Ci sono alcuni che si rendono eunuchi per il regno dei cieli

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Se ci fermiamo soltanto all’inizio del ‘900, scopriamo che nell’estate del 1907 la stampa riportava che una serie di scandali di abusi sessuali su minori da parte dei preti provocarono in tutta Italia violenti moti anticlericali.

di ANDREA FILLORAMO

Sono passati 16 anni da quando nei Sacri Palazzi del Vaticano, papa Wojtyla aprì il gran consulto cardinalizio sugli abusi sessuali avvenuti negli Stati Uniti. Partecipavano a esso il Cardinale Ratzinger per la Congregazione della Dottrina della fede, il cardinale Re per la Congregazione dei Vescovi, i cardinali Martinez Somalo per la Congregazione dei Religiosi e Medina Estevez per la Congregazione del Culto divino.

In quel consesso, per la prima volta – da quel che si sa – si è parlato di molestie sessuali, pedofilia, abusi da parte dei preti e fu decisa la rimozione del Cardinale Bernard Francis Law, reo di avere spostato per anni da una parrocchia all’altra due preti pedofili giudicati e incarcerati per abusi sessuali perpetrati ai danni di minori.

La rimozione, del resto, era richiesta, a gran voce, dalla maggioranza dei cattolici di Boston che auspicava un drastico cambiamento nei confronti dei vescovi e preti che si macchiavano di delitti sessuali. Fu proprio allora che cominciava a squarciarsi il velo che occultava il fenomeno della pedofilia clericale. Eppure essa non costituiva un fenomeno nuovo; le sue radici erano rintracciabili fin dal Medioevo e anche molto tempo prima.

Se ci fermiamo soltanto all’inizio del ‘900, scopriamo che nell’estate del 1907 la stampa riportava che una serie di scandali di abusi sessuali su minori da parte dei preti provocarono in tutta Italia violenti moti anticlericali.

Tra di essi, il caso dei Marianisti di Pallanza (1904); il cosiddetto “Scandalo Fumagalli”: «atti nefandi in un asilo di pseudomonache – cinque donne e un prete arrestati»; lo scandalo dell’educatorio di Alassio, in cui don Bretoni venne accusato di sevizie sessuali ai danni di un ragazzo tredicenne; il caso delle «Suore denunciate al Procuratore del Re per maltrattamenti e inganni». Tuttavia, lo scandalo che ebbe la più vasta eco e anche le più vistose conseguenze politiche, diplomatiche e di ordine pubblico, esplose il 31 luglio 1910, in seguito alle denunce di abusi sessuali subìti da un quattordicenne del collegio salesiano di Varazze e alla notizia del tentativo di arresto di don Musso, datosi alla fuga e alle conseguenti proteste della Segreteria di Stato della Santa Sede e dello stesso papa Pio X, che accusavano la propaganda massonica e socialista di aver imbastito una campagna anti-vaticana. Violenti moti anticlericali si verificarono allora a Roma, Milano, Venezia, Pisa, Torino, Mantova, Livorno, Sampierdarena, La Spezia, Firenze, Faenza, Palermo, che causarono un morto e 20 feriti. Giungiamo così ai nostri tempi.

Non passa giorno in cui è sufficiente sfogliare qualsiasi quotidiano per leggere di preti pedofili. Oggi i segni del pugno di ferro di papa Francesco, che sui preti pedofili sembra, essere poco misericordioso, si fanno sentire.

Ne sa qualcosa il vescovo cileno Juan de la Cruz Barros che ha coperto un prete pedofilo, rimosso da mons. Charles Scicluna, delegato del papa; il vescovo di Guam (Pacifico), Anthony Sablan Apuron, anche lui rimosso e condannato a vivere in clausura – salvo altri provvedimenti della giustizia civile – per reati sessuali su minori. Ma la lista nera continua all’infinito.

E’ proprio di questi ultimi giorni che cade la testa del cardinale Theodore McCarrick, di 88 anni già arcivescovo di Washington, accusato di avere abusato di un minore. Il Cardinale Parolin e lo stesso Papa, ritenendo documentalmente credibili le accuse che si riferiscono a molti anni fa gli intimano di ritirarsi a vita privata.

Diciamo con estrema chiarezza: la pedofilia è un virus di cui molti preti del passato e del presente non sono affatto immuni, anzi sembra proprio che esso ama nascondersi nelle pieghe delle tonache dei preti, dei vescovi o delle monache.

Sembra che un’epidemia abbia colpito i preti di tutto il mondo. Dinnanzi a tutti questi casi che hanno come protagonisti i sacerdoti, molti dei quali, impegnati nella vita attiva delle parrocchie, nella carità verso il prossimo, nell’educazione dei ragazzi, occorre innanzitutto non criminalizzare la figura del prete in quanto tale.

Ma rammentare che egli è costretto a vivere nella castità fin da quando era bambino se allora era in seminario. Non gli è stato insegnato, però, mai a gestire la sessualità considerata sempre la fonte anzi l’unica fonte del peccato, né tanto meno l’affettività della quale sapeva che poteva trasbordare, andando verso vie che inducevano alla pedofilia.

La sua vita molto spesso si è tradotta in un calvario sessuale da tenere nascosto, ipocritamente nascosto. Nada Starcevic, filosofa esperta in sessuologia e psicologia, analizza così la questione castità dei preti: «Partiamo da un dato scientifico, ossia dal bisogno istintuale sessuale, come il sonno o la fame, che sono uguali per tutti. Preti compresi. Con l’istinto non si scherza, non lo si può reprimere e tantomeno ignorare, bisogna imparar a dialogare, come con il cibo quando tenta di farci eccedere». La castità dei preti è una repressione non naturale, quindi? «Tentare di reprimere l’energia sessuale – spiega la Starcevic – sarebbe come tentare di mettere un coperchio sull’Etna. Perché gli ormoni, prodotti dall’ipotalamo, possono essere inibiti da altri ormoni, prodotti dalla nostra mente, o da medicinali che spesso si usano proprio perché la sfera affettivo-sessuale è compromessa. Freud ha dimostrato che la nostra civiltà si regge sull’uso controllato, incanalato, sublimato dell’energia libidica». Ma un prete non dovrebbe aver imparato a reprimere il suo istinto sessuale? «A volte succede anche di peggio, ossia che questo istinto venga legato a un senso di colpa, e perciò quando esplode lo fa in modo ancora più violento e deviato». Quindi non vi è una soluzione? «Purtroppo oggi non solo nei seminari, ma in nessuna scuola esiste l’educazione agli affetti, ai sentimenti, alla sessualità. Ma non stiamo parlando di una questione di idraulica, come a volte la intendono i medici, bensì di cultura del piacere fenomenologico, che parte dal gusto di riprodursi, sia che parliamo della cellula sia dell’organismo in generale».

Se questo è vero, quindi, tutti i preti sono condannati a vivere nel tunnel dell’insipienza della rinuncia sessuale che può anche condurre alla pedofilia? Non lo so, è difficile entrare in un mondo particolare e sensibile come è quello del clero cattolico.

Se ogni prete fosse invitato a dare una risposta a questa domanda, sono certo che risponderebbe con quanto dice Gesù che poco ha a che fare con la stessa domanda: “Ci sono alcuni che si rendono eunuchi per il regno dei cieli”.