
di ANDREA FILLORAMO
Mi è sempre piaciuto osservare “laicamente” i fenomeni religiosi e scoprire in essi quel che c’è di positivo e quel che io considero negativo. A tal proposito,prima di inoltrarmi nel racconto di una mia esperienza di qualche settimana fa vissuta in un paese della costa tirrenica della provincia di Messina, ho da premettereche provo fastidio per ogni forma di “devozionismo” con risvolti quasi feticistici. Mai avevo visto, tranne quando ero bambino, cioè molto tempo prima del Concilio Vaticano II che aveva nel suo programma quello di eliminare ogni scoria di un cattolicesimo “bacchettone” e rituale, quel che, da curioso, ho osservato in quel pomeriggio del mese di luglio u.s. Erano, infatti, circa le 17, 30 e in quell’ora,per larimonta dell’Anticiclone Africano che portava un flusso di aria calda e umida, un’afa infernale debilitava chiunque. Per le vie del paese, vidi una “varetta” con una statuacoperta di fiori, raffigurante un santo.Si trattava di S. Antonio, il “Santo dei miracoli”, accompagnata da un ristretto numero di persone, per lo più donne di una certa età che arrancavano mentre biascicavano preghiere, una banda musicale che si sforzava di mettere assieme le note del pentagramma e un prete molto anziano, con accanto alcuni chierichetti, che ansimavaforte ed era molto sudato, mentre a stento recitava e invitava a recitare le Ave Maria, incongrue con la devozione al Santo.La processione mi è passata accanto, mentre procedevo per Via Zizzo per recarmi a mare e ho avuto, quindi, la possibilità di buttare l’occhio su quella brutta statua di cartapesta, ricoperta da un manto contenente molti ex voto consistenti in ori, pietre preziose e, attaccate con spille da balia,carte monete di 50 e 100 euro. A tal proposito mi sono subito chiesto: “ma la Chiesa o la Ceio la Conferenza episcopale siciliana, non proibisce l’ostentazione di questi ex voto e di questo denaro durante le processioni?”, “non sarebbe meglio dare tanta ricchezza, compreso l’oro e i gioielli, tradotti in denaro corrente, ai poveri, che in questo paese, come altrove, sono tanti?”. In verità non so cosa rispondere. La gente del Sud – ho pensato – non può fare a meno di una religione sentimentale e arcaica come questa e per mantenerla è disposta a disubbidire persino al papa, specialmente quando vede o percepisce che il proprio parroco sta dalla parte dei suoi fedeli. Oltretutto sa che quel parroco, che io conosco, mai si è posto queste domande, anziè tutto esaltato e non sta nella pelle, perché tanta gente, che non viene alle sue messe, con quella processione che ripete disinteressatamente ogni anno alla fine del mese di luglio – dice – ha avuto la possibilità di sentirsi “devota” e quindi cattolica, tant’è che sicuramente il prossimo anno, se Dio lo manterrà in vita, replicherà la processione.Si sente e forse lo è, in fondo, un bravo prete,se per bravo prete s’intende un prete “devoto”. Ma mi pongo alcune domande: “è questa lasfida della nuova evangelizzazione?”; “è questa la sfida che l’anacronismo clericale sembra a tutti i costi voler perdere?”; “è perdonabile quel prete perché ha una certa età?”: “e se ci fossero anche preti giovani e sicuramente, come mi risulta, ci sono, che ragionano e agiscono alla stessa maniera?”Rammentiamo cheuno dei rischi più pericolosi denunciati da Papa Francesco è, appunto, il devozionismo, che “fa di Dio non il Signore della nostra vita, ma il servo dei nostri comodi e interessi”. Noto con una certa tristezza che a Messina, a differenza del luogo dove abito, ci siano ancora dei preti che si dedicano a tante pratiche devozionistiche e bigotte, che, a parere non solo mio, sono falsificazioni e azioni devastanti della fede, che hanno origine nei secoli bui, che alimentano una vera e propria deriva, che congiurano per tenere lontani i fedeli dagli aspetti fondamentali del messaggio evangelico. Forse mi sono spinto troppo, dato che fra giorni a Messina ci sarà la Vara, della quale non intendo adesso assolutamente parlare.Certo che molto ha da faticare il nuovo arcivescovo per restituire al “sensusfidei” la diocesi che il Papa gli affiderà.