Dio abbia pietà di noi e ci benedica

Dal Salmo 66
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

di Ettore Sentimentale

Ci troviamo di fronte a un inno di benedizione che percorre il cantico dall’inizio alla fine e viene proposto come risposta, quasi una cassa di risonanza, alla prima lettura (Nm 6, 23-27: “Il Signore ti benedica e ti protegga…) proclamata nella Solennità di Maria SS. Madre di Dio e del capodanno civile.
In realtà il vero contesto di questo canto è offerto da un versetto omesso dalla liturgia: “La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio…”. Il riferimento è quindi al raccolto abbondante per il quale o in vista del quale si prega il Signore.
L’autore del salmo allarga l’orizzonte delle persone coinvolte nei benefici divini e invita tutti i popoli, addirittura i confini della terra, a gioire e a rallegrarsi nel Signore.
Collocata in un tempo liturgico e civile alquanto significativo, la preghiera del salmista diventa per noi motivo di ringraziamento e di riflessione per iniziare con il “piede giusto” il nuovo anno.
Fra i tanti simboli che il salmo presenta, quello più suggestivo e coinvolgente riguarda il “volto” divino. La ricaduta di tale metafora è alquanto interessante, perché proprio per la bibbia il volto indica la persona.
Un filosofo Emmanuel Levinas, rileggendo in chiave moderna le provocazioni bibliche su questo tema, ha teorizzato la celeberrima “teofania del volto dell’Altro”, affermando che il volto si impone da sé ed è molto più eloquente di tanti discorsi.
Applicando tale intuizione al nostro caso, dovremmo concludere che il salmista si augura e chiede nella preghiera che il volto affidabile e luminoso di Dio splenda su tutti. Noi dovremmo accogliere il “sorriso di Dio” e contagiare con esso l’ambiente circostante.
In poche parole: il nostro sorriso (non forzato, né smodato o di comodo) deve lasciare brillare l’amore che promana dallo sguardo di Dio sugli uomini. Dobbiamo sentirci voluti bene dal Signore perché Lui in prima persona ha stretto un’alleanza con noi.
Come già accennato sopra, di questa iniziativa divina devono essere “contagiati” anche i “lontani”, coloro che indirettamente percepiscono la bontà del Creatore attraverso la testimonianza delle creature.
Il rischio di tale operazione si chiama “proselitismo religioso”, tuttavia il salmo ci provoca a fare in modo che tutti si sentano segnati dalla benedizione divina, in un mondo in cui troppe volte – coloro che si dicono cristiani – “digrignano i denti” quasi come fanno i lupi nel momento di sbranare la preda e fanno intravedere il lato oscuro e pessimista dell’uomo: homo homini lupus. A tale negatività il salmo contrappone il rovescio della medaglia, o meglio il dritto di chi si sente benedetto in Cristo: homo homini Deus.