A te la lode e la gloria nei secoli

Dal Libro di Daniele (3,52-56)

A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.

di Ettore Sentimentale

Il “salmo responsoriale” per questa domenica- solennità della SS. Trinità – è tratto dal Libro di Daniele, uno degli scritti apocalittici del Primo testamento che ha come sfondo storico la vicenda politico-religiosa determinata dall’invasore Antioco IV Epifane, ritenuto dalla tradizione giudaica acerrimo nemico del popolo.
Nello specifico, il nostro brano presenta la prima parte (quasi un’introduzione) del lunghissimo inno di “lode, glorificazione, benedizione ed esaltazione” (così nel v. 51) dei tre giovani che “ad una sola voce” ringraziano Jahweh per averli liberati dalla fornace ardente.
Anche per questo motivo, nella tradizione liturgica ebraica questo inno è cantato la notte di Pasqua, essendo rievocazione di una particolare liberazione.
A noi ora viene proposto come risposta alla prima lettura (Es 34, 4-9, “Il Signore lento all’ira e ricco di misericordia”) della solennità suddetta.
Perché?
Per celebrare la trascendenza, la santità e la regalità del “Dio dei nostri padri” (Abramo, Isacco e Giacobbe). E attraverso un ritmo “litanico” scandito dall’espressione “Benedetto” (termine con cui si definisce Dio all’inizio di ogni versetto) tutta la creazione è invitata alla lode del Dio “santo” e “re”, realtà descritta con due simboli familiari alla storia di Israele: il “tempio santo e glorioso” e “il trono del regno”.
Proprio dal “suo trono” Jahweh esercita la sua sovranità che abbraccia l’universo intero, raggiungendo perfino “il firmamento del cielo”.
Dalle parole di Gesù sappiamo che tale signoria è contrassegnata dalla “consegna” del Figlio che manifesta la portata infinita dell’amore del Padre immergendoci nella corrente della sua vita, lo Spirito Santo.
Allora, così come invita il nostro cantico alla fine (da “benedetto” si passa al “benedite”) della lunghissima lode (anche se il versetto è omesso nel nostro testo) non ci resta che “benedire, lodare e celebrare il Dio degli dèi, perché la sua grazia dura per sempre”.