
di ANDREA FILLORAMO
È certo che la riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità dei matrimoni di Papa Francesco ha messo in crisi le agguerrite lobby dei giudici ecclesiastici, dei canonistidella Segreteria di Stato e del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi, gli avvocati matrimonialisti e la stessa Conferenza Episcopale Italiana che, in tutti i modi, hanno cercato di mettersi di traverso rispetto alle decisioni annunciate dal papa argentino. La riforma, infatti, pone fine al sistema consolidato e remunerativo che girava intorno ai tribunali ecclesiastici regionali istituiti nel 1938 da Papa Pio XI e prevede che in ogni diocesi è il vescovo che decide, con una procedura semplificata e, soprattutto – da evidenziare – gratuita.Lo sappiamo: gli “incassi” legati alla dichiarazione di nullità nella Chiesa Italiana, prima dell’entrata in vigore del rescritto papale, andavano a gonfie vele. La richiesta di annullamenti, infatti, era di 2500 del 2012 e nel 2013 i processi sono stati 3mila.Prima del 2010, per un processo di annullamento del sacro vincolo si potevano sborsare fino a 30 mila euro.Poi sono stati calmierati i prezzi: per il primo e secondo grado, per cui erano responsabili i tribunali ecclesiastici diocesani, il prezzo di un avvocato ‘canonista’ variava dai a 1.575 ai 3 mila euro. E 525 euro venivano intascati dalla corte come contributo all’apertura della causa. Con il secondo grado, poi, si aggiungeva un sovrapprezzo tra i 604 e i 1.200 euro. Ma il prezziario della Cei escludeva tutte le spese vive, dalla ricerca delle prove all’Iva.Un avvocato rotale costava 5 mila euro. Se poi la causa era complessa al punto da arrivare al terzo grado, cioè a Roma, si spendevano dai 4 mila ai 5 mila euro solo per l’ingaggio di un avvocato rotale.La guerra alla decisione papale è stata iniziata dal cardinale Francesco Coccopalmerio, capo del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi, il quale ha avuto l’ardire di inviare una circolare a tutti i Tribunali Ecclesiastici Italiani, creando confusione e dicendo loro che la nuova procedura, riguardava tutti gli Stati ma non L’Italia,poiché in esso non veniva espressamente abolito il “motu proprio” di Pio XI, dato che il Papa aveva decretato, che le norme, avessero vigore “nonostante ogni altra norma contraria”. La circolare del Cardinale ha fortemente irritato il Papa,che tramite il sostituto Becciu, durante l’apertura dell’anno accademico dello “Studium Rotale”, ha affermato che il Papa, in quanto legislatore, ha" in virtù del canone 16 del Codice di Diritto canonico” la facoltà di interpretare autenticamente ogni norma del diritto ecclesiastico. Il suo “motu proprio”, quindi, valeva ovunque, Italia compresa.Nonostante questo, la Conferenza Episcopale Italiana non demordeva; sono tanti i soldi che vengono meno con la riforma del Papa, anche se quelli provenienti dalle dichiarazioni delle nullità matrimoniali sono state gocce nel grande oceano di soldi pubblici amministrati senza rendicontazione dai vescovi italiani. Occorre, inoltre, dire che fra la CEI e il Papa non corre buon sangue. Francesco sta tentando di scardinare vecchi gruppi ancora dominanti, recalcitranti a mollare il governo di una struttura potente e mastodontica, di gran lunga la più importante e ricca Conferenza Episcopale del mondo. La partita che gioca la CEI, nel porre resistenza al decreto papale, come sempre, quindi, è per il controllo e l’impinguamento della “cassaforte” alimentata particolarmente dall’8 per mille.È noto che la Cei dal 1990 gode di questi finanziamenti pubblici, voluti da una legge che negli anni ha portato nelle casse dei vescovi 19,3 miliardi di euro. Secondo l’ultima relazione della Corte dei Conti nel 2014 l’incasso è statoun rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana, senza che lo Stato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l’erario. La CEI, pertanto, inviava ai vescovi italiani una lettera a firma del segretario Nunzio Galantino, nella quale si sosteneva che il Papa con le sue disposizioni "limitava" i compiti della Rota Romana e lasciava integri quelli dei Tribunali Regionali Italiani. È immaginabile soltanto la “tiratina d’orecchie” fatta a Galantino, se non personalmente dal Papa, dal decano della Rota Romana, che assicurava di un documento pontificio che avrebbe chiarito in modo definitivo l’assurda questione. Cosa che è avvenuta con il rescritto del 7 dicembre 2015.In tale rescritto, fra l’altro leggiamo quanto segue: “Le leggi di riforma del processo matrimoniale succitate abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, eventualmente anche approvata in forma specifica (come ad es. il Motu Proprio Qua cura, dato dal mio Antecessore Pio XI in tempi ben diversi dai presenti). “Nelle cause di nullità di matrimonio davanti alla Rota Romana il dubbio sia fissato secondo l’antica formula: An constet de matrimoniinullitate, in casu”. “Possano i fedeli, soprattutto i feriti e infelici, guardare alla nuova Gerusalemme che è la Chiesa come «Pace della giustizia e gloria della pietà» (Baruc 5, 4) e sia loro concesso, ritrovando le braccia aperte del Corpo di Cristo, di intonare il Salmo degli esuli (126, 1-2): «Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia».A conclusione mi chiedo: “Papa Francesco e non solo per questa apertura a quanti chiedono di aver riconosciuta la nullità del loro matrimonio, è sicuramente amato da tutti ma non sembra che sia amato da tutti i vescovi, particolarmente da quelli italiani. Alcuni di loro manifestano apertamente il disagio di avere un papa che non comprendono.Bergoglio, quindi, non solo dovrà affrontare i capi dei dicasteri della Curia romana,ma anche alcuni o molti vescovi che dovrebbero collaborare con lui per avere una Chiesa ripulita dai corrotti e dalla corruzione. Il clima, quindi, non è dei migliori e questo forse fino a quando egli si ritrova come presidente della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, che fra l’altro, come abbiamo visto, rema contro il Papa anche quando si vuole venire incontro a chi ritiene un suo diritto chiedere per ottenere il riconoscimento di nullità di un matrimonio e tutto a titolo gratuito. Mi chiedo: il cardinale Bagnasco cambierebbe idea se la procedura per avere la nullità di un matrimonio, fatte salve tutte le clausole fatta eccezione del “titolo gratuito”, fosse ancora a pagamento?