
di ANDREA FILLORAMO
A 16 mesi dalle improvvise dimissioni dell’arcivescovo di Messina Mons. Calogero La Piana, la confusione sulle motivazioni che le hanno determinate, regna ancora sovrana. Le richieste di quanti vorrebbero conoscere le ragioni vere per le quali il vescovo si è dimesso sono ancora dentro una nube di dubbi, acuiti sempre più dalla stampa, che non aiuta a distinguere il vero dal falso. Essa che, se prima, è stata silenziosa e quasi rispettosa del vescovo, in seguito con un risveglio improvviso, ha dato l’ ”assalto alla diligenza” attraverso un articolo in un settimanale, seguito da un capitolo di un libro e ha inondato la Rete con notizie ritenute da alcuni diffamatorie. La reazione del vescovo che si è manifestata attraverso due interviste, è stata un atteggiamento vittimistico e autocommiserante, che ha costretto il presule a considerarsi osteggiato, perseguitato. A dire il vero egli ha sempre dimostrato una coerenza nel dire che i motivi delle dimissioni siano stati quelli della sua salute lasciando però pensare che essa fosse precaria anche a causa dei problemi creati da alcuni preti, che l’avrebbero calunniato, senza però mai nominarli, causando, così, senza volerlo una “caccia” a quelli che egli ritiene colpevoli, che non è giovata sicuramente al presbiterio, già abbastanza frammentato. Nessuno può negare che il presule, data la “pioggia di fuoco” che gli è caduta attorno, ha dimostrato una certa forza d’animo, dovuta alla sua fede, che gli è giovata anche per non precipitare nella depressione. Solo recentemente, perso dentro i meandri di uno stato d’animo fortemente turbato dalle accuse mossegli e da alcuni presunti avvenimenti rivelati, si è sentito travolto, e ha fatto riferimento a quei preti ancora innominati. Ma esaminiamo gli ultimi fatti con dovizie di particolari, cominciando dall’articolo dell’Espresso e da un capitolo di un libro, dedicato al vescovo emerito, già menzionati, il cui autore è il ben noto giornalista Emiliano Fittipaldi.
Quanto contenuto nel settimanale è desunto interamente dal libro, intitolato “Lussuria”, edito dalla Casa Editrice Feltrinelli e presentato come una pubblicazione del “giornalista processato in Vaticano” che segue “il bestseller Avarizia di 200.000 copie”. Chiunque comprende che già da questa presentazione “economicamente efficace”si coglie lo scopo che Fittipaldi si prefigge di raggiungere con questo suo ulteriore libro; egli, quindi, per gli utili che si prospettano abbondanti, non coglie la centralità morale delle persone di cui parla e non tiene conto del fatto che sono proprio i valori che gli uomini adottano e testimoniano nella propria vita a decretare il successo o il fallimento delle loro imprese e non quelli che egli evidenzia nel sottotitolo del libro e cioè i “peccati, gli scandali e tradimenti di una chiesa fatta di uomini”.
Per far questo il giornalista napoletano, quindi, “passa sul cadavere” di chiunque, “scava nel torbido” e, trionfante per il sicuro successo della sua impresa, scrive: “ecco i documenti che svelano chi tradisce il sesto comandamento”.
Fra questi documenti c’è anche quanto si riferisce al vescovo emerito La Piana, che, secondo il giornalista ha causato le sue dimissioni; precisamente il testamento del dott. B., un suo biglietto scritto a mano e lasciato prima di morire, dove si professa suo “amico particolare” e in cui dichiara che avrebbe avuto con l’ex arcivescovo dei rapporti omosessuali “dolcissimi” e che lasciava tale biglietto, affinché i rapporti non “cadessero nell’oblio”. Copia di tale documento sarebbe stata consegnata al giornalista, come lo stesso fa intuire a pag. 190 del libro da esponenti della Congregazione dei vescovi che ”assieme alla Curia”, “sono venuti a conoscenza”. Diciamola tutta: la notizie “non piacevoli” sul vescovo circolavano “in abundantiam” a Messina già da tempo”. Molti preti e laici sapevano, infatti, del testamento con cui il dottore lasciava come erede universale il vescovo emerito. Ad esso, essendo un atto pubblico, chiunque poteva accedervi senza alcuna difficoltà. Molte voci anche circolavano sull’esistenza del biglietto scritto dallo stesso dottore ma non si conosceva il contenuto, che è stato rivelato per primo da Fittipaldi nel suo libro. Tali notizie erano giunte anche allo scrivente che più volte ha chiesto, forse fino alla noia, attraverso IMGPress, che lo stesso arcivescovo o chi per lui, intervenisse per fare in modo che le voci cessassero.
Ma, come sappiamo, nessuno l’ha fatto, ritenendo con molta probabilità che le voci fossero trasmesse e diffuse, come ribadisce il vescovo in due interviste, ancora dai soliti preti e che quindi tutte le notizie sul suo conto, inventate da loro, fossero delle “ bufale”.
Conoscevo questa “strana” spiegazione, data anche a me quando, in un colloquio privato, nel giugno 2014, egli mi parlava di alcuni preti che l’osteggiavano e inviavano lettere anonime alla Santa Sede solo per il fatto che fosse “un salesiano”.
Invano ho cercato di fargli capire che fra il clero diocesano messinese e i salesiani c’è stato sempre un ottimo rapporto e quindi, non ho creduto alla sua spiegazione.
Da tutto ciò emerge che la confusione sul caso La Piana è aumentata ancora e forse a dismisura, probabilmente dovuta anche alla sua “idea fissa” di preti “mascalzoni” nonché alla sua ingenuità, per la quale ancora viene “azzannato”dalla stampa che non tollera gli ingenui.
In questo “marasma”, che non fa bene a nessuno, il vescovo, però, non è solo. Accanto a lui, se non fisicamente, almeno affettuosamente ci sono quei sacerdoti (qualcuno malignamente ritiene che siano stati da lui beneficiati), che si ergono a paladini della sua difesa ad oltranza che, però, nulla hanno potuto fare e nulla fanno per “alleviare le sue pene”.
Un’occasione per un loro intervento è stata inaspettatamente offerta, il 30 gennaio u.s da Barbara d’Urso conduttrice di Pomeriggio 5, che dopo aver dato l’annuncio che nel suo programma, dopo il caso del prete padovano Andrea Contin, accusato di induzione alla prostituzione, si sarebbe parlato del caso dell’ex vescovo di Messina, dopo aver ricevuto una “strana” telefonata, ha dovuto bloccare la seconda parte della trasmissione, dandone immediata comunicazione televisiva.
All’indomani è andato su Canale 5, sullo stesso programma il servizio sul vescovo emerito: una trasmissione “raffazzonata”, “artificiosa”, “inconcludente”, strategicamente inefficace per quanto concerne il “caso La Piana”, tecnicamente “difettosa”, che non forniva spiegazioni di nulla e si limitava a negare senza provare. Essa si costruiva su un canovaccio dato alla d’Urso, che dal contesto si capiva provenisse da amici del vescovo, che è stata obbligata a spogliarsi del suo abito scandalistico, che è solita indossare. Ne è risultata, pertanto, una trattazione del caso “a tratti”, interrotta continuamente da un altro caso “penoso”, quello del prete padovano accusato di induzione alla prostituzione. Poche le domande fatte alle persone intervistate, fra queste un “incappucciato” in Curia, che non hanno fornito alcuna prova di quello che dicevano e nessun documento per dimostrare la falsità delle accuse fatte al vescovo. Ritengo, pertanto, che la trasmissione abbia danneggiato ancor di più l’immagine del vescovo.
La trasmissione è finita con il video della conferenza stampa fatta immediatamente dopo le dimissioni, in cui si vedeva il presule in pianto. Mi permetto, a tal proposito, di fare una semplice considerazione: se in questa trasmissione non è stato consentito alla d’Urso di fare “scandalismo”, strategia per fare audience nel cui utilizzo è molto brava, lei ha utilizzato un altro modo di fare ascolto, quello di toccare la corda emotiva, che, come sappiamo, spesso, però, ottunde la ragione. A questo punto, rimane da affermare: fino a quando non si risponderà a tutte le domande rimaste senza risposta sul caso “La Piana” e non si abbandona il campo dell’omertà, rimangono sempre i dubbi. Oggi è necessario che anche gli uomini di chiesa si debbano abituare alla trasparenza. Una loro gestione chiara, comprensibile, spiegata e verificabile, costituisce una testimonianza cristiana autentica e efficace.