Va’ in pace e d’ora in poi non peccare più

di Ettore Sentimentale

In questo Anno della Misericordia papa Francesco ci ha fatto dono dell’Esortazione post-Sinodale “Amoris Laetitia, (la gioia dell’amore)”, abbreviata in “AL”, frutto maturo di confronto sereno e fraterno all’interno di due Sinodi dedicati alla famiglia. Avrete senz’altro sentito parlare di questo documento e so che vengono continuamente proposti degli incontri curati da esperti, per una lettura globale di tale Esortazione. In questa sede vorrei riprenderne un passaggio per puntualizzare meglio i risvolti collegati all’Anno della Misericordia. Al n. 38 si legge: “Molti non percepiscono che il messaggio della Chiesa sul matrimonio e la famiglia sia stato un chiaro riflesso della predicazione e degli atteggiamenti di Gesù, il quale nel contempo proponeva un ideale esigente e non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera”.

In questa riflessione, desidero quindi iniziare a riflettere sulla delicatezza di Gesù nei confronti dell’adultera, come leggiamo in Gv 8,1-11. Nella prossima lettera approfondirò altri passaggi significativi di questa pagina evangelica “controversa”.

A dire il vero al centro del racconto non c’è la donna “sorpresa in flagrante adulterio”, quanto l’insegnamento di Gesù, che viene nuovamente fatto oggetto di accuse indegne da parte di scribi e farisei i quali trascinano la donna al centro della “ribalta”, per essere osservata da tutti, in modo che anche i presenti possano valutarla, dallo stesso punto vista dell’accusa. Ma in tutto il racconto Gesù prende le distanze da queste “posizioni” già precostituite.

È certo che questa narrazione ha costituito difficoltà enormi per i primi cristiani, se questo testo manca in parecchi manoscritti antichi e se tanti esegeti pensano che si tratti di un racconto di origine lucana. Evidentemente, il perdono pubblico delle adultere costituiva un ostacolo quasi insormontabile per le comunità primitive.

Comunque stiano le cose, la meravigliosa attendibilità della pericope in oggetto, spazza via i dubbi che possono esistere circa la sua autenticità.

Riprendo qui i tratti essenziali del racconto, per avere più facilità nella comprensione del testo.

Una mattina, mentre Gesù si trova nel Tempio e il popolo gli è attorno per ascoltare il suo insegnamento, gli scribi e i farisei conducono lì una donna, della quale dicono che è stata “sorpresa nel peccato di flagrante adulterio”. Subito dopo interpellano Gesù con queste parole: “Nella Legge, Mosé ha prescritto di lapidare queste donne. Tu dunque cosa ne pensi?”.

Secondo la legge di Mosé, in effetti “se l’uomo viene trovato mentre ha rapporti coniugali con una donna sposata, dovranno essere messi a morte tutti e due, l’uomo che ha peccato e la donna. Farai così sparire il male da Israele” (Dt 22,22). Il testo non precisa la modalità della morte, ma la tradizione consolidatasi nel tempo, rimandava alla lapidazione. In questo avvenimento, “per caso”, solo la donna viene processata. E Gesù è costretto a dire quale dovrà essere la sorte riservata a questa donna. “Dicevano questo – precisa S. Giovanni – per metterlo alla prova e avere di che accusarlo”. Sappiamo come finì: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? (…) Neanch’io ti condanno. Va’ in pace e d’ora in poi non peccare più”.

C’è dunque una trappola che gli scribi e i farisei vogliono tendere a Gesù. Loro sono scandalizzati dal messaggio di bontà compassionevole verso “i peccatori” che il carpentiere di Nazareth ha appena insegnato nel Tempio, dal momento che lui non ha alcuna autorità per predicare. E sono ben decisi a farlo tacere. Così, l’accusa principale non è rivolta alla donna, ma a Gesù.

Purtroppo le stesse movenze di intolleranza oggi serpeggiano fra molti cristiani, segnati sia dal battesimo comune che da quello ministeriale, nei confronti di papa Francesco: oggetto quest’ultimo di accuse infamanti e ingiuriose…Con la scusa che “sta rovinando la purezza della giusta dottrina, permettendosi di far accedere ai sacramenti le persone giustamente escluse per tanti anni”. Che tristezza nel toccare con mano tale modus operandi…davanti al quale, però, il silenzio di tanti cristiani fa ancora più scalpore!

Torniamo al racconto evangelico…

I tutori della legge e della tradizione, domandano al “Maestro” quale giudizio ha sulla donna adultera. Infatti sono sicuri della loro trama: o applica la legge di Mosé (contraddicendo così il suo messaggio sulla misericordia) o, perdonandola, si mette in aperto contrasto con la Legge.

Qui bisogna fermarsi e scavare dentro il testo con delle considerazioni in linea con il messaggio evangelico. La prima cosa da evidenziare è questa: sappiamo poco o nulla di questa donna. Non sappiamo nulla del marito e nemmeno del suo amante. Cosa stanno facendo? Cosa pensano di quanto accaduto? Chi potrebbe assicurare che questa è una “donnaccia”? Forse la relazione con il suo amante era avvolta di tenerezza autentica… Ella ha certamente peccato contro la Legge, ma chi oserebbe affermare che ha peccato contro l’amore?

Questo sarebbe già scagliare una pietra contro di lei!

Miei cari amici, riprendiamo il vangelo in mano e rileggiamo con calma il testo alla luce di queste considerazioni e poi chiediamo al Signore di liberarci dai giudizi più trancianti di una lapidazione…