Beati i poveri in spirito

Dal Salmo 146
Beati i poveri in spirito.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

di Ettore Sentimentale

Lo stesso salmo è già stato oggetto di riflessione alla III Dom. di Avvento dell’anno A”. Per una comprensione globale rinvio a quanto già scritto, tuttavia desidero tentare un approccio simbolico a questo poema.
Il nostro testo si apre con due “pennellate” essenziali su Dio (fedeltà e giustizia) e subito dopo menziona le categorie che più di altre beneficiano di questi attributi divini: gli oppressi, meglio individuati poi negli affamati e nei prigionieri.
Non è difficile individuare in costoro i deportati a Babilonia a partire dal 587 a.C. che lamentano la totale spoliazione di ogni valore e dignità (cfr. Ger 50,33) e verso i quali il Signore nutre un atteggiamento di riguardo, espresso nel canto di Anna prima (1 Sam 2) e nel Magnificat di Maria dopo (Lc 1, 39ss).
Il Signore prende sempre le difese di coloro che vengono schiacciati, coinvolgendosi direttamente, oggi diremmo “sporcandosi le mani”. Si tratta di un intervento espresso con tre verbi tipicamente biblici: rende giustizia, offre da mangiare, libera.
La forza evocativa di queste azioni, soprattutto quella collegata al “liberare”, si è concretizzata nella persona di Gesù che ha fatto della missione agli ultimi il suo programma di vita. Basta andare a leggere l’episodio nella sinagoga di Nazareth, ove citando Is 58,6 dice di essere venuto a “rimettere in libertà gli oppressi”.
La libertà, per chi ha una certa dimestichezza con la Bibbia, è in stretta relazione con lo sciogliere, slegare… ”un uccello dal laccio del cacciatore” (Sal 124, 7).
Fra le azioni simboliche che il Signore compie, la più immediata è quella di “ridonare la vista ai ciechi”. È un gesto con il quale Jhwh si impegna a inviare il suo servo per “aprire gli occhi ai ciechi” (Is 42,7), a tal punto da “farli camminare”per vie che non conoscono” (Is42,16). Nei vangeli il dono della vista dice riferimento alla fede, predisposizione necessaria per cogliere le meraviglie del Signore.
Il salmo continua con un triplice riferimento a categorie non solo bistrattate, ma paurosamente attuali se lette in prospettiva sociologica: migranti, orfani e vedove. Sembra la triste sequenza che oggi pervade la nostra società. Quante persone costrette a migrare, lasciandosi alle spalle un’infinita costellazione di orfani e vedove!?
Il nostro poema afferma che Dio si prende cura di costoro, mentre “ricorda” ai governanti e ai cristiani di “rendere giustizia all’orfano e di difendere la causa della vedova” (Is 1,17). Il salmista quindi chiude la sua lode con una certezza: “Dio regna”. Bisogna solo aggiungere che ciò avviene attraverso la giustizia, la lotta alla fame, l’impegno a essere strumenti di liberazione, la sfida a essere luce del mondo, l’amore e l’attenzione verso i più deboli. In una battuta si tratta di sintonizzare la nostra vita allo stile provocatorio delle Beatitudini (Mt 5,1-12), vangelo di questa quarta domenica.