di Roberto Malini
Il ruolo del popolo nello sviluppo di cultura e civiltà: non è un tema che si studi comunemente a scuola, ma è fondamentale per conoscere i fenomeni che, nel corso della Storia, hanno consentito alle arti e al pensiero di effettuare salti evolutivi. Spesso, nel discorso sulle arti e la cultura, si tende a contrapporre – in modo che qualcuno definirebbe “manicheo” – la cultura sofisticata degli intellettuali e il gusto popolare delle masse.
Nei “salotti”, oggi, si rischia di essere aggrediti, almeno verbalmente, se si afferma che l’opinione della gente, e non l’esclusivo ideale astratto di ricerca culturale, è unità di misura di una grandezza così difficile da inquadrare come l’arte, soprattutto quella pubblica o urbana; e della scrittura, posto che abbia il fine di essere letta e compresa.
Vi è chi ritiene che l’arte più “vera” debba necessariamente porsi in antitesi ai gusti delle classi popolari, ritenute ignoranti e incapaci di apprezzare l’autentica bellezza, i suoi significati. “Il popolo ama sagre e luna park – affermano questi pensatori assolutisti – e dobbiamo essere noi a elevare il suo gusto”. Questa visione elitaria, improntata a forme sempre nuove di “ipse dixit”, tuttavia, appare miope e storicamente infondata. Al contrario, un’analisi filologica e uno sguardo d’insieme rivelano come le più grandi opere dell’ingegno umano abbiano sempre attinto a piene mani dal sentire collettivo e dall’humus fertilissimo della cultura popolare.
I Greci, maestri di civiltà riconosciuti, ci offrono un primo lampante esempio. Le splendide tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide non erano opera per soli iniziati, ma venivano messe in scena per il popolo ateniese riunito, che ne giudicava il valore attraverso un meccanismo di voto diretto. La mitologia greca stessa è un prodigioso calderone di leggende, favole, personaggi sovrannaturali provenienti dalle più diverse tradizioni orali locali. Teologi e pensatori, di volta in volta, avevano il compito di sistematizzarle in un corpus coerente. Cosa dire poi della scultura e della pittura dell’antica Grecia, i cui canoni si evolvevano per conquistare il consenso, l’ammirazione o addirittura la devozione della gente?
Nel Medioevo Dante, è vero, attinge a fonti altissime, come Virgilio, ma lo fa utilizzando la lingua volgare, comune al “popol tuo” come egli stesso dichiara, decidendo di non scrivere in un latino astratto e riservato a pochi dotti. La Commedia diviene così un capolavoro capace di permeare l’intera cultura italiana grazie alla scelta consapevole del sommo poeta di abbracciare e sublimarne la parlata popolare.
Nell’Ottocento vediamo Leopardi contrapporre alla rigidità della metrica tradizionale le sue novità ardite, come il verso libero e lo stile piano, per rendere la sua poesia più vicina al “favellare” del popolo. Alessandro Manzoni, con il suo capolavoro “I Promessi Sposi”, ha concorso alla creazione di una lingua moderna, più vicina al parlato popolare, basata sul fiorentino e scevra da influssi regionali e stranieri. I protagonisti del suo romanzo sono popolani, mentre all’interno della società in cui viveva e lavorava, lo scrittore si impegnò perché fosse adottato nelle scuole l’uso di un vocabolario della lingua italiana. La sua opera fu fondamentale nella creazione dei nuovi dizionari, preziosi per l’unificazione della lingua. Non a caso vi sono espressioni coniate dall’autore entrate nel linguaggio popolare.
Nel campo dell’arte, risulta evidente come il consenso o l’interesse del popolo, non necessariamente contemporaneo agli autori, risulti sempre importante perché si verifichi un’influenza da parte delle opere sulla cultura. Se è vero che il Realismo fu il prodotto di artisti del popolo, è anche vero che una corrente d’arte come l’Impressionismo, osteggiato da accademici e critici d’arte, si proponeva di rappresentare una bellezza universale, ammirata dal popolo, anche se spesso riferita al mondo borghese. Non a caso anche oggi una mostra di artisti impressionisti diventa regolarmente un fenomeno popolare e non elitario.
Questi pochi, ma emblematici esempi ci dimostrano come le tappe più importanti nello sviluppo della cultura siano state conseguite da chi ha saputo attingere alle radici popolari, alla lingua viva del popolo, al suo immaginario collettivo. Le avanguardie artistiche hanno un loro ruolo nell’esplorare nuove forme, ma se si discostano troppo dal sentire o dai migliori ideali comuni rischiano di rimanere esercizi per pochi iniziati. La millenaria vicenda della nostra arte, invece, tanto è stata più libera quanto ha saputo evitare imposizioni dall’alto per fondere il genio innovativo con la voce del popolo, illuminandosi e sublimandosi in opere universali.