In una città viveva un giudice, che non temeva Dio

Lc 18, 1-8
Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: "In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario". Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi"". E il Signore soggiunse: "Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

di Ettore Sentimentale

Ancora una volta ci troviamo di fronte a un testo di Luca, nel quale il sottofondo è costituito dal tema della preghiera, centrale nell’economia del terzo evangelista. Basterebbe in tale direzione ridare uno sguardo al testo di Louis Monloubou, “La preghiera secondo Luca”, EDB 1979.
Questa pericope, si presta anche a essere “riletta” in chiave simbolica, visto il carattere “parabolico” che riveste. Vorrei quindi offrire alcune “suggestioni” in forma interrogativa, riprendendo i principali simboli del racconto.
Comincio da quello della “preghiera perseverante”. Parto dall’idea che vi sono persone capaci di perseveranza e mai di capitolazione, si tratta di coloro cheresistono e hanno la capacità di risollevarsi malgrado abbiano attraversato prove durissime. Perché alcuni soccombono davanti al primo ostacolo o quando l’attesa si prolunga, mentre altri tengono alta la testa senza brontolare? Quali fattori causano questo differente atteggiamento? Possiamo illuminare questo punto con una metafora sportiva: chi persevera ha curato particolarmente la “resistenza”.
La parabola ci presenta due figure contrapposte ma interessanti: il giudice che non vuole esercitare il suo compito e la vedova che si batte vigorosamente e non arretra di fronte alle difficoltà.
Dietro la figura del giudice si può intravedere il fenomeno della corruzione su scala locale e mondiale. Alquanto “consolante” il titolo de “Il Sole 24 Ore” del 27 gennaio c.a.: “Corruzione, l’Italia resta fra i paesi peggiori ma migliora”. Il vangelo odierno ci fa comprendere che il fenomeno è vecchio, forse più della prostituzione. Cosa fare davanti a questa “piovra”? In tanti ci chiediamo: ha senso lottare per cercare di curare e risanare questo mondo malato, quando il potere legislativo ed economico continua a mietere vittime?La risposta la si trova parafrasando un testo di Dietrich Bonhoeffer: “O resisti o ti arrendi”.
Dietro la figura della vedova si può intravedere, invece, la maggioranza dei cittadini che lotta – senza mezzi finanziari e senza alcun appoggio sociale – ma non ha il coraggio, né una fede viva per battersi con la stessa caparbietà della povera donna. Sembra di ritrovarsi dinanzi agli occhi la scena della battaglia fra Davide e Golia…ma paradossalmente il tempo sembra che giochi in favore dei poveracci, purché continuino a perseverare.
Il punto più cruciale della parabola mi sembra però l’irruzione del “ruolo” di Dio nel racconto. Possiamo pensare che Dio non viene in nostro soccorso? Cosa impedisce di credere in ciò o rende difficile questo passaggio “obbligato” della fede? Ma questi interrogativi inevitabilmente ne pongono altri: quel che noi desideriamo è sulla stessa lunghezza d’onda con quello che Dio ci vuole dare? Siamo veramente liberi nel vedere il mondo e la nostra vita come li vede Dio? Non rischiamo forse una delusione cocente fin quando la nostra preghiera non rifletterà il Suo modo di vedere le cose?
La parabola ruota pure attorno al simbolo della “pazienza di Dio”. Qual è la percezione del mondo presente? Che significato diamo all’avventura umana? Qual è il nostro ruolo specifico in tale vicenda? Al di là delle risposte personali, per l’evangelista Luca si tratta di un tempo nel quale dovremmo “ri-orientare” continuamente la nostra vita per sintonizzarla al “mondo nuovo” che Dio prepara per noi.
Il brano evangelico, infine, termina con un “quiz” sulla nostra fede: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". La Scrittura ci dice che credere è vedere l’invisibile, vedere il mondo con gli occhi di Gesù di Nazareth e avere totale fiducia in ciò che lui ha detto. Dove ci collochiamo in tutto questo?