Chiesa & giustizia: Un pensiero per don Nunzio Abbriano

di ANDREA FILLORAMO

In realtà pochi se l’aspettavano a Milazzo che don Nunzio Abbriano quel parroco, amato e rispettato dai parrocchiani, avrebbe avuto confermata la condanna a due anni e mezzo di reclusione dai giudici della Corte Suprema, che hanno riconosciuto, come da denuncia, che si fosse appartato con una diciassettenne e l’avesse palpeggiata e per questo accusato e condannato per violenza sessuale.  

Il fatto sarebbe avvenuto, nell’ormai lontano 2011, quando don Nunzio è stato arrestato e ristretto per 5 mesi ai domiciliari.

Da qui, allora, il sit-in di un gruppo di fedeli davanti al Tribunale di Barcellona, dove campeggiava uno striscione in cui c’era scritto: “Noi accanto a Padre Nunzio innocente”.

È cosa certa: le sentenze, magari si discutono, ma si eseguono.

Riconoscendo il diritto dell’allora diciasettenne, non più quindi bambina, che si è sentita, come risulta dalle accuse, violata, ad adire le vie legali, dobbiamo, quindi, pensare che i giudici abbiano accertato i fatti rilevanti ai fini della decisione determinata dall’acquisizione della “verità materiale”, indispensabile al raggiungimento della giustizia.

Ma oltre e al di là della “verità materiale”, dobbiamo considerare che ci sia anche un’altra verità la più vera, che non è di competenza dei tribunali, che si rende occulta all’esterno, ma non alla coscienza di chi accusa o/e di chi si deve difendere, che come scrive S. Tommaso nella sua Summa Theologica, “attesta, impedisce, incita, come pure accusa, rimorde e riprende”.

Se ben ha fatto, quindi, la Corte a convalidare una condanna, che magari, a mio parere – parlo da incompetente – poteva essere più mite.

Ritengo, però, assurdo e paradossale, che i mezzi di comunicazione, con la loro “macchina del “fango”, con l’esposizione al “pubblico ludibrio”, travolgano quel prete, senz’altro “incauto”, “imprudente”, “leggero” (con tali definizioni  si vuole evidenziare la particolare situazione sessuale come può essere vissuta da tanti preti) e lo equiparino a tanti altri sacerdoti e vescovi pedofili seriali, che commettono reati gravi, protetti anche dalla stessa Chiesa.

L’arcivescovo Mons. Giovanni Accolla, che sa come si “separa il grano dalla zizzania” e che ha una grande esperienza di vita vissuta, sa come distinguere la verità dalla menzogna, dalla calunnia, dalla diffamazione, dalla detrazione, dal pettegolezzo, dalle esagerazioni; egli sa bene, inoltre, quali siano le debolezze endemiche del clero e saprà come relazionarsi, quindi, con un prete che già ha pagato caro il prezzo di un vero o presunto comportamento, che è stato pesantemente già sanzionato.