IL POTERE NUTRITIVO DELLA FEDE

di ANDREA FILLORAMO

La “lotta” condotta da alcuni preti messinesi, ai quali, in segno di amicizia e di solidarietà, ho dato volentieri il mio modesto contributoattraverso i miei articoli su IMGPress, che ha portato inevitabilmente alle dimissioni dell’arcivescovo Calogero La Piana, si incentrava fra le altre cose, anche sulla gestione economica e finanziaria della diocesi,resa per nulla trasparente dal vescovo emerito. Tale lotta, se consideratasotto il profilo economico, prendeva le mosse dalle precisazioni dell’assemblea dei vescovi italiani, il cui cardinale presidente, Angelo Bagnasco, riferendo dei rendiconti delle diocesi, sosteneva, in una conferenza stampa, che essi «devono essere pubblicizzati attraverso non solo i bollettini, diocesani e parrocchiali, ma anche attraverso la rete», dato che in merito alla «provenienza di questi fondi, che sono fondi dell’otto per mille, la gente ama giustamente sapere dove vada a finire la propria firma».S uggerimento indubbiamente saggio ma non da tutti i vescovi ascoltato. Per quanto concerne l’arcidiocesi di Messina – sostengono e sostenevano quei preti – nulla di tutto ciò è avvenuto. In assenza, quindi, della necessaria “trasparenza”, e nell’omertoso silenzio di quanti hanno partecipato alla gestione economico-finanziaria della diocesi, le voci di “buchi” milionari, si sonofacilmente diffuse e ancora si diffondono presso il clero e il laicato cattolico messinese, dando magari spazio alleimmaginazioni che nulla hanno a che fare con la realtà fattuale tenuta volutamente nascosta, che sicuramente, però, non coincide con la mera “sofferenza”, data dalla crisi economica, come sostenuto dal vescovo emerito durante la “famigerata“ conferenza stampa, fatta dopo le sue dimissioni.Siamo, quindi, di fronte ad un crac finanziario della diocesi, ammesso da mons. Antonino Raspantipochi giorni prima di lasciare Messina e che ammonterebbe a circa 4 milioni di euro. Se, poi, alla cattiva gestione economica-finanziaria si aggiungono i molteplici problemi di relazioni (è superfluo qui rammentarli), relativamente a quel vescovo: nessuno “fra color che sanno” si è meravigliato delle dimissioni del vescovo.A questo punto, è lecito chiedersi: “a distanza di quasi un anno dalle dimissioni di La Piana, perché non è stato nominato ancora il nuovo arcivescovo?”. La risposta credo che sia nell’ingarbugliata vicenda dell’arcidiocesi e nellasua pessima gestione economica-finanziaria. Diciamolo pure: ci troviamodi fronte ad una diocesi, importante, storica, “atipicamente” commissariata,dal Papa prima con la nomina dell’Amministratore Apostolico Mons. Raspanti, che si è inspiegabilmente dimesso, e attualmente con Mons. Benigno Luigi Papa, ex arcivescovo di Taranto. Osserviamo che diverse negli ultimi tempi sono state le diocesi commissariate “sede plena”; quella di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela – diciamolo pure – è un’arcidiocesi commissariata “sede vacante”. Per analizzare “brevisverbis” i motivi che possono indurre la S.Sede al commissariamento delle diocesi, diamo uno sguardo ad alcune diocesi commissariate negli ultimi tempi. Cominciamo con la diocesi di Albenga dove, oltre a motivi economici, vi erano “preti indagati e condannati per pedofilia, sacerdoti che scappavano con la cassetta delle offerte, posavano nudi su Facebook, corteggiavano spudoratamente le fedeli in chiesa, facevano i barman in locali notturni”. A tal proposito, si legge in Vatican Insider: “Tra gli scandali, citiamo la condanna per abusi sessuali su una chierichetta di don Luciano Massaferro; la storia di padre Alfonso Maria Parente che fugge con la cassa della parrocchia di Pairolo;, quella di don Juan Pablo Esquivel che vive con un amico ed è appassionato di culturismo. E ancora don Donati, già parroco a Bastia d’Albenga, convivente con la compagna e poi barista in locali notturni. Ma la lista è lunga. Gli ultimi episodi in seminario dove, lo scorso autunno, un prete ha litigato nei corridoi con un seminarista per motivi di gelosia”. Che cosa poi dire della diocesi di Terni? Essa è destinata a salire agli onori delle cronache nazionali per lo scandalo del maxi debito. E’ stato il quotidiano “Libero” a riprendere in mano la vicenda e confermare una voce che circolava: sul buco multimilionario della diocesi di Terni “sta indagando la magistratura”.Nel breve articolo dell’edizione cartacea, la diocesi ternana è definita come il “feudo indiscusso di monsignor Vincenzo Paglia” e viene attribuita all’arcivescovo la responsabilità di aver lasciato all’economo della diocesi massima libertà. Economo che risulterebbe amministratore e socio di molte società tra Umbria e Lazio “tutte nate all’inizio degli anni 2000” quindi successive all’arrivo a Terni di monsignor Paglia (16 aprile del 2000). Dagli ambienti della Curia si continua comunque a parlare di debiti maturati nel corso di un lasso di tempo maggiore, circa 20 anni. Per Libero “nulla di male se Paglia ha delegato al suo fedelissimo”. Non lontano nel tempo è, infine, il commissariamento della diocesi di Trapani da parte di Benedetto XVl, che ha inviato una «ispezione» nella Curia di Trapani nella persona del vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, che alloraera presidente del Consiglio CEI per gli Affari giuridici. Mogavero ha svolto l’ispezione nella veste di «visitatore apostolico»: e ha approfondito una serie di vicende che hanno coinvolto la diocesi trapanese e riferirne in Vaticano. Il provvedimento della Santa Sede era legato ad un’indagine della Procura di Trapani relativa a un presunto ammanco di oltre un milione di euro nella gestione di fondazioni della Curia trapanese. Sappiamo come si è conclusa l’ispezione, con la rimozione del vescovo Miccichè. Questi sono i precedenti dei commissariamenti di alcune diocesi. Nessuno, quindi, si meravigli se a questo parziale elenco aggiungiamo anche l’arcidiocesi messinese. Si spera che questa lunga parentesi di malessere generale che ha colpito l’arcidiocesi peloritana si chiuda al più presto e che torni il sereno con la guida di un vescovo che sia innanzitutto un ottimo pastore e, poi, un buon amministratore.