ABBIAMO L’OBBLIGO DI RACCONTARE IL MARTIRIO DEI CRISTIANI PERSEGUITATI

Il 29 aprile scorso la Fontana di Trevi a Roma si è illuminata di rosso come il colore del sangue dei martiri cristiani che vengono perseguitati, uccisi in tante parti del mondo. La lodevole iniziativa è stata organizzata da ACS Italia (Aiuto alla Chiesa che Soffre) perchè il mondo si accorga del martirio dei cristiani.“I perseguitati ci chiedono di testimoniare la loro sofferenza e noi l’abbiamo fatto raccontando le storie dei martiri di oggi. Ora non dimentichiamoli. Non spegniamo le luci sul martirio cristiano”. Sono alcuni slogan della manifestazione di Roma. Peraltro leggo sul sito dell’Acs che è prevista un’altra manifestazione a Como il 30 maggio: la Basilica di Sant’Abbondio sarà illuminata di rosso a ricordo del sangue versato dai tanti martiri cristiani. Nel corso della serata si terrà la testimonianza, “Perseguiteranno anche voi…dove la fede è un delitto”, parteciperanno Alfredo Mantovano, Presidente di Acs-Italia, e monsignor Mtnaios Hadda, siriano e archimandrita della Chiesa cattolica greco-melchita. Al termine interverrà il vescovo di Como, monsignor Diego Coletti.
Nel comunicato dell’Acs si può leggere:“Portare all’attenzione di fedeli e opinione pubblica le sofferenze dei cristiani perseguitati ha per monsignor Coletti una duplice importanza. In primis quella di «evitare che una cortina di silenzio, dimenticanza e superficialità copra un’azione di denuncia e di vicinanza». Al tempo stesso la testimonianza di chi paga a caro prezzo la propria fede in Cristo è un dono per tutti i cristiani che vivono in condizioni di libertà religiosa. Il presule ricorda a tal proposito il suo incontro con monsignor Warduni, vescovo ausiliare di Bagdad, che ha visitato Como nel settembre 2014, appena un mese dopo il massiccio esodo di oltre 125mila cristiani dalla Piana di Ninive, a seguito dell’invasione da parte di Isis. «Sono rimasto profondamente colpito dalla mancanza in lui di alcun desiderio di vendetta e dalla sua capacità di superare l’odio e la violenza con il perdono».
È questa la ricchezza che secondo monsignor Coletti le comunità perseguitate possono offrire al resto della Chiesa. «Ci richiamano ad una fedeltà ed una coerenza che dimostri che anche per noi che viviamo in un clima sereno la fedeltà a Cristo e al Vangelo è il valore più importante”.
Alzare la voce contro la violazione dei diritti umani. Altrimenti anche le pietre piangeranno.
A questo proposito possono essere interessanti le riflessioni che ho letto nel contributo a “Il libro nero delle condizioni dei cristiani nel mondo” di Caroline Cox, britannica, impegnata in azioni umanitarie, fondatrice di Hart, una organizzazione umanitaria che si occupa delle popolazioni perseguitate. La Cox ha avuto ha avuto il privilegio di visitare i luoghi dove i cristiani sono perseguitati. Ha constato che, alla violenza e all’odio, questi hanno risposto con coraggio e dignità, senza il desiderio di vendetta. Scrive la Cox:“Non c’è un’altra religione tradizionale al mondo come il cristianesimo che abbia subito una distruzione così sistematica e generalizzata dei suoi luoghi santi. Si, le pietre devono piangere. Abbiamo constatato che, in effetti, le pietre piangevano, ma per chiamare i fedeli al culto. Spesso qualche ora dopo un attacco, i cristiani tornano nel loro edificio sacro, in mezzo alle rovine della loro chiesa. Le chiese sono distrutte, ma la Chiesa vive, la Chiesa crede e la Chiesa ama. Mai abbiamo sentito, dai cristiani che abbiamo incontrato che sono state vittime di persecuzioni, il benchè minimo accenno a una vendetta o al progetto di una rappresaglia. Ciononostante – scrive la Cox – noi che abbiamo il privilegio di vivere liberi abbiamo anche il dovere di parlare in nome di coloro che sono stati privati della loro libertà: i cittadini dei paesi liberi, per i quali la Dichiarazione universale dei diritti umani ha un senso, devono alzare la voce contro ogni violazione di tali diritti. Se non lo faremo, le pietre piangeranno ancora, e giustamente, per rimproverarci”.
I cristiani non hanno mai cercato il martirio come i kamikaze del jihad.
Proporre tutti i contributi pubblicati dal libro è impossibile, sono presenti ben 70 contributi tra testimonianze, reportage e analisi, farò riferimento ad alcuni che mi hanno colpito più di altri, inizio da quello della storica Marie-Francoise Baslez, esperta di cristianesimo antico. I cristiani non hanno mai cercato il martirio fine a se stesso. Nel suo intervento la Baslez chiarisce che i martiri cristiani non si possono confondere con quelli di certi fanatismi come quelli dei kamikaze giapponesi o i militanti del jihad islamico. “Il nostro mondo cerca di salvare la vita a tutti i costi, mentre altre culture pensano di vincere la morte con la morte, perchè, dal loro punto di vista, solo la morte eroica permette di divenire immortali nella memoria collettiva”“martirio di costruzione”.
I primi cristiani erano lontani dal “martirio della disperazione”, questo tipo di martirio – scrive la Baslez – è legato alla logica dei piccoli gruppi religiosi, minoritari e ripiegati su se stessi, che non hanno niente da aspettarsi da un mondo che li disprezza e ripongono tutte le loro speranze nell’aldilà”. La storica francese ha introdotto il termine di “martirio di costruzione”, che trasmette l’immagine di una Chiesa integrata. Infatti “il cristianesimo primitivo presenta il paradosso di una religione prima illegale, poi perseguitata, che, invece di sparire, ha acquisito una migliore visibilità nella repressione”.
Le donne pagano il più alto contributo delle persecuzioni e delle guerre.
Interessanti sono le riflessioni di Lucetta Scaraffia, sulle donne cristiane, stuprate, umiliate, lapidate, praticamente quelle che pagano il più alto contributo delle persecuzioni e delle guerre. La Scaraffia, mostra come il corpo della donna, soprattutto quando è consacrato in un ordine, diventi un luogo di persecuzione attraverso la violenza. In particolare la storica descrive anche le numerose umiliazioni pubbliche e le conversioni forzate sopportate dai cristiani in Pakistan; una donna che rappresenta tutte le donne cristiane del mondo è Asia Bibi condannata a morte per un sorso d’acqua. Il libro dà spazio anche a contributi di personalità non cristiana come quello del teologo e rettore della grande moschea di Bordeaux, Tarq Oubrou, che cerca di spiegare la “dhimmitudine” e il suo contesto storico, ma non è convincente. Poi sulla tesi dello “scontro di civiltà”, teorizzato vent’anni fa dal politologo Samuel Huntington, ripete quello che abitualmente fanno altri. Lo “scontro di civiltà”, fa comodo ai mercenari dello Stato islamico, è quello che loro vogliono. “Evitiamo di cadere nella trappola che questi uomini tendono all’umanità”. E poi salomonicamente il rettore conclude: “la presenza cristiana in Oriente è una chance per la pace. Proprio come lo è la presenza musulmana in Occidente”.
“Il Libro nero della condizione dei cristiani nel mondo”, dà spazio alle numerose guerre, come quella siriana,“bisognerà senza dubbio aspettare molto tempo dopo la fine della tragedia siriana per comprendere la reale portata delle sue conseguenze e riconoscerla come la barbarie del XXI secolo”. Una guerra civile tra le più feroci, con atrocità da entrambi le parti. I cristiani si trovano esposti, ai combattimenti, alle rappresaglie e alle difficoltà economiche. Si trovano ad affrontare il dilemma: “Restare o andarsene?”. Interessante e coinvolgente il racconto di Domenico Quirico, il giornalista de La Stampa, ostaggio per cinque mesi dei terroristi islamici. Quando parla della comunità cristiana, e della cattedrale di Yabrud, scrive: “Nelle sue pietre secolari c’è tutta la storia della fede in questa parte dell’Oriente, dove la polvere fu calcata dal piede di san Paolo, l’inventore del cristianesimo come religione universale. La chiesa era in origine un tempio romano;in una parete, su una pietra, è ancora ben visibile l’iscrizione CALIGOLA CESARE: un tempio al dio Sole, caro ai legionari di guarnigione in questa valle strategica, dove si sono dissetati tutti gli eserciti invasori venuti dal Nord, da Alessandro ai crociati ai turchi”.
Maaloula, il villaggio simbolo distrutto dagli islamisti.
Altro racconto significativo è quello del politologo Frederic Pichon, sul villaggio simbolo di Maaloula, antichissimo i cui abitanti parlano ancora la lingua di Cristo: l’aramaico. Un fatto che testimonia come qui in Siria i cristiani sono presenti da duemila anni. Distrutto in tappe successive dagli islamisti e dall’esercito del regime. Maaloula paga un pesante tributo alla guerra che sta insanguinando il paese.
Concludo con l’intervento di Andrea Riccardi, uno dei curatori del libro:“i martiri del XXI secolo”. “L’Occidente ha una scarsa coscienza del martirio dei cristiani nel mondo contemporaneo”, per Riccardi il motivo di questa disattenzione è colpa della cultura occidentale che ha “nutrito un senso di colpa per le responsabilità dei cristiani e le violenze da essi perpetrate nella loro lunga storia[…]”. Il cristianesimo è perseguitato perchè oggi si colloca nella parte “meridionale” del globo, vive in paesi insicuri, dove le comunità cristiane sono spesso minoranze.
Perchè scrivere il libro nero sulle persecuzioni dei cristiani.
Per Riccardi la persecuzione dei cristiani non va però raccontata con facili semplificazioni o a uso ideologico. Citando l’autorevole storico Renè Remond, il cristianesimo è diventato quasi un “capro espiatorio”, così, “l’opinione pubblica gli farebbe pagare il fatto di essere stato dominante in passato”. Tuttavia oggi i cristiani stanno subendo un vero e proprio martirio. Ma Riccardi intende precisare quali sono le intenzioni del Libro nero. Occorre studiare con attenzione e soprattutto collocare nel contesto sociale, politico e religioso, la persecuzione dei cristiani.“L’intenzione di questo volume non è di fondare l’una o l’altra tesi, dare argomenti a un vittimismo cristiano a uso della propaganda dei paesi occidentali; è piuttosto quello di ripercorrere le differenti vicende della persecuzione nei confronti dei cristiani nell’età contemporanea, allo scopo di capire le motivazioni, gli atteggiamenti e gli interessi dei persecutori, oltre l’entità delle sofferenze e delle limitazioni inflitte”.
San Giovanni Paolo II rompe il silenzio sul martirio dei cristiani.
Riccardi descrive brevemente come si è giunti alla sensibilizzazione del “secolo del martirio”, “l’oblio in cui era caduto ha cominciato ad essere rimosso nell’ultimo decennio del Novecento”. Un grande merito va riconosciuto a san Giovanni Paolo II, il papa che veniva dalla Polonia, paese segnato dalle due ideologie nefaste nazista e comunista. E poi lui che ha subito l’attentato del 13 maggio 1981 “si è sentito un contemporaneo dei martiri. Ha quindi avvertito la responsabilità di essere testimone di quelle tragedie”. Pertanto per Wojtyla, il Novecento senz’altro è stato il secolo del martirio in senso ampio. La sua idea di martirio per Riccardi andava al di là delle categorie utilizzate finora dalla Chiesa. “C’erano i martiri riconosciuti dalla Chiesa con appositi processi di beatificazione o canonizzazioni, ma esistevano pure i martiri per la fede non riconosciuti dal cattolicesimo (ed erano tanto numerosi)”. E proprio a questi che san Giovanni Paolo II intendeva da voce. Nella lettera apostolica di preparazione al Giubileo del 2000, Tertio millennio adveniente il papa polacco affermò con forza: “Al termine del secondo millennio la Chiesa è diventata nuovamente una Chiesa di martiri”. Riccardi si interroga se la sua operazione sia riuscita, forse all’interno della Chiesa, ma all’esterno, ancora c’è una profonda insensibilità.
Sarebbe importante continuare, lo faremo. Alla prossima. 

Domenico Bonvegna
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