
di ANDREA FILLORAMO
Giuntami la notizia che l’amico don Ettore Sentimentale è stato provvidenzialmente individuato da Mons. Giovanni Accolla come uno dei quattro Vicari territoriali dell’arcidiocesi di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela e, quindi, del “Consiglio Episcopale”, intuizione “geniale” e pastoralmente efficace dell’arcivescovo, trovandomi attualmente in Sicilia, non ho avuto difficoltà ad avvicinare il neo eletto, al quale ho rivolto alcune domande. Le risposte, dimostrano non solo la disponibilitàdi don Ettore a dare esecuzione al mandato, che gli è meritatamente affidato ma anche l’entusiasmo con il quale ha accettato l’incarico e le “idee chiare” che rendono sicuramente il suo servizio efficiente.
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Caro don Ettore, esprimo le mie felicitazioni per l’incarico diocesano che l’arcivescovo ti ha dato e che a partire dal prossimo mese di settembre diventerà operativo. Credo importante farti questa intervista anche per dimostrare che la scelta dell’arcivescovo si poggia non solo sulla fiducia ma sulle tue qualità che meritano di essere conosciute. Ti prego di essere sincero, come sempre sei stato, ricordando che l’umiltà è verità e di non essere nelle risposte diplomatico, dato che la diplomazia, come sai, molto spesso confina o coincide coll’ipocrisia e tu ipocrita sicuramente non sei.
Non ti nascondo che quando il vescovo mi chiamò per iniziare questo discorso, il primo ad essere meravigliato e sorpreso sono stato io. Gli ho subito obiettato che forse lui non mi conosceva bene e non aveva valutato gli elementi necessari per potersi fidare pienamente di me. Anzi, gli ho pure detto che secondo parecchi preti io ero stato la causa di tanti disagi diocesani nella precedente amministrazione episcopale. Ma lui ha insistito dicendo: “In questo periodo ti ho osservato con molta attenzione. Ho piena fiducia in te”. Io subito ho rivisto come in un prolungato flashback alcuni passaggi della mia vita. Due momenti in modo particolare: il primo da seminarista e il secondo da prete. Quando mons. Sciglio mi chiamò per fare il “prefetto” degli adolescenti in Seminario, obiettai che non ero all’altezza e che vi erano molti altri seminaristi più idonei di me. Ma lui insistette e con il suo tipico garbo mi disse: “Farà bene a te e ai ragazzi”. A me quel servizio fece sicuramente bene, non so ai ragazzi. Eppure con parecchi di loro, molti dei quali oggi sono affermati professionisti, continuo ad avere un bel rapporto. Il secondo episodio risale a circa 15 anni addietro. Da poco incontravo p. Nunziato Mantarro, di cui ho curato una pubblicazione postuma. Qualche mese prima di morire, mi confidò un particolare. All’inizio della nostra frequentazione, si trovavain città nei pressi della curia e chiese informazioni su di me. Gli dissero: “E’ uno tosto. Le cose non le manda a dire…”. E lui concluse: “Allora saremo sicuramente buoni amici”. E fu così. Concludendo, penso che il vescovo Accolla abbia voluto correre un grosso rischio. Sono tornato altre volte da lui a dirgli nei dettagli gli “impedimenti” che secondo me si profilavano all’orizzonte. Lui è stato molto paterno e con un sorriso disarmante mi ha detto di non preoccuparmi. Spero quindi di non combinare molti guai e soprattutto di aiutare lui e i confratelli a sviluppare la spiritualità tipica del prete diocesano. Per questo chiedo anche a te di pregare.
Cito uno stralcio di un articolo di Messinaora del 5 agostou.s, il cui titolo è “Chiesa – Rivoluzione Accolla, il “dopo La Piana” nel segno della discontinuità Tripodo alle Eolie”. Nell’articolo del network leggo che la scelta dell’arcivescovo è “un cambio di passo che mostra inequivocabilmente la volontà di Mons. Accolla di prendere le distanze dalle scelte del suo predecessore, dando fiducia ed incarichi di spessore ad alcune delle voci più critiche nei confronti di La Piana (come padre Ettore Sentimentale) per questo ridimensionate nonostante il carisma e la preparazione”. Cosa tu ne pensi di quanto scrive Messinaora?
Se Palmira Mancuso – che conosco bene – ha scritto queste cose bisognerebbe andare a chiedere ulteriori spiegazioni a lei. In questi giorni da me non è venuta, quindi suppongo siano files che appartengono al passato. Per quanto mi riguarda ho scritto diverse cose durante il ministero del Vescovo La Piana, tra l’indifferenza di tanti e lo scherno di chi pensava che fossi ammalato di “protagonismo del potere” o avessi “il dente avvelenato” contro il pastore perché pretendevo chissà quale sistemazione. Niente di più falso. È vero invece che il mio dire talvolta è stato “graffiante”, ma non l’ho mai fatto con acredine o cattiveria. Ho agito sempre – con parresìa – nel rispetto dovuto all’autorità e ai confratelli. Ho firmato le mie considerazioni che volevano scuotere soprattutto il presbiterio su alcuni risvolti vitali per la vita diocesana. Ricordo che quando uscì un pezzo su “Settimana” (periodico nazionale) dal titolo “Preti come ussari”, mentre lo inviavo scrissi alla redazione di valutare se fosse o meno il caso di pubblicarlo. A stretto giro di email mi è stato risposto: “Caro reverendo, la ringraziamo di cuore perché ha avuto ilcoraggio di mettere il dito su una piaga della quale tanti vescovi fanno finta di nulla”. Quanto alla mia “preparazione”, non ho titoli accademici da esibire, se non quello – come ho già scritto ad amici francesi che mi hanno fatto gli auguri – e che ribadisco in questa sede (senza falsa modestia)… di essere un peccatore.
C’è chi legge nel titolo di Messinaora quel “Tripodo alle Eolie” come un ostracismo, un “mandare al confino” l’ex Vicario Generale, fedele seguace del vescovo La Piana, tanto che ha proibito, in modo anche volgare, ai giornalisti presenti nella conferenza stampa dopo le dimissioni dell’arcivescovo – come egli ha detto – di “aprire determinati files”. Ti prego di esprimere una tua opinione.
Ti rispondo citando alla lettera un sms di un confratello molto attento, forse anche troppo, ai fatti della diocesi: “Una nomina strana per te ma non tutte le altre quasi quasi studiate a tavolino con un compromesso per accontentare le Isole Eolie”. Capisci che davanti a queste “riletture” molto distanti si rimane alquanto confusi. Penso – ma la conferma bisognerebbe chiederla agli interessati – che anche per la nomina del vicario per le Eolie il vescovo abbia riflettuto a lungo e seriamente. Poi per quanto riguarda il “trambusto” legato alla conferenza stampa del vescovo emerito, penso che da un lato certi passaggi improvvisati allora, adesso con calma vanno compresi anche se non giustificati. Da molto tempo vado dicendo a tutti che è bene guardare avanti, non impantanarsi più nelle sabbie mobili delle cose passate.
A tuo parere, come reagiranno o hanno già reagito i preti alle novità, introdotte dall’arcivescovo, particolarmente al fatto che oltre al Vicario generale, persona degnissima, ha scelto altri tre vicari chiamati territoriali, impegnati da anni nelle parrocchie e non curiali di vecchio stampo?
In questi tre giorni mi sono giunti moltissimi messaggi di solidarietà e di stima, rivolti soprattutto al vescovo per le sue scelte coraggiose, da parte soprattutto di laici illuminati e di numerosi rappresentanti del clero. Non sono però così ingenuo da affermare che non vi possano essere all’interno di certe frange (più omeno clericali) sentimenti di rabbia, gelosia e invidia. Anche noi preti – tu lo sai meglio di me – apparteniamo alla categoria degli uomini e non degli angeli. Ed è bene che sia così. Quanto a questa novità pastorale, penso che si possa dire con tranquillità che il centro “decisionale” va verso le periferie, o meglio il servizio episcopale viene “decentrato” perché il vescovo ha fatto questa scelta di fondo, farsi aiutare dai suoi vicari presenti sistematicamente sul territorio, non controllarlo quanto – soprattutto – per cercare e creare stili di comunione presbiterale fra i preti della stessa zona.
Adesso che in una certa misura sei entrato nella “stanza dei bottoni” della diocesi, cosa suggeriresti all’arcivescovo nel caso in cui scoprissi e ti accertassi che nella diocesi o in una parrocchia c’è un prete pedofilo?
Intanto dico subito che sono entrato in “un gruppo di lavoro” che settimanalmente si incontrerà non a schiacciare i bottoni per telecomandare gli altri (quasi fossero soldatini di piombo) ma a far trasparire, con tutti i difetti di cui siamo portatori, la presenza della Chiesa come sacramento di misericordia. È una sfida che accogliamo e che vorremmo vincere. Se poi dovesse presentarsi il caso di cui tu parli, direi subito al vescovo di chiamare la persona coinvolta e di restargli accanto invitandola a farsi aiutare dagli esperti in materia. In Italia vi sono molti centri specializzati che svolgono un ottimo servizio. Inviterei anche il vescovo a incontrare subito le vittime di queste deviazioni e concordare con loro un percorso giuridico-ecclesiale (c’è una legge da rispettare che dovrebbe comportare anche la denuncia all’autorità giudiziaria e una “carità” nei confronti di chi ha sbagliato di cui la comunità deve farsi carico, senza per questo trovare giustificazioni al male).
Noto che i preti messinesi, per gli avvenimenti ben noti degli ultimi anni, sono molto disorientati. Cosa, a tuo parere è possibile fare per loro?
In tempi non sospetti scrissi al consiglio presbiterale pregandolo di mettere all’odg la “situazione del presbiterio”, perché molti si trovavano come “il sacerdote e il profeta che si aggirano per il paese e non sanno cosa fare”. Dal pantano si esce insieme, attraverso un percorso personale e comunitario – scandito anche da verifiche – che tenga presente la giustizia e la carità. Escludo categoricamente qualsiasi forma di “giustizialismo” e parimenti vorrei che si celebrasse una specie di “yom kippur”, una grande liturgia penitenziale comunitaria nella quale soprattutto noi preti possiamo prendere coscienza del male che c’è stato e c’è dentro di noi e chiedere perdono. Pastoralmente parlando poi, mi piacerebbe riprenderel’aggiornamento del presbiterio che per tanti anni si è fatto in estate presso “il Cenacolo” di Barcellona P.G. Era una bella occasione di incontro e fraternità, oltre che di crescita teologica.
Più volte, attraverso le righe di questo Foglio Elettronico, ho sottolineato che due sono i difetti del clero messinese: il clericalismo esasperato e il carrierismo, due piaghe, che se non curate, portano al disastro. Cosa si può fare in diocesi per curare questi due malanni?
A dire il vero questi malanni sono patologie presenti in tanti preti e si annidano trasversalmente in forme specifiche, nei vari pazienti che vanno curati personalmente. Come “vaccino” di base io penserei a una turnazione prefissata nei servizi (è bene che gli incarichi non siano conferiti a tempo indeterminato) e di pari passo un coinvolgimento diretto dei laici nei vari servizi “temporali” per sviluppare la ministerialità laicale, fondata sul Battesimo e non sulle gentili concessioni di questo o quel parroco. È angosciante vedere che al cambio di parroco o di ufficio, gli approcci dei nuovi arrivati sconvolgono in un batter d’occhio quanto di buono si era creato. Questo avviene perché non esiste un laicato consapevole e maturo che possa “affrontare” le questioni pastorali senza alcuna sudditanza nei confronti di chi si presenta talvolta come “padre e padrone” della parrocchia o di quell’ufficio. Senza voler offendere alcun movimento ecclesiale, devo purtroppo rilevare che la formazione che dava l’Azione Cattolica ai suoi tesserati è andata smarrita.
A Messina so che ci sono circa trenta preti sposati e regolarmente dispensati dagli obblighi sacerdotali, ti chiedo cosa suggeriresti all’arcivescovo non per reintegrarli nel ministero: ciò attualmente non è possibile e non tutti accetterebbero, ma per aiutarli a diventare una risorsa per la chiesa locale. Questo, a mio parere, potrebbe avvenire in modi diversi. Certamente non a farli diventare diaconi o inservienti, dato che diaconi ce ne sono, oltretutto, già tanti.
Ero sicuro che sarebbe spuntata questa domanda, sui risvolti della quale sai come la penso. Mi pare che una dozzina d’anni addietromentre ero a S. Luca, tu hai scritto sul sito della parrocchia una lettera del mese (alla quale io ho anteposto solo tre righe di introduzione), proprio mettendo l’accento su questa ricchezza dei preti sposati che rimanda anche ai “viri probati” che a mio giudizio risolverebbe tanti problemi di carenza ministeriale nella chiesa. So che parecchi di voi ogni anno si incontrano e penso che il vescovo si troverebbe a suo agio in un vostro incontro, magari per spronarvi a “servire in modo diverso” la causa del Regno. Ricordo che mentre ero viceparroco di don Franco Montenegro, ogni sera veniva a messa (e faceva la catechesi settimanale a un gruppo di preadolescenti) un “ex-prete”. A mio modesto parere pienamente prete e padre di famiglia. Sono in contatto epistolare con la vedova di un altro “ex” che mi spedisce sempre alcuni scritti di alta spiritualità del marito. Senza alcun dubbio si tratta di persone che testimoniano la bellezza di una vita donata al Signore seppur per vie “inconsuete”.
Molte altre cose ti vorrei chiedere ma qui mi fermo. Avremo modo di continuare questa discussione in altri tempi. Ti auguro con tutto il cuore Buon lavoro.