Mostraci, Signore, la tua misericordia

Dal Salmo 85
Mostraci, Signore, la tua misericordia

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

di Ettore Sentimentale

Lo stralcio che la liturgia propone riprende gli ultimi versetti (9-14) dell’intera supplica nella quale – secondo molti esegeti – viene cantata la liberazione dalla schiavitù babilonese come un avvenimento in fieri. L’esordio del nostro testo si innesta spontaneamente nel contesto della liberazione (appena) ritrovata, grazie all’editto di Ciro (538 a.C.), strumento docile nelle mani di Jahweh che guida la storia del suo popolo.
Dopo un lungo periodo di smarrimento e di lontananza dal Signore, adesso è il momento opportuno per tendere l’orecchio alla Sua parola. E da questo esame l’orante riesce a comprendere bene che la liberazione era stata annunciata nelle profezie, le quali spingono il salmista a porre al centro e prima di ogni cosa la nuova realtà, contrassegnata dalla “pace”.
Su questo sostantivo è bene soffermarci anche dal punto di vista grammaticale per coglierne l’importanza vitale all’interno del carme. La “pace” (unico oggetto dell’ascolto) è la porta di accesso a tutti i doni del Signore. Anzi, proprio la “pace” diventa l’anticamera della “salvezza” – che “è vicina” – e trova pieno compimento nella rinnovata presenza della “sua gloria”, della quale vengono descritti i tratti salienti.
È come se chiedesse: volete conoscere in cosa consiste la “gloria di Dio”? Contemplate “amore e verità, giustizia e pace”, perché la presenza divina è personificata da queste virtù che lasciano trasparire l’agire “glorioso” di Dio. Sono questi i doni che fanno intravvedere la magnanimità di Dio verso i fedeli.
Nella supplica dell’orante vi è pure una bella e ricca metafora che racconta come gli uomini vivono “incastrati” fra la “verità che germoglierà dalla terra” e “la giustizia che si affaccerà dal cielo”. Il salmista però osa contemplare un’immagine ancora più ardita e provocatoria, rispettivamente per Dio e per l’uomo: al Signore che “donerà il suo bene”, deve corrispondere la responsabilità “della nostra terra che darà il suo frutto”. Il rimando obbligato è al ciclo “produttivo” della Parola, ritmato su quello della pioggia (Is 55,10s).
L’epilogo del salmo è un ulteriore impegno unilaterale di Dio davanti al quale l’uomo non può accampare scuse: la giustizia di Dio non solo traccerà il percorso da seguire (un’anticipazione di quanto avviene oggi con in navigatori satellitari), ma precederà l’uomo in cammino, quasi prendendolo per mano per fargli raggiungere la meta desiderata.
Avviso agli smarriti: controllino se sono “agganciati” al principe della pace.