AFGHANISTAN: KABUL COME SAIGON

Mentre in Italia, in Europa, si continua a parlare di Green pass, vaccini si, vaccino no, in Afghanistan il male avanza e accadono cose che avranno conseguenze pesanti su tutta l’umanità. Il ritiro delle truppe occidentali, ha permesso ai talebani la riconquista di tutto il Paese. Oggi è caduta anche la capitale Kabul, mentre i rimanenti uomini e donne occidentali, stanno evacuando il territorio. Una evacuazione che ricorda moltissimo quella avvenuta tra il 29 e il 30 aprile del 1975 della capitale del Vietnam del Sud, Saigon.

L’operazione Frequent Wind fu un’evacuazione tramite elicotteri di civili americani e sud-vietnamiti a seguito della offensiva dell’esercito del Vietnam del Nord, giunto fino nella capitale, e che segnò di fatto la fine della guerra del Vietnam. Occorreva poi distruggere documenti riservati, apparecchiature ed altro materiale sensibile ancora presente a Saigon; infine, bisognava salvare i vietnamiti che avevano collaborato con gli USA, il personale militare e di polizia del Vietnam del Sud, i traduttori, gli esponenti dell’amministrazione pubblica. Tutto quello che si sta facendo oggi a Kabul.

Per decenni abbiamo assistito a uno snervante dibattito sulla liceità della guerra in Afghanistan, del resto, la stessa cosa era avvenuta per il Vietnam. Sospendo per il momento di sviluppare gli argomenti politici, ideologici del problema. Mi soffermo sulla questione della guerra giusta o meno. E’ evidente che la guerra moderna comporta distruzioni, devastazioni, non soltanto per i combattenti, ma soprattutto per le popolazioni civili. “Per questo, giustamente, il Magistero ha invitato a non considerare mai, nell’attuale contesto, la guerra come una soluzione. Tuttavia, nel caso concreto la soluzione non può essere quella di abbandonare il popolo afghano al suo destino, che sarà quello terribile della dominazione talebana. L’Occidente è stato vent’anni in Afghanistan, ha addestrato le truppe governative, poi si è ritirato quando queste ultime non erano ancora pronte per difendere il Paese dal ritorno dei talebani”. (Marco Invernizzi, Afghanistan. La resa che ci costerà cara, 12.8.21, alleanzacattolica.org)

Ha senso, si chiede Invernizzi, abbandonare gli afghani? È amore per la pace, o semplicemente codardia di quei governanti che preferiscono i propri interessi elettorali, che potrebbero essere compromessi da una guerra a sostegno del popolo afghano, dispendiosa in termini economici e soprattutto in vite umane, oltretutto non percepita come moralmente doverosa da una opinione pubblica internazionale distratta dal Covid-19 ed esclusivamente concentrata sui propri problemi?”.

La fuga da Kabul a differenza di quella da Saigon del 1975potrà avvenire solo per via aerea considerato che l’Afghanistan non ha sbocco al mare. Tremila marines arriveranno a Kabul nelle prossime ore con 600 militari britannici e un numero imprecisato di canadesi per proteggere l’aeroporto e attuare un ponte aereo. Sul piano politico e militare il disastro è totale e fa impallidire anche alcuni precedenti “illustri”. (Giandrea Gaiani, Afghanistan, la più umiliante sconfitta di Usa e Nato, 14.8.21, lanuovabq.it)

Infatti, la Nato non ha neppure completato il ritiro. Per conquistare Saigon, almeno, i nordvietnamiti avevano dovuto combattere due anni. Questa è la più grave umiliazione dell’Occidente. Certamente la soluzione della ritirata è moralmente inaccettabile.

Fausto Biloslavo sul Giornale ha pubblicato una testimonianza ricevuta via Whatts-App di un tenente delle forze speciali che stava combattendo. Il giovane ufficiale, che non cede le armi, racconta le gravi ritorsioni dei talebani sui suoi familiari. “Ho perso otto parenti compresi due fratelli, uno decapitato. E sono stati ammazzati pure i nipotini piccoli. L’ultimo caduto è il cugino, anche lui militare, seguito fino sotto casa e freddato a Kabul. «Danno la caccia agli ufficiali dei corpi speciali – racconta – Vogliono eliminarci perché siamo quelli che intervengono dappertutto”. Si tratta di brandelli di eroismo, scrive Gaiani, ma che non risparmia dalla vergogna sia le forze militari afghane che quelle Usa e della Nato, fuggiti a gambe levate lasciando campo libero ai talebani.

Intanto pare che Ahmad Massoud, figlio del leggendario comandante Massoud, si sia rivolto alla Francia di Macron con una lettera per chiedere aiuto per l’Afghanistan e di non abbandonare i cittadini nelle mani dei talebani, di non abbandonare i combattenti per la libertà in Afghanistan. Ma i precedenti non sono positivi per gli afghani amanti della libertà. La stessa cosa aveva fatto suo padre, l’eroe della resistenza prima anti-sovietica e poi anti-talebana, venne in Europa per chiedere aiuto, nel 2001, pochi mesi prima di essere assassinato da terroristi di Al-Qaeda, non trovò molta solidarietà.

In conclusione, una nota geo-politica della vicenda. Il giornale internazionale Gatestone Insitute (Con Coughlin, Il ritiro dall’Afghanistan spiana la strada alla Cina, 14.8.21) rileva che L’indecente fretta con cui l’amministrazione Biden ha intrapreso il ritiro militare dall’Afghanistan non solo aumenta la prospettiva di cedere il controllo del Paese all’intransigente movimento islamista talebano, ma offre alla Cina un’opportunità d’oro per estendere la sua influenza su questo paese dell’Asia centrale strategicamente importante. La Cina, che condivide con l’Afghanistan un esiguo confine di 47 miglia, è da tempo che ambisce allo sviluppo di legami più stretti con Kabul, non da ultimo a causa delle grandi riserve non sfruttate di ricchezza mineraria che l’Afghanistan possiede […]Dal punto di vista della Cina, l’accesso alle ricchezze minerarie dell’Afghanistan fornirebbe una pronta fornitura di preziosi minerali che sono ritenuti vitali per l’obiettivo a lungo termine del Partito comunista al potere di diventare la principale potenza economica mondiale”.

Inoltre, Pechino gode già di buoni rapporti con il vicino Pakistan, dove il carismatico primo ministro, Imran Khan, un tempo era soprannominato “Khan, il talebano” per aver sostenuto il movimento islamista.

Pertanto, secondo Gatestone Institute, il ritiro degli Stati Uniti apre semplicemente la strada alla Cina per diventare la nuova potenza dominante in Afghanistan, allora Biden sarà responsabile di aver causato, per quanto riguarda l’Occidente, un disastro strategico di proporzioni epiche.

DOMENICO BONVEGNA

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