IL TERRORISMO SUICIDA DELL’ULTRAFONDAMENTALISMO

La gravissima carneficina di uomini e donne nel venerdì nero del 13 novembre scorso a Parigi ad opera di terroristi jihadisti islamici ha dato l’ennesimo colpo di gong alla società occidentale che ancora fatica a comprendere i tempi di guerra totale che stiamo vivendo nostro malgrado. Si ripetono anche questa volta, i discorsi, le domande, gli interrogativi, ne stiamo sentendo a iosa. Con questo intervento voglio continuare a raccontarvi il testo, “Il Fondamentalismo dalle origini all’Isis”, del professore Massimo Introvigne, pubblicato da Sugarcoedizioni (2015). In particolare può essere utile leggere il 5 capitolo, dove si affronta il tema del terrorismo suicida.
Il professore parte da lontano evocando due episodi tragicamente spettacolari che hanno coinvolto movimenti religiosi marginali. Negli Usa, gli studiosi di Scienza religiose li hanno chiamati“incidenti critici”, il primo riguarda il suicidio collettivo di Jonestown in Guyana, del 18 novembre 1978, dove periscono oltre novecento membri del movimento noto come Peoples Temple, fondato e diretto dal reverendo James Warren “Jim” Jones. In secondo episodio riguarda, quello che è successo in Texas, negli Usa, nel 1993, dopo un attacco dell’FBI, alla fine muoiono sessantacinque persone, membri del movimento degli Branch Davidians, fondato da David Koresh.
Dopo questi episodi i media hanno rapidamente interpretato anche altri movimenti che non hanno avuto esiti violenti o di suicidio, con le consuete categorie del “lavaggio di cervello” e della psicopatalogia, e classificandoli tra quelli che professano le teorie millenaristiche e attendono la fine del mondo. Tuttavia questa interpretazione, sia per Introvigne che per altri studiosi,“le ipotesi classiche di ‘lavaggio di cervello’ appaiono come grossolane semplificazioni”.
Pertanto dopo l’11 settembre 2001, gli studiosi di nuovi movimenti religiosi, si son chiesti se “i suicidi e omicidi di cui erano stati protagonisti alcuni nuovi movimenti religiosi potevano avere qualche cosa in comune con gli attentati suicidi dell’ultrafondamentalismo islamico”, e se per caso praticavano il lavaggio di cervello sui loro adepti. Dopo aver citato il testo del politologo americano, Samuel Huntington, Introvigne introduce le tesi di “Economie religiose di guerra”, cominciando a interessarsi del caso della Palestina. Introvigne ha il merito di legare ad un filo conduttore comune, i vari passaggi soprattutto quelli riguardanti il mondo islamico. La questione palestinese, tipico esempio di una economia religiosa di guerra, viene descritta da Introvigne in maniera egregia con ampia documentazione, sfatando tanti luoghi comuni, sulle organizzazioni palestinesi, dai fratelli musulmani ad Al Fatah di Yassir Arafat, Abu Mazen, fino ad Hamas, che ha vinto le elezioni e sostiene che tutti i musulmani del mondo dovrebbero combattere con loro per liberare la Palestina da Israele. Qui si può evidenziare quello che Introvigne definisce il terrorismo del Jihad locale e del Jihad globale. La battaglia per la Palestina, per Hamas,“è la madre di tutte le battaglie”. Introvigne, a questo punto dà conto delle due dimensioni, da una parte Hamas e i palestinesi, dall’altra Osama bin Laden, allievo di Abdullah ‘Azzam, che rifiuta la centralità assoluta incondizionata della questione palestinese. E’ significativo per Introvigne che la storia di Al-Qaida non ha mai incrociato quella della Palestina. In sequenza vengono analizzati i casi dell’Iraq da Saddam Hussein al dopo Saddam. Il caso Algeria, Tunisia, dove si sottolinea una certa evoluzione dall’islam fondamentalista a quello conservatore. Dove si cita il pensatore Rachid Ghannouchi che critica il modello francese di democrazia, che combatte la religione, per simpatizzare per quello anglosassone, dove non esistono aspri conflitti fra l’elemento religioso e quello civile. Pertanto secondo Introvigne, Ghannouchi presenta un modello originale di democrazia islamica. E se c’è stato un rifiuto della democrazia da parte di certi movimenti islamici è perché gli è stato sempre presentato il modello francese. La lotta francese contro il velo e ogni forma d’islam politico demonizzata come fondamentalismo, può indurire, o meglio radicalizzare i musulmani che sarebbero stati potenzialmente moderati.
Ma il testo del professore torinese analizza, aiutandosi con il contributo di diversi studiosi, il pianeta Al-Qaida, studiando le sue origini e che cosa ha rappresentato e rappresenta, in particolare dopo l’11 settembre 2001. Secondo lo studioso cingalese Rohan Gunaratna, “tra i capi terroristi contemporanei, Osama bin Laden non eguali[…].Anzitutto, è il solo leader ad avere costruito un gruppo terroristico veramente multinazionale, che può colpire ovunque nel mondo[…]. In secondo luogo, si è costruito un seguito popolare nel mondo islamico, ed è oggetto quasi di venerazione in ambienti musulmani dell’Asia, dell’Africa e del Medio Oriente, e tra gli emigranti di prima e seconda generazione in America, Europa e Australia”.
Il testo fa riferimento ai piani del potente network terroristico, anche a quelli non riusciti. Al-Qaida si presenta come una specie di editore,questi può avere le sue idee su quali libri potrebbero avere successo, ma nella maggior parte dei casi, riceverà proposte da potenziali autori. Bin Laden ascoltava, dava consigli e invitava i terroristi ad addestrarsi in Afghanistan, fornendogli di armi e di fondi. Al-Qaida 2 per Introvigne funzionava come un network e non come movimento, prima c’era il supermercato in Afghanistan, con la caduta dei talebani, il supermercato è stato chiuso. Ma Al-Qaida, funziona lo stesso con il metodo franchising. “Gruppi autonomi non creati da Al-Qaida progettano gli attentati, ‘ispirati’ dai documenti di bin Laden e al-Zawahiri”. In Iraq si passa ad Al-Qaida 3, qui bin Laden entra in dissidio con Abu Mus’ab al-Zarqawi che peraltro il suo gruppo ha causato ben trentamila morti nel paese, scandalizzando molti musulmani per i suoi metodi brutali. Il 7 luglio 2006 al-Zarqawi viene ucciso dagli americani, forse imbeccati dalla stessa Al-Qaida. I seguaci del terrorista giordano organizzeranno lo “scisma” che porterà alla formazione dell’ISIS, lo stato islamico dell’Iraq e della Grande Siria, il cosiddetto Da’ish o Daresh.
Infatti, “pur sconfitto sul piano militare, al-Zarqawi, ha però diffuso l’idea che si possa e si debba passare a una al-Qaida, che non si limiti agli attentati ma controlli veri e propri “Stati terroristi” ultra-fondamentalisti”. Le “primavere arabe”, creano una situazione caotica di cui approfittano sia al-Qaida sia i suoi dissidenti “eretici” e quindi creano “emirati” che funzionano come Stati con un’amministrazione, una polizia, scuole, ospedali. Per ora mi fermo nel prossimo appuntamento ci occuperemo dell’Isis e della giustificazione del suicidio.

Domenico Bonvegna