La Chiesa di Messina sta vivendo un periodo di confusione

di ANDREA FILLORAMO

Riporto “stralci” di un post pubblicato su Facebook, il cui titolo è: “Non solo Babilonia ma anche schizofrenia”, che ritengo meritevoli di approfondimenti.
“………La Chiesa di Messina sta vivendo un periodo di tale confusione che è ben poco affermare che “è una Babilonia”, “una Babele”: il caos è tale da rendere impossibile qualunque forma di comunicazione e, di conseguenza, di efficace costruzione (anche in senso figurato). Sarebbe più logico e ben consono dire che sta attraversando un periodo di schizofrenia in cui il clero non presenta episodi frequenti di estraneità non solo da se stesso (individualismo), dal proprio corpo (depersonalizzazione) ma anche dal mondo circostante (derealizzazione)………….Il clero non riesce più a provare le emozioni che sentiva prima e per questo ne inventa di nuove, peggiori di quelle che vuole sostituire. Vivendo una sorta di anestesia generale nei confronti degli altri e del mondo ha promosso un nuovo slogan: "raggiungere le periferie dell’esistenza umana", non riconoscendosi di essere lui stesso la prima "periferia".
Del passato non ha che ricordi confusi, non ben chiari, perché vuoto di verità storica (non si può costruire il presente senza la memoria del passato: per non dimenticare!).
Un clero dalle idee teologiche poco chiare, direi superficiali, ………………………Un clero che non riesce a concentrarsi efficacemente perché, più che alla riflessione e alla meditazione, è dedito all’attivismo esasperato. ………… Un clero lontano dalla realtà degli uomini, perché immerso nel suo "spiritualismo-devozionismo", che rimanda al fariseismo evangelico………… Un clero incapace di dare ai fedeli il vero nutrimento, perché abituato ad alimentarsi di favolette e di bigliettini postali o di sensazionale (esorcismi a più non posso), dimentico che Dio si manifesta nella quotidianità con semplicità (il soffio leggero). Un clero schizofrenico che riempie la vita dei fedeli di atti cultuali estraniandosi da essi ………”

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Che ci sia, in Italia, e, quindi, anche nella arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, una crisi profonda che attraversa la Chiesa Cattolica,e colpisce necessariamente i preti, nessuno – credo – lo possa negare. Nessuno, infatti, può mettere in dubbio che l’incidenza della Chiesa italiana e di quella locale, sui comportamenti e le scelte di quelli che si professano credenti, sia decisamente in ribasso. Diminuiscono, infatti, dappertutto i matrimoni concordatari, aumentano i matrimoni civili, giunti al 62,8% del totale. Incalcolabile è il numero dellecoppie di fatto e da qualche tempo quelle omosessuali. In calo battesimi, prime comunioni, cresime. Gli anticoncezionali e le interruzioni di gravidanza non sono certo più tabù. Le scuole cattoliche chiudono per mancanza di alunni e di risorse. Non ci sono più preti, si spopolano i seminari e si incrementa la schiera dei sacerdoti che abbandonano il ministero. Questa situazione, allarmante per la Chiesa ormai è sotto gli occhi di tutti.Inutile e pedante ritengo che sia l’incremento del sacro nelle trasmissioni televisive, e persino nelle fiction, con cui la televisione pubblica e quella commerciale tentano di normalizzare ad una presunta universalità della fede. Intanto, mentre questo terremoto avanza, molti preti, anche quindi quelli messinesi, o non se ne accorgono o fingono di non accorgersi, forse perché non sanno come arginare la frana che inesorabilmente avanza. Fra loro sono tanti quelli che, per tacitare la loro coscienza,si creanoun quadro idilliaco, dentro il quale pongono quel che è rimasto di quel complesso di tradizioni, credenze e riti ancestrali, presenti ancora oggi in forme più o meno velate soprattutto negli ambienti legati al mondo contadino e rurale, ma anche cittadino, fatto di santi e madonne che piangono, che emettono odori, che appaiono, che danno messaggi apocalittici e talvolta anche teologicamente errati. Non manca il ritorno a venerazioni di reliquie, di cadaveri di santi, di “pezzi” di cervello, di arti, di capelli della madonna, di “ex virga Aronnis” o di resti del “prepuzio”di Gesù, recisogli durante il rito della circoncisione. Nessuno di ciò si meravigli! Al sacro prepuzio di Cristo nel passato sono stati attribuiti eventi miracolosi e in vari momenti della storia, a volte anche contemporaneamente varie città in Europa e in Italia ancoraoggi dichiarano il possesso. Non parliamo, poi, del tentativo di “deresponsabilizzazione”da parte di chi ritiene “ad arte” che artefice di tutti i mali nella chiesa sia il demonio che come “leorugiens”, cioè come un leone ruggente, “cerca chi divorare”. Per tal motivooggi emerge la figura dell’esorcista, pronto a testimoniare, anche attraverso libri, conferenze, incontri che il diavolo si impossessa veramente degli uomini ma preferisce sempre le donne e per questo è il sesso femminile che si rivolge al prete incaricato dal vescovo a fare gli esorcismi. E’ urgente che ogni preteritrovil’autenticità del suo essere prete, mettendo in questione il ruolo tradizionale del prete cristallizzato nel compimento di alcune funzioni sacre; logorato dalla compromissione con la cultura e il potere dominante; collocato in un ceto sociale che ne paralizza la missione evangelica e l’annuncio profetico; lontano dai luoghi in cui il povero vive la sua situazione di sfruttamento e di conflitto e matura il suo giudizio sulla società e sulla storia. Riuscirà la Chiesa italiana e quella di Messina a superare la schizofrenia di cui quel prete scrive su Facebook? Lo speriamo ma non ne siamo certi.