Vittime, bulli, spettatori

La violenza giovanile riguarda comportamenti dannosi che possono iniziare in giovane età e proseguire fino all’età adulta. Le persone coinvolte possono essere vittime, aggressori o spettatori di quanto accade. Rientrano in una classificazione di “violenza giovanile” diversi tipi di comportamenti: alcuni comportamenti aggressivi, come bullizzare, schiaffeggiare o spintonare qualcuno, possono causare ferite emotive più profonde di quelle fisiche. Altri comportamenti, come rubare o aggredire, possono provocare anche seri danni fisici.

Il bullismo è forse la forma più conosciuta di violenza giovanile. Secondo l’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (2009), uno studente è vittima di bullismo quando subisce, in maniera intenzionale e ripetuta nel tempo, comportamenti aggressivi mirati ad provocargli danni e sofferenze, fisicamente e/o psicologicamente (vittimizzazione), attraverso contatti fisici inadeguati, violenza verbale, aggressioni o manipolazione psicologica.

I comportamenti aggressivi vengono messi in atto da un bullo che può agire da solo o con la complicità di un gruppo di pari (es. Sharp e Smith, 1995) – più potenti e/o popolari nei confronti di un’altra persona percepita come più debole (es.: Farrington, 1993).
Oltre a bulli e vittime il fenomeno coinvolge spesso una terza categoria di attori: gli spettatori, distinguibili in a) sostenitori del bullo, b) difensori della vittima e c) osservatori silenziosi (c.d. “maggioranza silenziosa”), che non hanno un ruolo attivo nelle interazioni tra vittime e bulli, non agiscono tali comportamenti né si attivano contro tali episodi, opponendovisi in alcun modo: per questo motivo è importante lavorare coinvolgendo l’intero gruppo-classe piuttosto che limitare l’attenzione alla vittima e/o al bullo.
Quali forme assume?
Il bullismo può esplicitarsi in forme diverse:
a. diretto fisico: quando ad esempio un ragazzo prende con la coercizione da un suo pari in modo ripetuto qualcosa (soldi, materiale scolastico, altri oggetti);
b. diretto verbale: quando ad esempio una ragazza insulta e denigra una compagna;
c. indiretto: quando ad esempio un gruppo di studenti mette in circolazione voci false e denigratorie nei confronti di qualcuno o uno studente o un gruppo fissa/fissano con insistenza un/a proprio/a compagno/a;
d. cyberbullismo: quando gli attacchi e le aggressioni (o gli insulti e le esclusioni) avvengono attraverso mail, social network, tablet e smartphones .

Come individuarlo?
E’ di fondamentale importanza porre attenzione a non confondere le varie declinazioni nelle quali possono presentarsi gli atti di bullismo con altre forme di violenza, costituzionalmente differenti (es.: discussioni; liti; risse; aggressioni fisiche e/o verbali). A tal fine, volendo sintetizzare, caratteristiche che possono evidenziare se ci si trova davanti ad una situazione di bullismo piuttosto che ad altre forme di prevaricazione sono:
a. Intenzionalità: azioni deliberatamente volte a dominare, offendere, danneggiare, creare disagio, intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone, etc;
b. Persistenza (temporale): azioni ripetute e con frequenza tendenzialmente elevata; ad eccezion fatta per episodi sporadici che possano essere ugualmente categorizzati come atti di bullismo;
c. Asimmetria relazionale: potere e forza significativamente sbilanciati tra vittima e bullo/i. Tale sbilanciamento può radicarsi ad es. nelle differenze in termini di forza e/o forma fisica tra i due attori coinvolti; nelle differenza di età; genere; etnia; appartenenza religiosa; popolarità; etc.
d. Rigidità dei ruoli di vittima e bullo.
Le ricerche su questo fenomeno evidenziano delle caratteristiche che possono portare ad una maggiore vulnerabilità dei ragazzi al bullismo: i ragazzi/e possono essere più facilmente “presi di mira” dai coetanei se hanno una disabilità o esigenze educative specifiche, se esprimono inclinazioni sessuali diverse da quelle convenzionali o se fanno parte di una minoranza etnica/culturale o di un determinato contesto socio-economico (Rivers, 2011), ma anche nei casi in cui hanno una sola caratteristica che li rende “la pecora nera” piuttosto che la “mosca bianca” rispetto al gruppo dei pari. D’altro lato, anche ricerche recenti (Wang, Iannotti e Nansel, 2009) mostrano come il supporto dei genitori o di altri adulti significativi è un importante fattore che diminuisce il rischio di essere “presi di mira” .