QUANDO IL PALAZZO GIOCA CON LA PAURA

di ANDREA FILLORAMO

Quanto scrive, il 29/02/2016, il Direttore di IMGpress, che ringrazio vivamente, in relazione sempre alla lettera del 20 febbraio u.s, di P. Giuseppe Lonia, se da un certo punto di vista mi gratifica particolarmente quando titola il suo articolo: “Vorrei che ci fossero più Filloramo tra le fila della nostra diocesi che don Abbondio”, dall’altro, però, mi spinge a fare delle considerazioni, certamente non nuove ma, in ogni caso, spiacevoli per la consapevolezza che ho di svolgere involontariamente una funzione di supplenza quando scrivo della diocesi di Messina, del suo vescovo e del suo clero, tanto da far alzare la voce a chi “voce non ha” o “non dovrebbe avere” perché “non ha proprio nulla da dire”.
Ho scritto, infatti, e continuo a scrivere perché sollecitato da una “chiesa del silenzio” fatta da decine di preti, tutti impegnati seriamente nella pastorale parrocchiale che o in forma anonima o pregandomi di non rivelare il loro nome, mi informano dei loro disagi e di quelli diocesani.
Per loro esporsi personalmente per segnalare o denunciare condotte può comportare – dicono – problematiche di natura sia pratica che psicologica. La paura di ritorsioni risulta, infatti, insieme alla sfiducia, la ragione per cui preferiscono rimanere nell’anonimato o di obbligare al silenzio. Essi – ovviamente – si differiscono dai preti che invianoe sono abituati a scrivere lettere anonime.
Le lettere anonime esprimono una forma disturbata di aggressività relazionale in cui attraverso denigrazioni, pettegolezzi e calunnie si esprime la psicologia dei codardi, cioè di quegli individui ambivalenti nelle manifestazioni affettive: sono scissi in una parte socializzata che si comporta in modo corretto e integrato rispetto alle persone e una parte divisa in sé che invece agisce in modo subdolo e aggressivo.
Non è questo sicuramente il caso dei preti che si affidano a me. Essi, vuoi per le esperienze avute dei rapporti non felici con il vescovo e i superiori, vuoi perché sfiduciati, vuoi anche per un errato concetto di “sacralità” applicato a chi esercita un potere che si crede venuto da Dio all’interno di un sistema per nulla democratico, temono o di non essere ascoltati o di essere fraintesi. Per questi motivi non sono riuscito mai a convincerli di “togliere la maschera” e di rivolgersi direttamente a chi di dovere.
Certo che non ho mai scritto dei loro “pettegolezzi” che certamente, come in ogni caso, non mancano, ma di “fatti” accertati e, su mia richiesta, segretati anche per non fare soffrire le persone coinvolte. Ritengo che lungi dal diffonderli, è preferibile portati a conoscenza e al vaglio dei Sacri Palazzi per gli opportuni interventi che non tardano mai a venire. Cosa che mi risulta sia già avvenuta.