A Messina, primi passi verso l’integrazione dei migranti grazie al prezioso lavoro dei padri Rogazionisti

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16).

di Rosario Andò

Messina – Le storie che i migranti ci raccontano sono pasticciate, a volte incomprensibili o reticenti per la consuetudine alla sfiducia, al sospetto. E intrise di lacrime, in cui dolore, mortificazione e vergogna sono talora impastati con il desiderio comprensibile di avere una speranza. Perché la compassione è comunque una breccia, è condivisione, è un passo avanti, è capire – per chi in fuga non è ed è improbabile che ciò gli accada – che a vivere certe tragedie il fiato manca e il cuore si paralizza, e che è il futuro qui a essere paralizzato, se va bene sospeso.

All’Antoniano Cristo Re dei Padri Rogazionisti di Messina di storie particolari ne hanno vissute tante ed è per questo che il progetto portato avanti con passione e professionalità ha l’obiettivo di fornire ai migranti strumenti di integrazione sociale, culturale ed economica attraverso laboratori strutturati per acquisire la conoscenza della lingua italiana. Spesso, infatti, le barriere linguistiche sono il primo ostacolo contro cui soccorritori, medici, insegnanti e volontari devono scontrarsi. Com’è noto, le recenti, epocali ondate migratorie sospingono verso l’Europa persone provenienti da territori sempre più remoti (Medio Oriente, Afganistan, Bangladesh, Cina, Paesi dell’Africa sub-sahariana, tanto per fare qualche esempio). Molte di loro non conoscono l’inglese, né, tanto meno, lingue neolatine affini all’italiano, come il francese o lo spagnolo.
Una delle sfide fondamentali è il rafforzamento della coesione sociale insieme all’integrazione delle multietnicità e diversità culturali. Se si mancassero questi due obiettivi, aumenterebbero insicurezza e paura, facendo crescere la sfiducia negli altri e di conseguenza la conflittualità sociale.
Fingere di chiudere gli occhi per non vedere, non serve assolutamente a nulla ammesso che si possa legittimamente fare. Dunque,aprirsi, accettando la sfida, o chiudersi, rifiutandola. Ecco l’alternativa. Se scegliamo la prima strada, occorre saper “vedere” oltre quello che vediamo a occhio nudo in una: è una ricchezza, come diceva Montessori, e una vera e propria opportunità di migliorare noi stessi e la società. Scegliere la seconda via, emarginandola dai luoghi di cittadinanza attiva (a partire dal mondo della scuola, come purtroppo talora accade), è invece un pericoloso segno di inciviltà: una forma, spesso spontanea e collettiva, di autodifesa dal “pericolo” a cui non si riesce a dare il nome: la nostra paura, che impedisce di evolvere, migliorare, salvarci. Includere e non escludere non è facile né immediato, inutile nasconderselo.
Per esempio, lo scorso Natale, il Teatro dell’Istituto Antoniano “Cristo Re” è stato al centro di un evento-incontro realizzato dai giovani migranti, accolti nei Centri d’Accoglienza Straordinaria “S. Antonio” e “Villa S. Maria”.
I ragazzi sono stati protagonisti della scena nelle loro performance artistiche con diversi momenti di recitazione in lingua italiana, regalando momenti di vera emozione con diverse poesie e letture sul valore della fratellanza e dell’immigrazione.
Allo spettacolo hanno partecipato tutte le figure professionali coinvolte nei C.A.S., i Tutori legali dei ragazzi, i Rappresentanti dell’Asp e della Prefettura di Messina, che hanno salutato e applaudito commossi lo spettacolo promosso per inaugurare l’inizio del nuovo anno e porgere un ringraziamento di cuore per l’ospitalità ricevuta in questi anni, senza la quale le loro vite forse sarebbero state prive di molte opportunità e vantaggi. Lo stesso presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi ha più volte ricordato che immigrazione, Integrazione, futuro senza virgole, un tutt’uno perché senza le prime due non c’è proprio futuro. Riflettiamo su queste parole: tutti ci proclamiamo “paladini” dei diritti umani…si tratta di vedere come possiamo continuare a farlo quando chiudiamo le porte a coloro che fuggendo dalla disperazione, domandano di essere accolti. Insomma, è necessario ricordare che quella che sembra una marea indefinita di persone è una realtà fatta di singole tragedie, di singoli individui. Persone come noi.