Il caso Calogero La Piana

di ANDREA FILLORAMO

Nessuno pensi che il capitolo riguardante luci e ombre dell’episcopato di Mons. Calogero La Piana nell’Arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela si è definitivamente chiuso con le lacrime e la commozione dell’arcivescovo emerito e quelle dei suoi “fedelissimi”, il giorno in cui l’Ecc. mo Prelato comunicava le sue sofferte e improvvise dimissioni. Il bene e il male che hanno avuto come attore il vescovo emerito rimangono ancora e rimangono anche le questioni che l’hanno avuto come assoluto protagonista. Mi riferisco, per esempio, alla questione della “Casa del Clero”(vedi casa delcleromessina.it), sollevata da alcuni preti, che hanno anche firmato una petizione d’intervento al Segretario di Stato Card. Parolin, inviata anche per conoscenza, al Nunzio Apostolico in Italia, al Prefetto della Congregazione per i Vescovi, al Prefetto della Congregazione per il Clero. In realtà, per trattare questo argomento, i firmatari si sono incontrati recentemente coll’Amministratore Apostolico, Mons. Antonino Raspanti, che ha riferito quelle che sono state le spiegazioni e le indicazioni di La Piana. Probabilmente il vescovo di Acireale non può intervenire più di tanto sul caso che potrebbe non essere di sua competenza. Si aspetta, quindi, il nuovo arcivescovo e si indaga, nel frattempo, sulla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota. Alla questione “Casa del Clero”, occorre aggiungere la questione molto delicata dell’“eredità Bertolami”. Al vescovo La Piana, prima delle sue dimissioni, più di una volta solo lo scrivente chiedeva la piena trasparenza su questo argomento, ma i suoi “fedelissimi” negavano persino l’esistenza dell’eredità e ritenevano calunniosa qualunque accenno sulla possibilità che un vescovo potesse accettare una qualsiasi eredità. Solo dopo che tutti i giornali si sono impadroniti della notizia, che veniva anche da altre fonti e dopo la famosa conferenza stampa convocata per dare comunicazioni sulle dimissioni, quando, cioè, una giornalista ha chiesto notizie dell’eredità senza averle, l’arcivescovo emerito, sentitosi aggredito dalla stampa, ha fatto conoscere, non direttamente ma tramite l’Amministratore Apostolico, la sua intenzione di trasferire ad altra persona la funzione di esecutore testamentario e ha manifestato la sua astratta volontà di cedere alla diocesi l’eredità stessa. Speriamo che ciò avvenga. La giornalista, nella stessa conferenza stampa chiedeva di aver notizie anche di un famoso biglietto lasciato dal dott. Bertolami trenta giorni prima della sua morte relativo al vescovo La Piana e dallo stesso consegnato ad una persona di fiducia con l’impegno affidatole di pubblicarlo solo “in caso di necessità”. Anche su questo è calato un silenzio tombale. L’Arcivescovo non ha, quindi, risposto. E’ certo però che la notizia del biglietto non è una “bufala”; sicuramente alcuni l’hanno letto. Ci chiediamo: “E’ stato questo biglietto inviato “a chi di dovere” a determinare le dimissioni dell’ arcivescovo? Se questo fosse vero, come qualcuno giura, sarebbe accertato il fatto che le dimissioni di La Piana non sono state per motivi di salute ma per motivi gravi come previsto dal diritto canonico. Se ciò è accaduto, non dobbiamo meravigliarci. Sappiamo che tanti vescovi, da quando c’è Papa Francesco, si sono dimessi per motivi di salute senza accusare nessuna patologia e in questi casi si può e si deve perdonare la bugia con cui anche i vescovi hanno il diritto di chiedere alla stampa il rispetto della propria privacy. Sempre a proposito delle dimissioni di La Piana, c’è chi, malevolmente, accosta le dimissioni dell’ arcivescovo di Messina a quelle di Vittorelli, abate-vescovo di Montecassino, anche se si tratta indubbiamente di due casi completamente diversi. L’analogia consiste nei modi in cui le dimissioni sono state comunicate.. Cosi, infatti, parlò nella Sala Capitolare dell’Abbazia di Montecassino l’abate-vescovo emerito: “Ad un anno dall’evento che ha cambiato la mia vita – debbo comunicare la mia irrevocabile decisione di lasciare l’incarico di Abate e Ordinario della Diocesi di Montecassino per dedicarmi alla piena riabilitazione del mio stato di salute. Ho messo, in questo tempo, tutto l’impegno per non far mancare guida e servizio a questa Chiesa e alla Comunità Monastica. La mia salute e le terapie che mi sono richieste non mi consentono di continuare sui due fronti”. E’ stata una decisione meditata per lacune settimane. “Dopo lunga riflessione e preghiera – ha aggiunto l’Abate di Montecassino – mi è sembrata la cosa migliore per il bene di tutti. Il Signore che porta a compimento l’opera sua non ci lascerà soli e incustoditi. Io vi porterò con me: il tempo trascorso insieme – ha proseguito – ha segnato profondamente la mia esistenza. Se un rimprovero dovrò farmi, e voi stessi mi avete già fatto, è quello di aver trascurato troppo la mia salute per una dedizione senza misura, ma ero felice di non risparmiarmi in nulla. Rimarrò a tutti vicino con l’affetto e la preghiera. Spero tanto che dopo un periodo di riposo e di cura che mi attende, possiamo ritrovarci fratelli e amici come sempre vi ho considerato e amato”. Sentendo l’ex abate di Montecassino sembra sentire Mons. Calogero La Piana durante la conferenza stampa in cui dava spiegazione dei motivi che l’avevano indotto a rinunciare all’arcidiocesi di Messina. Certo che l’attività pastorale svolta per anni da un vescovo in una determinata diocesi lascia, nel bene e nel male dei “solchi” profondi specialmente nel rapporto con il presbiterio. Ciò è stato anche per il vescovo salesiano di Messina. Sono molti i preti, pertanto, che lo ricorderanno per la benevolenza a loro dimostrata. Sono, però, anche tanti quelli che hanno denunciato trattamenti ritenuti non confacenti con la funzione episcopale. Ciò forse si può dire di ogni vescovo. Ogni vescovo, però, cerca, in ogni modo, data la penuria dei preti, di non lasciare “fuggire” dalla diocesi i sacerdoti e obbligarli di andare alla ricerca di vescovi accoglienti. Mons. La Piana è stato sicuramente un vescovo che ha accolto tanti preti incardinandoli nella diocesi ma anche è stato il vescovo che ha fatto in modo che dei preti “fuggissero” in altri “lidi”. Nessuno, infatti, può dimenticare il caso di P. Sinitò, ex arciprete di Taormina, accolto recentemente proprio dal vescovo di Acireale, che (guarda caso!) è l’attuale amministratore Apostolico di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, e da lui premiato con l’affidamento dell’arcipretura di Calatabiano. Nessuno può dimenticare ancora quanto il Vicario Generale di Acireale, nel giorno dell’insediamento di Sinitò, rivolgendosi a lui, disse fra l’applauso prolungato di tutti i presenti: “oggi è stata fatta giustizia”. Mi viene spontaneo chiedermi: “Vescovo di Messina e Vescovo di Acireale: “due modi di essere? due diverse morali? due diritti canonici?”. Un altro caso di fuga recente da Messina, essendo vescovo ancora La Piana, è quello di don Carmelo Salis, fino ad alcuni anni or sono Parroco della Parrocchia di S. Giacomo e oggi incardinato nella Diocesi Suburbicaria di Palestrina (Roma), fatto ivi membro del Consiglio Presbiterale Diocesano e parroco delle Parrocchie S. Maria de Arce e San Biagio in San Vito Romano (Roma) in questi ultimi giorni fatto Vicario Generale della diocesi. Su questa inaspettata promozione, non conoscendo don Carmelo Salis, non posso esprimere nessun parere.