Le scene della nostra vita sono come rozzi mosaici

di ANDREA FILLORAMO

Scrive Arthur Schopenhauer: “Le scene della nostra vita sono come rozzi mosaici. Guardate da vicino non producono nessun effetto, non ci si può vedere niente di bello finché non si guardano da lontano”. Rifletto spesso a lungo sul contenuto di questa espressione del filosofo, particolarmente quando mi colpisce un’amara nostalgia per il luogo natio dove ho svolto una certa parte della mia vita, per situazioni personali, per le persone alcune delle quali non ci sono più, che tanto tempo fa mi hanno accompagnato nel bene e nel male. Proprio allora, quando mi è consentito, prendo un aereo e raggiungo quello che è per me il luogo più bello creato da Dio. Proprio allora organizzo i miei incontri con i miei vecchi amici, per lo più preti, rivivo con i loro problemi che avrei avuto anch’io se non avessi operato quello “strappo” che mi ha portato a svolgere una vita diversa. Presso di loro penso di godere di una certa fiducia, che, almeno alcuni di loro mi dicono che non hanno né possono avere nei confronti di molti confratelli appartenenti ad un clero frammentato e diviso da tensioni, umanamente povero, privato di quella cultura antropologica che ritengono che uno come me, ex docente di filosofia e per anni dirigente scolastico debba necessariamente avere. Ho cercato sempre di meritare tale fiducia, venendo incontro quando e come ho potuto, particolarmente con la mia parola e con i miei scritti alle loro esigenze. E’ ovvio che gli incontri con i preti specialmente quando essi sono conviviali e, quindi, quando non manca il bicchiere di Chianti, bevuto per superare la tristezza dei loro racconti, non sono immuni dai pettegolezzi, nei riguardi del vescovo, del vicario generale, della curia, specialmente quando il discorso cade sugli ultimi trasferimenti o sull’ultima promozione.Sappiamo, però, che la verità, in una concezione popolana, non ha origini nobili, bensì inquietanti modi di venire allo scoperto. Questo perché spesso è occultata e dura da digerire. Lo sappiamo: ci troviamo nell’epoca delle intercettazioni, dei casi clamorosi riguardanti preti, vescovi e cardinali, vicende costruite anche sull’insinuazione e sulla maldicenza, backstage e fuori-onda rivelatori, ricondotti ai loro retaggi ancestrali. Il tutto per capire più a fondo, per sopportar(si) con tolleranza, per indignarsi in modo autocritico. Tutto quel che avviene autorizza, quindi, gli appartenenti al “basso clero” a fare qualche pettegolezzo privo, però, di cattiveria. A mo’ di esempio, riporto il dialogo fra 8 persone, ridotte però a due per renderlo “materiale comodo” per una più rapida lettura, avvenuto in uno di questi incontri, tenuto nella mia casa di vacanze in Sicilia. Durante quest’incontro, il discorso è caduto per caso su diun prete, molto anziano, parroco da cinquant’anni di una parrocchia, che io chiamo con un nome di fantasia:Arturo. Si tratta di pettegolezzi clericali? Forse ma non più di tanto.
– Avete sentito di don Arturo?
– Che cosa gli è successo? Si è forse sposato?
– Ma che stai a dire? Non ha bisogno.
– Non essere cattivo, come al solito e poi…..è vecchio.
– Ha lasciato la parrocchia?
– Non lascerà mai la parrocchia anche se interverrà il papa. Dice di andarsene ma è sempre là.
– Come ti spieghi la lunga permanenza di Arturo in quella parrocchia, dove sta da mezzo secolo?
– Sicuramente tu lo sai. Si è fatto molto amico il vescovo, che a qualcuno che gli suggeriva di rimuoverlo da quella parrocchia, ha detto ”mi puoi chiedere tutto ma non questo.
– Perché?
– Non fare finta di essere ingenuo. Perché il vescovo ha avuto bisogno di lui.
– In che senso?
– Caro mio, Arturo ha delle amicizie che contano e tu lo sai. Gente importante……. E poi c’è il voto di scambio….. Essere amico di un amico di questa gente può essere molto utile anche al vescovo.
– Che schifo e che vergogna!
– Ma che dici!?…Cerca di essere tollerante, quello che è una vergogna per te e per me non è per tanti ed è il modus vivendi di Arturo da quando era giovane prete, da quando, cioè, è stato nominato parroco in quella parrocchia. Tutti lo sanno e tutti tacciono.
– In 50 anni, però ha fatto sicuramente crescere nella fede i suoi parrocchiani.
– Sicuramente i suoi parrocchiani sono cresciuti come popolazione; da 3000 del 1965 sono diventati oggi più di 20.000. Sono anche, perciò, cresciuti quelli che una volta erano chiamati gli“incerti di stola”. Sono cresciuti anche i rapporti con i politici di turno che con il metodo del “do ut des” hanno sovvenzionato tutti i lavori fatti per la chiesa che è stata totalmente ristrutturata, per la casa canonica che è stata riedificata, per i locali parrocchiali, precedentemente inesistenti. Un grande dispendio di soldi, molti dei quali potevano essere impiegati per togliere almeno le baracche che dal terremoto di Messina ci sono in quel territorio parrocchiale. Per molti anni… come ha fatto quel prete a dormire tranquillo nella sua comoda casa canonica mentre uomini donne vivevano e continuano a vivere nelle baracche?
– Ripeto…..e la fede?
– E’ difficile dirlo. Perché la fede è una virtù infusa da Dio e Diosi può servire anche di un prete, come Arturo.
– Di Arturo ho saputo che fa delle omelie che inducono al sonno.
– Non può essere diversamente. Il nostro prete si fa vanto di non aver letto i documenti del Vaticano Secondo, di non aver letto nessun libro.Diceva: “Introibo ad altare Dei. Addio libri miei”.
– Ma tu sicuramente esageri!
– Ti assicuro che non esagero, forse esagerano i suoi parrocchiani quando dicono che con i soldi che ha guadagnato si è fatto cinque appartamenti. A questo non credo
– Neppure io lo credo…mi sembra una fandonia. Posso capirne uno al massimo due, ma cinque sono troppi.
– Eppure voci malevoli dicono che sono cinque e sono pronti a dire quali sono le loro collocazioni.
– I parrocchiani, però, tollerano tutte queste cose?
– Tollerano e nascondono perché hanno paura.
– Paura?
– Sì, perché già dai tempi del seminario Arturoera un violento, un picchiatore e lo è stato sempre. Sa usare molto bene le mani e che mani!
– Basta! Chiudiamo. Alcune cose che tu hai detto le conoscevo ma altre mi hanno dato il disgusto e per fortuna non abbiamo parlato di aspetti morali.
– Se tu intendi per aspetti morali quelli sessuali, tieni conto che quanto abbiamo riferito di Arturo è più grave di qualunque deficienza d’ordine sessuale. Gli aspetti morali sono eventualmente cavoli suoi, come per ciascuno di noi. Ricordi quello che ci hanno insegnato durante il periodo della nostra formazione? Ci dicevano che dovevamo essere casti o al massimo essere prudenti. Te lo ricordo in latino: “caste saltem caute”.
– Sarebbe ma…
Ai miei amici che ho incontrato in quella cena ma anche a tutti quelli che ho il piacere di ritenere tali, ritornando alla mia professione iniziale che è quella di professore di filosofia, dico: “Non possiamo negare che a volte le critiche, i rumors, i pettegolezzi siano un fenomeno distruttivo, ma altre volte generano un interesse e una curiosità immediati. Ognuna di queste “voci” viene distorta con il tempo, passando di bocca in bocca, la maggior parte delle volte con conseguenze impensabili. Come comportarci di fronte ai pettegolezzi, e, quindi, anche a quelli probabilmente fatti nella mia casa di vacanze? Rispondo facendo riferimento ad un dialogo che vede come protagonista Socrate, conosciuto come “Il triplo filtro”: “Un tale si avvicinò a Socrate per raccontargli qualcosa che riguardava uno dei suoi amici. Prima di ascoltarlo, Socrate decise di sottoporlo ad un piccolo esame, quello del triplo filtro. Il filosofo, infatti, decise di filtrare ciò che il conoscente gli avrebbe raccontato attraverso tre filtri diversi: il filtro della verità, il filtro della bontà e il filtro dell’utilità. Quindi, fece al conoscente tre domande collegate a ciascun filtro: “Sei assolutamente sicuro che quello che mi stai per raccontare è vero? (Filtro della verità)”, “Mi racconterai una cosa buona sul mio amico? (Filtro della bontà)”, “Quello che mi racconti sul mio amico mi sarà utile?” (Filtro dell’utilità).Dopo che il conoscente ammise di non essere sicuro che quello che gli avrebbe raccontato fosse la verità, che non era una cosa buona e nemmeno utile, Socrate concluse chiedendo: “Allora, perché raccontarmelo?”. Questo triplo filtro è una strategia utile da applicare per affrontare un pettegolezzo o una critica non solo quando ci riferiscono un pettegolezzo, ma anche quando siamo noi sul punto di raccontarlo. Il lettore utilizzi il filtro che ritiene più idoneo.