Per la rivoluzione? No solo per amore di verità

di ANDREA FILLORAMO

Mi chiedo; “è possibile che non passa giorno in cui, leggendo i giornali o accedendo a Internet o guardando la televisione, non veniamo raggiunti da notizie concernenti preti e vescovi che, attratti dal sesso o dal denaro, trascinano tutto il clero nell’ignominia?” Sono convinto che tali notizie non suscitano più scandalo, se per scandalo intendiamo il “ turbamento della coscienza e della serenità altrui, provocato da azione, contegno, fatto o parola che offra esempio di colpa, di male o di malizia”. Ormai la gente, a tali notizie, si è assuefatta. Il rischio, però, è quellodella generalizzazione , cioè di “fare di tutte le erbe un fascio”. Sappiamo, infatti, che la maggior parte del clero si impegna a vivere secondo i dettami della coscienza e da testimoni autentici della fede che essi professano. Sfoglio, così, le pagine di Internet e leggo alcune notizie che intendo commentare. Salto a piè pari i fatti relativi al sesso che hanno come protagonisti i preti e riferisco soltanto quelle che riguardano “ questioni di denaro”, “ denaro destinato ai poveri”, di cui alcuni appartenenti al clero si sono – ahimè! – impadroniti. Ciò dimostrerebbe la tesi che i “ladri”, cioè i marioli, i delinquenti, i furfanti, i manigoldi, i borsaioli, appartenenti al clero, non sono soltanto in Vaticano, come tutti ormai sanno, ma essi sono rintracciabili anche nelle diocesi e nelle parrocchie.

Notizia N°1

Da: www. il giornale.it “ Don Lucio Sinigaglia, ex parroco 57enne della chiesa di San Michele Arcangelo a Legnaro, un paese in provincia di Padova, ha confessato ai Pubblici Ministeri di aver sperperato i soldi donati alla Caritas. Si tratterebbe di 252.827 euro, soldi che, come racconta il Mattino di Padova, sarebbero serviti al prete a comprarsi una moto Bmw 120 Gs (costata 15.300) "per capriccio", a regalare una Renault Clio a un giovane sacerdote e a pagare un intervento chirurgico ( 5.880 euro ) alla madre. Per mesi, inoltre, don Lucio si è dato a cene e pranzi in ristoranti di lusso "con splendide mangiate di pesce innaffiato da buoni calici di vino e vacanze sempre in compagnia dell’amico di turno". Il sacerdote ha, poi, ammesso di aver usato i soldi della Caritas anche per ristrutturare la canonica "rimessa a nuovo con la creazione cinque camere da letto, tre bagni di cui uno dotato di idromassaggio e una palestra attrezzata per un costo di 300mila euro". Il prete si è giustificato coi fedeli della sua parrocchia con una lettera letta in chiesa dal vicario: "Riconosco di aver agito incautamente nell’utilizzare parte di quel denaro per assolvere ad alcune necessità urgenti della parrocchia e – in parte ridotta – per ragioni personali. Ritenevo di poterlo utilizzare temporaneamente e rifonderlo man mano”.

Notizia N°2
Leggo ancora sullo stesso giornale che l’arciprete di una delle parrocchie di Legnaro, L.S., 57enne originario dell’Estense, li ha sperperati tutti in viaggi e lusso. E ora è indagato per appropriazione indebita.In meno di un anno l’arciprete ha buttato via oltre 100mila euro. I soldi sarebbero stati spesi dal sacerdote per "un viaggio di piacere in montagna in una località delle Dolomiti, un’altra vacanza in Sicilia in compagnia di un amico prete, pranzi e cene in ristoranti di lusso, acquisti vari tra cui una moto e l’automobile regalata al ‘collega’". Ma non finisce qui. L’arciprete avrebbe anche pagato alla madre un intervento di chirurgia estetica alle gambe. Appena è venuto a galla lo sperpero del denaro lasciato in eredità, tutti i soldi rimasti sul conto sono stati congelati su ordine dell’autorità giudiziaria: su richiesta del pubblico ministero Sergio Dini, il gip padovano Cristina Cavaggion ha firmato un decreto di sequestro preventivo del lascito. In questo modo il parroco non potrà più disporre dell’ingente patrimonio lasciato alla Caritas, nonostante fosse stato nominato custode dei beni”.
Notizia N°3
Da: www.huffingtonpost.it: “ Droghe, appartamenti e hotel di lusso, ostriche e champagne, viaggi in Sudamerica e notti di gloria a Londra. Pagati come? Con i soldi della Chiesa, quelli dell’8 per mille. Quel che emerge dal lavoro della Guardia di Finanza è sconvolgente: l’ex abate di Montecassino, una delle più importanti Abbazie italiane, per anni avrebbe dilapidato i soldi dei fedeli per fare la bella vita e arricchirsi senza freni……Sposta soldi "Sua Eccellenza", e lo fa con l’aiuto del fratello Massimo. Il flusso di denaro passa dai conti dello Ior a quello di istituti di credito privato riconducibili ai Vittorelli. E poi li spende: a loro risulterebbero intestati 4 appartamenti a Roma (due del fratello) e San Vittore del Lazio, oltre a due magazzini che, per la Procura, potrebbero essere proventi dei suoi illeciti (ipotesi di riciclaggio)etc……Talmente cinico che è un dettaglio a rivelare la sua spregiudicatezza: quando nel 2013 si dimette per motivi di salute dal suo ruolo, il 12 giugno ad accettare le sue dimissioni è Papa Francesco. Nemmeno due settimane prima, il primo giugno, il vescovo svuota ancora prelevando quel che può, 44mila euro, e poi versa ancora soldi, 164mila euro, a un conto intestato al fratello. Abusa dei suoi ultimi giorni e del suo ruolo per fregare i soldi destinati ai bisognosi e "alle opere di bene".

Notizia n° 4

Da il Mattino: Truffa con i soldi dei migranti, indagato un prete: le indagini puntano sui centri della Caritas

QUALCHE RIFLESSIONE

Mi sono soffermato a quattro notizie, in quanto risulta che i furti alla Caritas e i lasciti con inganno da parte di preti e vescovi siano tanti. Rammento che la Caritas, il cui presidente è il messinese cardinale Franco Montenegro, è un organismo pastorale della CEI, il cui fine istituzionale è quello di «promuovere anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana» (cfr. Statuto, art. 1).. Si tratta indubbiamente dell’amministrazione di un fiume di denaro, destinato particolarmente ai poveri. che il vescovo di ogni diocesi ed ogni parroco devono amministrare per il raggiungimento degli scopi che l’organizzazione stessa si propone. Il tutto deve avvenire nel segno della trasparenza; ciò significa che nel loro operato, preti e vescovi non dovrebbero consentire aree di opacità e, pertanto, essi dovrebbero mettere chiunque nelle condizioni di verificare come sono spese le risorse e riorganizzati i servizi amministrativi” a livello diocesano e a quello parrocchiale. Il principio della trasparenza, è da intendere come «accessibilità totale» alle informazioni che riguardano l’organizzazione e l’attività atte a favorire un controllo diffuso da parte dei fedeli sull’operato della diocesi e/o della parrocchia e sull’utilizzo delle risorse assegnate o raccolte.In particolare, la pubblicazione dei dati dovrebbe incentivare la partecipazione dei fedeli per i seguenti scopi: assicurare la conoscenza dei servizi resi; pubblicizzare le caratteristiche quantitative e qualitative, nonché le modalità di erogazione;prevenire fenomeni corruttivi e promuovere l’integrità;sottoporre al controllo diffuso ogni fase del ciclo di gestione della performance per consentirne il miglioramento.Quando si gestiscono soldi di tutti, cioè provenienti da tassazione o da offerte volontarie o da beni ricevuti in eredità per opere di solidarietà, credo che sia doveroso rendicontare. La trasparenza è fondamentale per creare e mantenere un rapporto di fiducia e per dare la possibilità a tutti di verificare come i soldi vengono spesi. E anche se non sussistono obblighi di legge esistono però obblighi morali. Posto, ovviamente, che non si abbia nulla da nascondere.
UNA DOMANDA
I fatti sopra narrati e l’esigenza di cercare e di assicurare la trasparenza in ogni diocesi e parrocchia ci costringe a chiederci. “Cosa è successo a Messina che ha determinato le dimissioni di Mons. La Piana? Perché si è dimesso o è stato dimesso anche ilresponsabile diocesano della Caritas? Si vuole chiarire definitivamente in che cosa consiste il “buco milionario” nell’amministrazione della diocesi, di cui hanno scritto i giornalisti e ancora: cosa c’è di nuovo di un’eredità anch’essa milionaria? Diciamolo pure: a tutt’oggi, ci muoviamo nell’oscurità. E’ mancata e continua a mancare, quindi, la trasparenza. C’è, per caso un patto di omertà, fra tutti quelli che sanno? Spero proprio di no.E ancora: possiamo accontentarci di quanto detto dal vescovo emerito nella famosa conferenza stampa e poi, in parte, confermato, non si sa basandosi su che cosa, dall’Amministratore Apostolico? Il vescovo emerito allora disse:“Ci sono state false costruzioni ed illazioni. Non c’è nessun legame tra le inchieste che hanno riguardato Tirreno ambiente o le donazioni fatte ad alcune parrocchie da Bucalo, che era da ragazzo un seminarista, a don Brancato con le mie dimissioni. Se ci fossero legami non sarei qui. Non ci sono buchi, sono ricostruzioni false. La Curia ha attraversato come tutte le famiglie disagi economici dovuti alla crisi.” I preti messinesi, ascoltandolo allora hanno compreso il disagio emotivo e la sofferenza del vescovo; in seguito, però, di fronte ai dubbi sulla veridicità di tali affermazioni hanno voluto conoscere tutt’intera la verità econ grande coraggio hanno voluto che si sfondasse il muro di omertà. Essi sapevano allora e ancora adesso sanno, chenel corso della vita spesso ci troviamo a mutare i valori di alcuni nostri preziosi atteggiamenti. Ci sono infatti momenti in cui tacere diventa una colpa,altri in cui parlare diventa un obbligo.E’ veramente un dovere per il loro ministero rivendicare il diritto di conoscere quel che è avvenuto di così grave nella diocesi di Messina tanto da indurre l’arcivescovo metropolita a dare le dimissioni.Essi vogliono scrollare di dosso quella forma di calma apparente, alla quale sono stati abituati. Tolstoj diceva che la calma è una vigliaccheria.
RICHIESTA
Non si chiede all’Amministratore Apostolico né al nuovo Arcivescovo che facciano chiarezza su quanto essi non hanno alcuna responsabilità ma si chiede che facciano in modo che l’eventuale dissesto della diocesi non venga ad essere pagato da tutti i preti che non hanno colpa o (e questo sarebbe un delitto) dai poveri, ai quali si è tolto, forse, quello che altri avevano dato con generosità.