La mia anima esulta nel mio Dio

Salmo Responsoriale Lc 1, 46-54
La mia anima esulta nel mio Dio

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

di Ettore Sentimentale

Il “salmo responsoriale” che la liturgia propone in questa 3^ dom. di avvento anno “B”, è tratto dal “Magnificat”, il cantico di esultanza proclamato da Maria in occasione della visita alla cugina Elisabetta.
Il riferimento più immediato – all’interno della Liturgia della Parola – è alla prima lettura (Is 61,1ss) ove viene descritta la “consacrazione” dell’inviato di Jahweh, mentre il substrato più consistente è quello del cantico di Anna, madre di Samuele (1 Sam 2,1ss). Bisognerebbe anche evidenziare il collegamenti all’interno del salterio, per esempio il Sal 34.
In questa sede, tuttavia, mi soffermo a evidenziare qualche particolare sfumatura linguistica dell’inno mariano che la Chiesa prega tutte le sere durante i vespri.
In apertura troviamo il verbo “magnificare” che si può tradurre “lodare, celebrare”. Maria riconosce la “grandezza” di Dio e la fa diventare preghiera di lode. Di quale grandezza parla? Forse della “grandeur” socio-politica-economica che domina e umilia i sudditi e che in questo ultimo periodo storico si ripresenta a livello mondiale in un remake pericolosamente aggiornato? No, ma della grandezza del “salvatore” che impiega la sua “potenza” per salvare l’umanità.
Maria continua il suo cantico aggiungendo il “segreto” che fonda la sua lode: il suo “spirito”, colmo da tanto tempo di gioiosa esultanza che risale al tempo delle promesse fatte da Dio e ora compiute attraverso una sua iniziativa gratuita e sorprendente. L’Onnipotente “ha portato” su di lei lo sguardo, come in una “zoomata” potente…Questo riferimento simbolico è ricco di reminiscenze bibliche. Se Dio volge il suo sguardo verso gli uomini vuol dire che non li dimentica. Nella rivelazione del primo testamento, a volte lo sguardo di Dio esprime un giudizio inappellabile (“Signore, distogli da me il tuo sguardo”, Sal 39,14), ma spesso indica la salvezza e l’elezione. Qui il riferimento obbligato è alla preghiera di Anna: “Se tu volgessi lo sguardo e gettassi gli occhi sulla misera condizione della tua schiava” (1 Sam 1,11, in una versione più vicina al testo ebraico e greco).
Anche Maria, come Anna si riconosce “serva” (si potrebbe anche dire “bassa”, con allusione alla rispettiva classe di appartenenza sociale). Lo stesso sostantivo esprime spesso l’umiltà di cuore e di pensiero. Questa situazione di “bassezza” ha una conclusione immediata: “ed ecco (purtroppo omesso!) d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”.
Nell’attesa fiduciosa che lo Spirito del Messia venga a trovare una degna dimora anche in noi, percorriamo la via della gioia tracciata dalla Parola della domenica “gaudete”.