Donne & violenza: una storia infinita

Non solo pugni, calci, ingiurie, vessazioni, nella Convenzione di Istanbul, in vigore in Italia  dal 2014, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, definisce la VIOLENZA ECONOMICA come quell’atto finalizzato a mantenere la vittima in una condizione di subordinazione e dipendenza, impedendole l’accesso alle risorse economiche, sfruttandone la capacità di guadagno, limitandone l’accesso ai mezzi necessari per l’indipendenza, resistenza e fuga”.

Art 3 Convenzione Istanbul

Essa si realizza con il controllo-potere esercitato su una persona attraverso il denaro, e si mischia con gli altri tipi di abusi sulle donne ma è quella che di solito le tiene sotto scacco :  Come denunciare un marito o compagno  violento quando è l’unico sostentamento economico della famiglia? Senza risorse economiche per sé – e magari i propri figli – è difficile tagliare il cordone, dire “basta”, scappare.

 

La violenza economica  è più sottile da definire, più difficile da stanare, più complessa da condannare.

 

La casistica è corposa, si presenta all’interno della famiglia durante la convivenza, con indizi di fronte ai quali drizzare le antenne:

-con una “ossessiva” verifica degli scontrini della spesa;

-con fastidiose critiche su come e quanto si spende  per evidenziare che si potrebbe risparmiare riempiendo diversamente il carrello;

-con l’impedimento di conoscere il reddito familiare;

-impedire l’uso della carta di credito o un bancomat, o sottrarli a proprio piacimento;

-occuparsi in esclusiva della gestione del c/c o delle scelte d’investimento;

-sfruttare i guadagni della donna da parte di un marito volontariamente disoccupato;

– far firmare  documenti “in fiducia” per far indebitare la propria moglie;

-svuotare il conto corrente comune prima della separazione;

-non adempiere agli obblighi di mantenimento e di assistenza in caso di separazione;

– occultare dolosamente il patrimonio per impedire la soddisfazione del credito :non ci sono stipendi, beni mobili né immobili da aggredire, perché spesso  gli obbligati se ne disfano;

–  la spinta ad abbandonare la stessa professione per “occuparsi dei figli, che ne hanno bisogno”;

-o  peggio, di lasciare il lavoro per la gelosia del compagno;

Tutte forme di controllo, di esercizio che passano attraverso la gestione del denaro.con la totale marginalizzazione dalle gestione del portafoglio di famiglia, che diventa terreno esclusivo del compagno-tesoriere che decide se e quanto ‘concedere’ alla partner.

 

Si genera cosi una oggettiva  sudditanza economica  ma  soprattutto psicologica ; “derisa, incolpata, controllata“ è il  lento processo in cui  si indebolisce  la stima di se stessi e l’autoefficacia cioè la fiducia che ognuno di noi ripone nelle possibilità di successo delle proprie azioni, si perde piano piano il piacere di farcela, quello che provano i bambini quando imparano ad andare in bicicletta senza le rotelline: soddisfatti, capaci, potenti.

 

La violenza di genere sta abbarbicata, al punto da confondersi, con un elemento implicito nella nostra società: la disparità di poteretrauomo e donna, evidente nel gap salariale, nel numero ridotto di donne in ruoli apicali. Nel mondo le donne guadagnano in media il 23% in meno degli uomini , definito dalle Nazioni Unite,  “il più grande furto della storia”.

Tornando all’Onu, il divario salariale non ha una o due cause, ma è dovuto all’accumulo di numerosi fattori che includono la sottovalutazione dl lavoro femminile, partendo dalla mancata remunerazione del lavoro domestico, alla minore partecipazione al mercato del lavoro, il livello di qualifiche assunte e anche, in Italia, il basso livello occupazionale femminile: meno di una donna su due lavora.

In campo professionale, uomini e donne prendono generalmente decisioni diverse, di solito più legate al genere che per libera scelta. Basti pensare alla preferenza per un certo tipo di istruzione che possa integrarsi più facilmente con la famiglia o di un lavoro più facile da svolgere se ci si deve anche occupare delle esigenze familiari, per esempio con un orario flessibile o part time. O la scelta di un lavoro vicino, e questo è di solito in una piccola azienda, visto che le piccole e medie aziende sono molto più diffuse rispetto alle grandi, che però pagano di più. Dal momento che uomini e donne scelgono il proprio percorso professionale su ‘binari’ di genere, i momenti decisivi in cui si fanno queste scelte devono essere guardati con particolare attenzione, viste le conseguenze che hanno sul lungo periodo.

Concludo con una frase di Papa Francesco: Le doti di delicatezza, peculiare sensibilità e tenerezza, di cui è ricco l’animo femminile, rappresentano non solo una genuina forza per la vita delle famiglie, per l’irradiazione di un clima di serenità e di armonia, ma una realtà senza la quale la vocazione umana sarebbe irrealizzabile.

Rossella Presto

 Consulente finanziario