2. Investire nel potenziamento delle iniziative per porre fine al matrimonio infantile che si basano su dati concreti e renderle disponibili a un maggior numero di ragazze in un maggior numero di luoghi.
  3. Sostenere e finanziare le ragazze per definire soluzioni alle sfide che devono affrontare, rafforzando i movimenti guidati dalle ragazze.
  4. Sviluppare e finanziare pienamente i piani d’azione nazionali per porre fine al matrimonio infantile e ad altre forme di violenza di genere e contro i bambini.
  5. Sviluppare la ricerca per capire meglio come evitare che le “quattro C” (COVID, conflitti, cambiamenti climatici e aumento del costo della vita) invertano i progressi compiuti per porre fine al matrimonio infantile.
  6. Assicurarsi che mantengano le promesse fatte alle ragazze nelle loro leggi e negli accordi globali come la Convenzione sui diritti dell’infanzia, gli SDG e il Generation Equality Global Acceleration Plan.