Fittipaldi, La Piana e la solidarietà di chi tace la verità

di ANDREA FILLORAMO

“L’eredità segreta” è questo il titolo del paragrafo del libro “Lussuria”, in cui il suo autore Emiliano Fittipaldi parla dell’eredità avuta (a titolo personale e non per la diocesi) dall’arcivescovo emerito di Messina, Mons. Calogero La Piana, da parte del dott. Rossi (nome di fantasia, dato dall’autore) e di un biglietto scritto dal medico qualche settimana prima della sua morte. Il testamento, essendo pubblico, fatto davanti a un notaio, con testimoni facilmente rintracciabili, avente a oggetto un atto mortis causa del testatore che disponeva dei suoi beni,è disponibile a chiunque voglia leggerlo e commentarlo. Il biglietto è scritto con mano tremante a futura memoria. Si preferiva non pubblicizzarlo. Il giornalista così sentenzia nel libro: “il Vaticano ha preferito coprire con una coltre di silenzio” tali fatti. Nessuno può mettere in dubbio che il silenzio imposto avesse una sua indiscussa giustificazione. Quello che il noto giornalista chiama “Vaticano”, infatti, ogni qualvolta che gli pervengono dei documenti concernenti un vescovo o un pretesi accerta della loro autenticità, ossia che essi non siano falsi o falsificati e che possano dimostrarsi e imporsi come veri e, inoltre, che non siano anonimi. In quest’ultimo caso immediatamente li cestina. Giunto, quindi, alla certezza che non si tratta di “bufale” o di un pessimo “gioco da preti”, dentro cui si può nascondere la maldicenza e la calunnia, li tratta con estrema cautela e con grande discrezione e, quindi, li custodisce gelosamente già prima di prendere le sue determinazioni. Ciò sicuramente la Sacra Congregazione dei Vescovi, citata da Fittipaldi, ha cercato di fare nei confronti del testamento e dal successivo biglietto lasciato dal dottore. Ci chiediamo allora: “Se questo è il “modus agendi” della Santa Sede, come ha fatto Fittipaldi a venire in possesso dei documenti concernenti quella che chiama “eredità segreta”, consistentinel testamento del de cuius dottore e del suo maledetto biglietto scritto a mano prima della sua morte? La risposta è la seguente: Fittipaldi non è nuovo a delle “scorribande” negli Uffici della Santa Sede, con la complicità stavolta di chi non lo sappiamo. Ricordiamo che egligià è stato già processato ma assolto per essere entrato in possesso di documenti lì giacenti. Se, quindi, una falla allo scudo protettivo nei confronti del vescovoemerito c’è stata, la responsabilità èsicuramente di “esponenti della congregazione dei Vescovi”, come Fittipaldifa pensare a pag. 190 del libro citato e di nessun altro. Da quanto riferito, quindi, dal giornalista, negli Uffici vaticani ci sono dei documenti ritenuti autentici, “sensibili”, sicuramente accompagnati da lettere firmate, concernenti quella che egli chiama “l’eredità segreta”, che ha determinato, a suo parere, le dimissioni del vescovo emerito La Piana. Se è così, l’ex arcivescovo di Messina (e non solo lui),dovrebbe conoscere perfettamente tali documenti, dato che, come è di prassi e non solo nel Vaticano, una volta notificatigli, ha dovuto fare le necessarie controdeduzioni. Un’altra osservazionemi preme fare. Perché tanti, oggi, ipocritamente si stracciano le vesti, piagnucolano davanti al nuovo arcivescovo, gridano allo scandalo, mandano messaggi di solidarietà, quando sapevano come tanti a Messina e altrove che tali documenti (testamento e biglietto) giravano in tante parrocchie, negli uffici, per le strade e che il povero vescovo La Piana veniva, senza saperlo, condannato alla gogna? Perché non hanno fatto nulla allora? Nessuno di loro – ne sono sicuro – prima che quei documenti fossero inviati alla Santa Sede ha pensato, riferendosi particolarmente al famoso biglietto, che si fosse trattato di un falso, anche se oggi qualcuno, a denti stretti, come ultima spiaggia, lo dice ma non lo sostiene. È vero che esiste qualche prete “demoniaco” ma un prete che sostituisce il diavolo in un’operazione così diabolica, frutto di un odio profondo verso il proprio vescovo e così difficile e rischiosa a eseguirla, credo che non ci possa essere. Non so chi ha spedito tutto al Vaticano, né ritengo che per cercarlo occorra fare una nuova “caccia alle streghe” o gridare: “al lupo, al lupo"; non so chi non ha avuto il coraggio o chi temeva ritorsioni e, quindi, non parlava direttamente con il vescovo. È certo che sono stato ioper primo che con stile provocatorio, a “svegliare i dormienti”, diverse volte fino alla noia, una volta che mi sono pervenuti i due documenti. Ho parlato di “segreto di Pulcinella” in IMG Press (che ringrazio per la piena libertà e condivisione in tale faccenda), chiedendo al vescovo e alla Curia trasparenza, rendicontazione e ho allertato quanti potevano e dovevano intervenire a “spegnere il fuoco” prima che diventasse un pericoloso incendio per il vescovo e per tutta la diocesi. Mai, però, pur conoscendo il contenuto del biglietto, ho voluto rivelarlo. Adesso provo una grande tristezza e mi rammarico perché, per fini che non sono il bene della Chiesa, ma la rappresentazione di una chiesa fatta da pedofili, di malaffare, ecc… non si tiene conto di quanti, preti e laici, cercano di vivere e far vivere il messaggio di Cristo e, quindi, un giornalista, nel nome della libertà di stampa, rivela quello che doveva essere tenuto nascosto. Ho la certezza che il nuovo arcivescovo, anche se a fatica, farà dimenticare questo brutto momento, farà chiudere una parentesi, che non appartiene a lui, non farà scavare nel torbido che fa male a tutti. Sarà un pastore, con uno stile paterno. Prenderà atto che a Messina ci sono tanti preti che lavorano seriamente, a sevizio della Chiesa, che non meritano di essere bastonati, ingiuriati, ma incoraggiati.