Abruzzo. Morti, violenze, caporalato, eccolo il ventre oscuro che troppi negano

Abruzzo: il recente dossier in 3 parti sul “ventre oscuro” che avvelena e divora la società abruzzese, come già altre volte in passato, ha suscitato negazionismi e indifferenza. Deve far riflettere l’abnorme differenza tra il numero di coloro che l’hanno ricevuto e quanti l’hanno pubblicato.

 

E su facebook abbiamo registrato vari commenti in cui si irrideva quanto scritto e si dava del bugiardo e del delirante visionario a chi ha scritto. Ma basta aprire i giornali, guardarsi intorno, per avere quasi quotidianamente conferma.

Larghissimo spazio abbiamo dato ai traffici di droga. Ed è notizia di questi giorni, oltre che di altre maxi operazioni delle forze dell’ordine, che a Collecorvino un ragazzo è stato trovato morto. Probabilmente ammazzato da un’overdose. Abbiamo fatto riferimento alle morti su cui grava ancora il mistero, in quanto non è stato pienamente accertato chi e perché li ha uccisi. O, come nel caso di Straccia, nonostante l’archiviazione le famiglie mantengono intatti i loro dubbi.

Nel primo dei 3 dossier si sono ricordati, parallelamente, le morti di Straccia e Alessandro Neri. La prima archiviata come “non omicidio”, ma che un investigatore privato incaricato dalla famiglia negli anni scorsi potrebbe essere stato ucciso perché testimone di un traffico di droga al porto di Pescara. E, nei giorni scorsi, un movente simile dalla stampa potrebbe esserci anche per Alessandro Neri.  Sulla stampa locale è stato riportato che Alessandro Neri potrebbe essere stato ucciso al culmine di una lite per il mancato pagamento di una partita di droga, di cui si sarebbe fatto garante.

La sua capacità di intavolare trattative di compravendita di ogni tipo, dalle aste alle auto, secondo la ricostruzione può aver indotto personaggi della criminalità locale a sfruttarla per la compravendita della partita che poi gli è costata la vita. L’incidente probatorio nelle indagini per la morte di Anna Carlini a Pescara il 30 agosto 2017 ha ulteriormente consolidato il terribile scenario ricostruito dagli inquirenti. La giovane, affetta da problemi pschici, è morta dopo essere stata costretta a bere alcolici (che con i farmaci hanno creato un cocktail assassino), aver subito violenza ed esser stata abbandonata per ore agonizzante. Tutto avvenuto sotto il tunnel della stazione ferroviaria. A dimostrazione, ancor di più, che esistono zone della città di Pescara che sono un vero e proprio ghetto del “mondo di sotto” – riprendendo la terminologia usata per descrivere il sistema di “Mafia Capitale” – dove regnano degrado, disumanità e criminalità.

C’è poco da negare, come avvenuto anche dopo le recenti pubblicazioni in cui l’abbiamo documentato e circoscritto. Alcune delle periferie abruzzesi, diverse piazze e angoli della regione, vivono le stesse dinamiche  e, come nel caso dell’assassinio di Anna Carlini, la stessa disumanità di luoghi di Roma, Campania, Puglia o altri. Quella Puglia, a conferma di un’altra considerazione che portiamo avanti ormai da anni e confermata in passato da inchieste e denunce nel Fucino, da cui partivano ogni mattina i braccianti sfruttati nelle campagne di Cupello.

Braccianti africani che, la notte, dormivano negli stessi luoghi degradati dove vivevano i braccianti assassinati da un incidente stradale in Puglia. Il caporalato, lo sfruttamento illegale (quanto non direttamente contiguo con le mafie) e brutale di lavoratori a cui viene negato ogni diritto, ogni sicurezza, ogni trattamento civile, è presente anche qui, tra noi. E per le “periferie” già ricordate non bastano, anzi solo ipocrite ostentazioni autoreferenziali, le passeggiate di un giorno con presunte idee in libertà.

Il trekking urbano della domenica (o di metà settimana) non osserva nulla realmente, ma è solo una passerella che in poche ore volerà via come un tiepido venticello. Tiepido come quel ventre molle della società che, di fatto, continua a essere complice, connivente e silente.

Questo accade nel mondo di sotto, il degrado delle gang violente, dei gironi infernali delle periferie, della “legge” prepotente e criminale dei clan. Quelle gang, quei branchi, che abbiamo visto in azione nei giorni scorsi a Pescara. E quei veri e propri clan familiari i cui esponenti, quando non impegnati in usura, spaccio e altri traffici criminali, comunque cercano di imporsi, di segnare sul territorio.

Fanno sentire la loro presenza a furia di botte e pestaggi, partendo in alcune piazze anche solo dai cosiddetti “futili motivi”. Ma persino per questo vige la regola delle 3 scimmiette/pecorelle, dell’indifferenza dei pavidi che son convinti “mi faccio i fatti miei e a me non succederà nulla”. Salvo poi diventare scimmiette urlatrici isteriche quando nella rete dei futili motivi finiscono loro. Per due giorni, poi tornano silenti agnellini.

Ed è doveroso citare, denunciare e indignarsi, per gli episodi di cronaca che – anche in questo l’Abruzzo non è un’isola felice e chi continua ad affermarlo è solo un ipocrita, spesso anche perbenista e bigotto, complice – testimoniano la violenza sessista e maschilista. Gli episodi di Vasto, dove grida ancora la vergognosa campagna “pietista” per gli autori e l’aver tentato di mettere (addirittura anche dal massimo esponente istituzionale locale) vittime e carnefici, il tentato (per la reazione della vittima e l’intervento di vari cittadini, finalmente!) stupro di Ortona – città già teatro di un doppio femminicidio – pretendono mobilitazione sociale e che la società cosiddetta civile cominci finalmente, concretamente, realmente ad essere tale.

Alessio Di Florio

Associazione Antimafie Rita Atria

PeaceLink Abruzzo