Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo

Gv 1, 10-13 [1,1-18]

Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.

di Ettore Sentimentale

Nella Seconda Domenica di Natale torna alla nostra riflessione il lungo brano del prologo di S. Giovanni (1,1-18), già proclamato e commentato ampiamente in tutte le omelie il 25 dicembre u.s. Di questa lunga pericope, scelgo di commentare brevemente i versetti qui trascritti, invitando tutti a leggere per intero il brano (il commento del quale richiederebbe molto più spazio e tempo), circoscrivendo la mia riflessione ad alcune sintetiche provocazioni, provenienti dai versetti in esame.
Poco prima della pericope in esame, il quarto evangelista afferma: “veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Il primo segmento di riflessione concerne, quindi, la immensa e infinita condiscendenza d’amore che la Parola eterna, la Luce vera ha manifestato verso il mondo. Eppure quest’ultimo non comprende di dovere la propria esistenza all’amore infinito del Verbo. Il sottofondo di questa constatazione è permeato di tristezza verso l’ignoranza del mondo che non riconosce nella Parola incarnata il suo creatore. E dire che il Verbo aveva un “posto” sulla terra che gli piaceva pensare come “suo”, proprio lì è venuto e i “suoi” non l’anno ricevuto. Non dice: “Non l’hanno riconosciuto”…Si tratta di un rifiuto categorico, un’opposizione, rutto non di semplice ignoranza.
Paradossalmente questo rigetto ha spalancato la stradaa qualcosa di nuovo, di inimmaginabile: gli uomini generati dal mondo “distrutto” si sono “allontanati” da esso in vista di una relazione nuova e incomparabilmente più vicina a Dio. A coloro che lo hanno accolto, Cristo dona il pieno diritto di una nuova identità, quella di figli di Dio.
Attenzione a non capovolgere il significato del testo. Qui viene detto che la possibilità è offerta a tutti, ma entrano nella piena figliolanza coloro che accolgono la Parola nella fede. Purtroppo, tanti cristiani pensano che il proprio rapporto con Dio si fondi su un riconoscimento esterno, quasi onorifico…come avviene quando si tratta di mantenere il nome e la grandezza del proprio casato.
S. Giovanni ci tiene a precisare che di mezzo c’è la vera comunicazione della vita e della natura, un legame fondante, fin dalle origini. Coloro che “l’hanno accolto” erano e sono “figli di Dio” e ciò avviene non perché fossero o siano migliori degli altri. Dirà S. Paolo che una volta costoro erano “stranieri, nemici e con la mente intenta alle cattive opere” (Col 1,21). Eppure hanno creduto nel nome di Cristo, sono stati generati da Dio. Tutto ciò è opera della grazia (=misericordia) divina, colta e vissuta attraverso la fede. Il “miracolo” consiste proprio in questo: ricevendo la Parola, costoro sono generati da Dio.
La generazione naturale, lo sforzo personale, l’influenza altrui – anche se di alto livello scientifico – tutto questo qui non trova alcun posto perché “tutto è grazia”.