OMS: NEL MONDO 1 DONNA SU 3 VITTIMA DI VIOLENZA DOMESTICA O SESSUALE

Ogni 3 giorni, in Italia, una donna viene uccisa dal partner, dall’ex o da un familiare. Sono, infatti, quasi 7 milioni le donne tra i 16 e i 70 anni – 1 donna su 3 – ad aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. E in oltre il 60% dei casi, sono i partner attuali o ex a commettere le violenze più gravi[2]. Solo nel 2014, nel nostro Paese, sono ben 115 le donne vittime di femminicidio uccise dal marito, dal fidanzato o da un ex. Nella maggior parte dei casi, in aumento dal 2006 passando dal 60,3% al 65,2% del 2014, i figli hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre.
A livello mondiale, rende noto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il 35% delle donne ha subito una violenza domestica o sessuale nel corso della propria vita. L’ OMS considera la violenza contro le donne una delle prime cause di morte o invalidità permanente delle donne. Il 42% ha subìto violenze fisiche o sessuali da uomini con cui avevano avuto una relazione intima e ha riportato gravi danni alla salute. E ancora, il 38% degli omicidi di donne nel mondo– 1 su 4 – sono commessi da un partner.
“Quando una donna subisce una forma di violenza le ripercussioni sulla salute con cui dovrà fare i conti negli anni successivi sono molteplici perché non si corrono rischi solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello della salute mentale oltre ad aumentare drasticamente il rischio di contrarre infezioni come l’HIV. Sono tanti i paesi del mondo dalla Tanzania, al Bangladesh fino al Perù, in cui il primo rapporto sessuale di una donna avviene forzatamente. Uno dei fattori su cui dobbiamo fare leva in tutto il mondo, Italia compresa, è l’educazione già in tenera età e far sì che i servizi sanitari siano equipaggiati per rispondere alla violenza con cure socio-sanitarie adeguate” dichiara Flavia Bustreo Vice Direttore Generale, Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’OMS.
Differentemente da quanto si possa immaginare, dalle indagini sulla popolazione emerge una prevalenza di fenomeni di violenza domestica e sessuale in contesti non bellici. La prima relazione dell’OMS[3] in 10 Paesi principalmente a basso e medio reddito ha rilevato che, tra le donne di età compresa tra 15 e i 49 anni, il 15% delle donne del Giappone come il 71% di quelle etiopi hanno subito una violenza fisica e/o sessuale da un partner nel corso della loro vita, mentre tra lo 0,3 e l’11,5% delle donne ha riferito di aver subito un abuso sessuale da parte di qualcuno che non fosse un partner dall’età di 15 anni.
In tutto il mondo, quasi un terzo (30%) di tutte le donne che hanno avuto una relazione è stata vittima di un atto di violenza fisica e sessuale dal partner e in alcune regioni questa percentuale è molto più alta. Inoltre, studi internazionali rivelano che circa il 20% delle donne e tra il 5 e il 10% degli uomini hanno dichiarato di essere stati vittime di violenza sessuale da bambini. I bambini che crescono in famiglie dove si registrano episodi di violenza possono esprimere nel corso della vita una serie di disturbi comportamentali ed emotivi fino a sperimentare direttamente la violenza.
GRAVI CONSEGUENZE PER LA SALUTE
Le donne vittime di violenza – quando l’episodio non sfocia in un omicidio – risentono di gravi conseguenze sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva a breve e a lungo termine e spesso, ne sono vittima anche i figli. Nel 42% dei casi si tratta di lesioni e infortuni, ma le donne vittime di una violenza sessuale rischiano gravidanze indesiderate, aborti indotti, problemi ginecologici, e infezioni a trasmissione sessuale, compreso l’HIV. Da studi recenti dell’Oms emerge che le donne che sono state abusate fisicamente o sessualmente hanno 1,5 volte più probabilità di contrarre infezioni a trasmissione sessuale tra cui l’HIV, rispetto alle donne che non avevano subito violenze, così come rischiano il doppio delle probabilità di avere un aborto. Infatti, una violenza durante la gravidanza aumenta anche la probabilità di dare alla luce bambini nati morti o di avere un aborto spontaneo. Inoltre, queste forme di violenza possono portare a depressione, a disturbi da stress post-traumatico e a disturbi del sonno, alimentari, stress emotivo e tentativi di suicidio.
“L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta lavorando alla stesura di un Piano di Azione Globale per rafforzare il ruolo dei sistemi sanitari e rispondere alla violenza contro le donne allargando anche il focus a ragazze e bambini, applicando un approccio multisettoriale. Il Piano vedrà il suo momento di lancio e entrata in azione il prossimo anno e fissa gli obiettivi e le strategie che i Paesi dovranno mettere in campo per porre fine a violenze e discriminazioni di genere” spiega Flavia Bustreo. In occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne l’Oms, insieme con l’Agenzia delle Nazioni Unite contro la Droga e i Crimini, presenta un toolkit per aiutare i Paesi a rafforzare la risposta medico-legale alla violenza contro le donne. Un vero e proprio strumento dedicato agli operatori sanitari e legali con raccomandazioni utili su molteplici aspetti, dalla condotta per l’esame medico forense alla documentazione dei casi di violenza, dalle procedure di investigazione al miglioramento degli standard etici dei professionisti coinvolti. Il toolkit dell’Oms ha lo scopo di rendere più efficiente il lavoro degli operatori socio-sanitari, di polizia e giuridici, e di aiutare i legislatori e tutti coloro che coordinano questi sistemi a contrastare e rispondere ai fenomeni di violenza contro le donne. Attualmente, ci sono pochi interventi di cui è stata dimostrata l’efficacia. Sono necessarie maggiori risorse per rafforzare la prevenzione. Per quanto riguarda la prevenzione primaria, è dimostrato che nei Paesi ad alto reddito, l’educazione con l’inserimento di programmi scolastici ad hoc gioca un ruolo importante. Tuttavia, queste pratiche devono ancora essere valutate dopo l’utilizzo in contesti poveri di risorse. Diverse altre strategie di prevenzione primaria sono quelle che combinano la micro-finanza con la formazione per la parità di genere, che promuovono la comunicazione e le competenze relazionali all’interno di coppie e comunità; che riducono l’accesso e l’uso nocivo di alcol.
Per ottenere un cambiamento duraturo, è importante adottare una legislazione e sviluppare politiche che eliminino qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle donne e promuovano l’uguaglianza di genere. L’Oms collabora con una serie di partner per monitorare la dimensione e la natura della violenza contro le donne in diversi contesti, rafforzare la capacità di ricerca per valutare gli interventi per affrontare la violenza, sviluppare orientamenti tecnici per la prevenzione della violenza e per rafforzare le risposte del settore sanitario, diffondere informazioni e sostegno alle iniziative nazionali per far progredire i diritti delle donne, collabora con le agenzie e le organizzazioni internazionali per eliminare la violenza contro le donne a livello globale. La violenza domestica è un crimine che in Italia non viene denunciato in oltre il 90 per cento dei casi. A infliggerla sono gli uomini di casa, mariti, compagni, fidanzati, padri e ad esserne vittime sono sempre le donne. Di queste, oltre 100 ogni anno vengono uccise per mano di un uomo. Nella maggior parte dei casi il colpevole è un partner o un ex partner, solo in rare circostanze si tratta di uno sconosciuto.

L’Italia è stato uno fra i primi paesi a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (conosciuta come Convenzione di Istanbul), entrata in vigore solo recentemente nell’Agosto 2014. Nonostante questo importante passaggio, sono ancora molti i paesi che non hanno ratificato il testo e, data la grande attenzione che l’Italia continua a riporre su questo tema e l’intenso dibattito sul piano sociale e politico, sarebbe interessante pensare all’Italia come promotrice e capo fila nel processo di allargamento della ratifica. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica costituisce il primo strumento internazionale vincolante sul piano giuridico per prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica. È stata ratificata da 16 paesi, compresa – nel settembre 2013 – l’Italia. Il testo della Convenzione si fonda su tre pilastri – prevenzione, protezione e punizione – ponendo particolare enfasi sui primi due, gli unici in grado di sradicare una violazione dei diritti umani ormai sistemica in Europa e particolarmente grave.