FESTIVAL DELLA MISSIONE: DOMANI ALLE 17, IN PIAZZA CASTELLO, “DISARMATI. VOLTI DELLA RESISTENZA”

Appuntamento sabato 11 ottobre alle ore 17, in piazza Castello, con l’evento centrale del Festival della Missione, “Disarmati. Volti della resistenza”. Un grande momento pubblico condotto da Chiara Buratti che metterà in dialogo storie e volti che hanno scelto la non violenza come forma di resistenza. Un appuntamento che vuole essere una risposta concreta alla “globalizzazione dell’indifferenza” e dell’ “impotenza”, come denunciato da papa Francesco e ripreso da papa Leone XIV, indicando nella cultura dell’incontro l’unico antidoto possibile.
A testimonianza della forza generatrice del dialogo, interverranno Badel Adra, regista del documentario No Other Land, e Yonatan Zeigen, attivista per la pace e figlio della pacifista israelo-canadese Vivian Silver, uccisa nell’attacco del 7 ottobre. Accanto a loro, Mohammad Huraini, attivista palestinese, giornalista indipendente e difensore dei diritti umani originario di Masafer Yatta. Parteciperanno, inoltre, don Mattia Ferrari, cappellano di bordo di Mediterranea Saving Humans; Kim Aris, figlio della leader birmana Aung San Suu Kyi; e Taghi Rahmani, marito e padre dei figli dell’attivista iraniana Narges Mohammadi, entrambe Premi Nobel per la Pace oggi private della libertà. A seguire, gli interventi di don Luigi Ciotti, voce libera e instancabile contro le mafie, e di suor Azezet Habtezghi Kidane, missionaria comboniana da anni accanto alle vittime della tratta di esseri umani.

MUSICA PER LA PACE
Il pomeriggio di sabato in piazza Castello sarà accompagnato dalla musica del gruppo iraniano Hello Baba, che fonde fonde musica sufi, melodie folk, improvvisazione e stili fusion moderni per creare performance dal vivo multistrato. Radicato nelle tradizioni mistiche e nella musica dell’Iran, l’ensemble trascende i confini culturali con una visione aperta verso il mondo. A seguire, l’energia e la voce di Chris Obehi. Nato in Nigeria nel 1998, Obehi è costretto nel 2015 a fuggire dal suo Paese a causa delle persecuzioni religiose perpetrate da Boko Haram. Dopo un lungo e difficile viaggio attraverso la Libia e Lampedusa, è approdato infine a Palermo. Qui ha intrapreso gli studi di contrabbasso al conservatorio Alessandro Scarlatti e maturato un grande interesse per la musica tradizionale siciliana. Nel gennaio 2020 vince il XIX Premio Rosa Balistreri e Alberto Favara e nel 2024 si è esibito all’Arena di Pace. E poi seguirà il Free Voices Gospel Choir, formazione nata nel 1997 a Beinasco e oggi composta da 80 coristi, ballerini e musicisti. “Voci libere” di nome e di fatto, i Free Voices interpretano il gospel come un canto di libertà e speranza, erede degli spiritual afroamericani e capace di parlare ancora oggi a tutte le “piccole schiavitù” dell’animo umano. In oltre venticinque anni di attività, il coro si è esibito in centinaia di concerti in tutta Italia, diventando promotore di solidarietà e fondatore della rassegna nazionale Gospel Sotto le Stelle.

“Disarmati. Volti della Resistenza” sarà preceduto, a partire dalle ore 15, da “Aspettando Disarmati. Strade di pace”, animazione di piazza organizzata da Sermig e Casa Missione in collaborazione con Balla Torino Social Dance.

“DISARMATI. VOLTI DELLA RESISTENZA”, NOTE BIOGRAFICHE SUI RELATORI

BASEL ADRA
Basel Adra (Masafer Yatta, 1996) è un avvocato, giornalista e regista palestinese. È cresciuto sulle colline a sud di Hebron, nel villaggio di al-Tuwani, in una comunità di circa quattromila pastori e agricoltori minacciata da decenni da sgomberi, demolizioni e violenze sistematiche da parte delle autorità israeliane. Non ha mai scelto l’esilio: sente il dovere di restare e continuare a documentare gli abusi subiti dal suo popolo. Il suo nome è noto a livello internazionale grazie a No Other Land, il documentario realizzato con gli israeliani Yuval Abraham e Rachel Szor e il collega palestinese Hamdan Ballal, che ha vinto l’Oscar nel 2024 come miglior documentario.
Ma prima ancora che regista premiato, Adra è un testimone: da adolescente ha iniziato a filmare demolizioni, violenze dell’esercito e attacchi di coloni, trasformando la telecamera in uno strumento di difesa civile. Il suo attivismo si fonda sulla nonviolenza. Niente armi, niente vendetta: corpi disarmati messi davanti ai bulldozer, parole e immagini usate come strumenti di resistenza. È la stessa via scelta dalla comunità di Masafer Yatta nel 1999, quando, dopo uno sgombero che coinvolse settecento persone, diversi villaggi si unirono per creare il Comitato di resistenza nonviolenta. Con azioni legali, manifestazioni e il coinvolgimento dei media, il Comitato ottenne dopo tre mesi una vittoria significativa: la Corte Suprema israeliana sospese l’evacuazione e permise il ritorno delle famiglie espulse. Per oltre vent’anni, pur tra tensioni e demolizioni, quella scelta ha permesso di continuare a vivere e coltivare le proprie terre. Ma l’equilibrio si è spezzato con il nuovo verdetto del 2022, che ha confermato l’espulsione di dodici villaggi, e dopo il 7 ottobre 2023 la situazione si è ulteriormente aggravata. Adra è legato anche alla presenza di Operazione Colomba, il corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII che dal 2004 vive ad al-Tuwani: «Sono stati i miei scudi umani quando da bambino portavo il gregge al pascolo. Gli devo, e gli dobbiamo tutti, tanto», racconta. Oggi Basel Adra continua a vivere a Masafer Yatta, a filmare, a denunciare. «Arrendersi non è un’opzione», ripete spesso Adra. Oltre al cinema, scrive per la testata indipendente +972 Magazine, dove giornalisti palestinesi e israeliani lavorano insieme.

YONATAN ZEIGEN
Yonatan Zeigen (Kibbutz Be’eri, 1983) è un attivista israeliano per la pace, assistente sociale e mediatore. È cresciuto nel kibbutz fondato dai suoi nonni nel deserto del Negev, una comunità che il 7 ottobre 2023 è stata devastata dall’attacco di Hamas, in cui ha perso la vita sua madre, Vivian Silver, storica attivista israeliana di 74 anni, con passaporto canadese. Figura di primo piano nei movimenti pacifisti, Silver aveva fondato l’associazione Women Wage Peace e l’Arab-Jewish Center for Women Equality, Empowerment and Cooperation, dedicando l’intera esistenza alla difesa dei diritti dei palestinesi e alla costruzione di alternative nonviolente al conflitto che da oltre settantacinque anni segna il Medio Oriente.
La morte della madre ha segnato per Zeigen un punto di svolta: dopo un periodo in cui si era allontanato dall’impegno politico, ha deciso di ridedicare la propria vita alla pace e alla riconciliazione tra israeliani e palestinesi. Padre di tre figli, vive oggi a Tel Aviv-Jaffa. Ha studiato giurisprudenza e si è poi specializzato in servizio sociale clinico, ambito in cui lavora come terapeuta e facilitatore. La sua formazione da mediatore lo porta a cercare spazi di dialogo anche nei momenti più drammatici, convinto che solo il riconoscimento reciproco possa aprire vie di convivenza.

KIM ARIS
Kim Aris (Regno Unito, 1977) è il figlio minore di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega nazionale per la democrazia birmana, premio Nobel per la pace nel 1991 e simbolo mondiale della resistenza nonviolenta alla dittatura militare in Myanmar. Cresciuto in Inghilterra, Paese del padre, lo storico britannico Michael Aris, ha vissuto gran parte della sua vita lontano dalla madre, costretta a decenni di arresti domiciliari e oggi detenuta in isolamento nella prigione di Naypyidaw dopo il colpo di Stato del 2021.
Dal Regno Unito, Aris mantiene viva l’eredità politica e morale della madre, richiamando l’attenzione internazionale sulla repressione in Myanmar e sulla crisi umanitaria che ne è seguita. Si impegna in raccolte fondi per sostenere le comunità colpite dalla guerra civile e dai disastri naturali, e partecipa a iniziative pubbliche per tenere alta l’attenzione sulla condizione dei prigionieri politici, a cominciare da quella della madre.
Il suo impegno ha assunto dimensione internazionale attraverso viaggi e incontri con le comunità della diaspora birmana, in particolare negli Stati Uniti e in Europa, dove ha ricevuto premi e riconoscimenti a nome di Aung San Suu Kyi. Attraverso queste attività, Aris contribuisce a trasformare la solidarietà verso la madre in sostegno concreto alla popolazione civile, oggi in gran parte ridotta in povertà e sotto i bombardamenti dell’esercito.

TAGHI RAHMANI
Taghi Rahmani (Takestan, 1959) è un giornalista indipendente, scrittore e attivista politico iraniano, riconosciuto come uno dei volti più autorevoli della resistenza civile alla Repubblica islamica. Cresciuto in una famiglia della classe media, iniziò l’impegno politico a soli quindici anni. Da allora ha dedicato la sua vita alla libertà di espressione, ai diritti umani e al rinnovamento intellettuale dell’Iran.
Per questa scelta ha pagato un prezzo altissimo: oltre sedici anni trascorsi nelle prigioni iraniane, spesso in isolamento, vittima di torture e processi farsa. Amnesty International lo ha designato come prigioniero di coscienza e Reporters Without Borders lo ha definito “il giornalista più frequentemente incarcerato d’Iran”. Tra gli anni Ottanta e Duemila è stato più volte arrestato per la sua attività nei giornali clandestini (Pishtazan, Movahed) e in testate legali come Iran-e-Farda e Omid Zanjan. La sua voce critica, tuttavia, non è mai stata ridotta al silenzio.
Vive in esilio in Francia, insieme dei figli gemelli, Kiana e Ali. Con loro, nel dicembre 2023, ha preso parte alla cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace assegnato alla moglie, in carcere, Narges Mohammadi per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti. Attivista sin dagli anni universitari, è stata vicepresidente del Defenders of Human Rights Center fondato da Shirin Ebadi e ha guidato campagne contro la pena di morte, la tortura bianca – l’isolamento nelle carceri iraniane – e l’obbligo del velo. Arrestata dodici volte, condannata complessivamente a trent’anni di carcere.

Il programma completo del Festival è disponibile su www.festivaldellamissione.it

Il Festival della Missione è realizzato in partnership con il Festival dell’Accoglienza (16 settembre – 31 ottobre).