Anche nella chiesa ci sono gli arrampicatori

di ANDREA FILLORAMO

E’ indubbio che, nella Chiesa l’opera di trasparenza e di pulizia, è stata avviata in modo incontrovertibile da Papa Benedetto XVI. Il papa tedesco, però, non aveva i mass media dalla sua parte e non godeva di sostenitori influenti sui social o in televisione. E così, papa Benedetto, probabilmente vinto dallo scoraggiamento e dagli acciacchi dati non solo dall’età che gli rendevano difficile o impossibile imporre la trasparenza a cominciare dai suoi più stretti collaboratori, preferì, con piena consapevolezza dei suoi limiti, cedere il passo a Papa Francesco. Il nuovo papa, con coraggio propose e ancor oggi propone un’autentica rivoluzione “in capite et in membris”, di cui la Chiesa sicuramente ha bisogno. Egli, a differenza del suo predecessore, si è sentito sostenuto dai mezzi di comunicazione, sempre pronti a diffondere a trasmettere la sua parola e ogni suo gesto, facendolo riconoscere, da cattolici e non, come l’unico leader, che preside la carità nel mondo. Il papa argentino, inoltre, a differenza di Benedetto XVI, non è soggetto allo sconforto; egli è un gesuita, seguace del militare Ignazio di Lojola e, come tale, sa come combattere la sua battaglia. Cosa farà adesso che un nuovo scandalo sta investendo il Vaticano a causa del libro ‘Avarizia’ di Emanuele Fipalditti, che parla non solo dei membri della Chiesa, ma anche della gestione distorta del fondi di beneficenza? Il giornalista, infatti, menziona vescovi che ordinano abiti su misura per migliaia di euro; che viaggiano in business class; che pagano affitti da 2.900 euro mensili e acquistano un sottolavello per la modica cifra di 4.600 euro. George Pell, per esempio, che è un cardinale australiano, al quale Papa Francesco ha affidato il compito di raddrizzare gli abusi economici dell’era del suo predecessore avrebbe tradito la sua fiducia. In sei mesi, il porporato, infatti, avrebb speso 501mila euro per il mantenimento di se stesso e del suo ufficio composto da 3 elementi, 7.292 euro per la tappezzeria, 47.000 euro per mobili. Che dire, poi, del rapporto fra Vaticano e fondi di beneficenza? Lo Ior ne gestisce 4, La Commissione cardinalizia con a capo il cardinal Santos Abril y Castello ha avuto un saldo attivo di 425.000 euro, ma non ha versato un centesimo per i poveri. Il Fondo per le opere missionarie ha un saldo attivo di 139.000 euro, ma ne ha versati solo 17.000. Il fondo nato per il finanziamento delle ‘Sante Messe’, con un saldo attivo di 2,7 milioni di euro, ha girato ai sacerdoti di tutto il mondo un totale di 35.000 euro. Come ciliegina sulla torta, c’è, infine la ristrutturazione costata circa 200.000 euro dell’alloggio del cardinal Bertone. Essa sarebbe stata pagata col denaro della Fondazione Bambino Gesù, che si occupa dei bambini malati, ma Bertone dice di non sapere nulla dei 200 mila euro versate dalla Fondazione. C’è da chiedere: “ perchè quello che fu il Segretario di Stato e che adesso ha 80 anni e non è più nemmeno cardinale elettore in un prossimo conclave, deve godere di una “reggia”di appartenenza della Santa Sede? Essendo un salesiano, potrebbe essere ospite gradito di un alloggio del suo Ordine Religioso, Cosa fa, dinnanzi a questa nuova bufera il papa?….Per ora non agisce, sicuramente vuol vederci chiaro ma soltanto parla e dice:“Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di mettere fondamenta, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”.“Invece quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, questo non si può dire, che sia una Chiesa che ministra, che sia al servizio, bensì che si serve degli altri. Che il Signore ci dia la grazia che ha dato a Paolo, quel punto d‘onore di andare sempre avanti, sempre, rinunciando alle proprie comodità tante volte, e ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazioni di una doppia vita: mi faccio vedere come ministro, cioè come quello che serve, ma in fondo mi servo degli altri”. Certo che rimane molta strada da fare nella “pulizia della Chiesa” e forse occorre molto tempo per vedere gli effetti dell’impegno del papa in questa lotta immane per assicurare la trasparenza. Papa Francesco ha più volte ribadito che per la comunità ecclesiale l’attenzione per i poveri è prioritaria. In tale prospettiva la centralità di una trasparenza testimoniata nelle relazioni e nel governo dei processi economici e gestionali è essenziale e imprescindibile. La trasparenza non è soltanto un obbligo per chi amministra i beni della Chiesa, ma oltre a essere una formidabile opportunità pastorale, può trasformarsi in una risorsa. Una gestione chiara, comprensibile, spiegata e verificabile, costituisce una testimonianza cristiana autentica e efficace, in grado di suscitare ulteriore generosità. La strumentalità dei beni e di tutte le risorse della Chiesa, che ha nella salus animarum (salute delle anime)la finalità ultima dell’evangelizzazione e della missione, fa sì che tale sensibilità cresca e si sviluppi anche nelle comunità ecclesiali. Inoltre, per evitare procedure improprie e concentrazioni di potere, vanno promossi e incoraggiati comportamenti ecclesiali che favoriscano relazioni, procedure e gestioni trasparenti, espressione di collegialità, corresponsabilità e collaborazione tra i fedeli. Ma, purtroppo manca nella Chiesa Universale e nella Chiesa locale la cultura della trasparenza. Tutto è coperto dal segreto. Flores D’Arcais rintraccia il documento vaticano del marzo 1974, cioè una “Istruzione” emanata dall’allora segretario di Stato cardinale Jean Villot, seguendo le volontà espresse da Paolo VI in un’udienza ad hoc, che si riferisce alla pedofilia del clero ma che può essere estesa a tutti i reati e a tutto ciò che si vuole mantenere segreto. Leggiamone i passi cruciali. “In taluni affari di maggiore importanza si richiede un particolare segreto, che viene chiamato segreto pontificio e che dev’essere custodito con obbligo grave … Sono coperti dal segreto pontificio …”e qui seguono numerosissimi casi, tra i quali due fattispecie in entrambe le quali rientrano i casi di pedofilia ecclesiastica. Il punto 4 (“le denunce extra-giudiziarie di delitti contro la fede e i costumi, e di delitti perpetrati contro il sacramento della penitenza, come pure il processo e la decisione riguardanti tali denunce”) e il punto 10 (“gli affari o le cause che il Sommo Pontefice, il cardinale preposto a un dicastero e i legati della Santa Sede considereranno di importanza tanto grave da richiedere il rispetto del segreto pontificio”). Ancora più interessante il minuzioso elenco delle persone che “hanno l’obbligo di custodire il segreto pontificio”: 1) I cardinali, i vescovi, i prelati superiori, gli officiali maggiori e minori, i consultori, gli esperti e il personale di rango inferiore, cui compete la trattazione di questioni coperte dal segreto pontificio; 2) I legati della Santa Sede e i loro subalterni che trattano le predette questioni, come pure tutti coloro che sono da essi chiamati per consulenza su tali cause; 3) Tutti coloro ai quali viene imposto di custodire il segreto pontificio in particolari affari; 4) Tutti coloro che in modo colpevole, avranno avuto conoscenza di documenti e affari coperti dal segreto pontificio, o che, pur avendo avuto tale informazione senza colpa da parte loro, sanno con certezza che essi sono ancora coperti dal segreto pontificio”. Insomma, certosinamente tutti. Non c’è persona che possa direttamente o indirettamente entrare in contatto con tale “sporcizia” a cui sia concesso il benché minimo spiraglio per poter far trapelare qualcosa.