Diocesi di Messina tra “guerra e pace”

di ANDREA FILLORAMO

E’ indubbio, nella scelta, nella nomina e nella rimozione dei vescovi, il papa Bergoglio “ce la mette tutta”. E’ stato sempre questo il “pallino” che lo ha accompagnato a partire da quando era arcivescovo di Buenos Aires, quando, cioè, aveva sofferto parecchio l’ostilità del nunzio Adriano Bernardini, in carica dal 2003 al 2011 e oggi rappresentante pontificio presso lo Stato italiano, che promuoveva la nomina in Argentina di vescovi invisi a lui. Almeno così ci racconta Elisabetta Piqué, la biografa più accreditata di Bergoglio, nel libro "Francesco, vita e rivoluzione" edito in Italia da Lindau. Adesso, da papa egli con determinazione rivoluziona la composizione della congregazione per i vescovi e procede alla nomina di nuovi vescovi non solo in Argentina. Egli sceglie personalmente e molto spesso salta le procedure se esse conducono ad esiti a lui non graditi. Complessivamente, in Italia, sono una quarantina le circoscrizioni ecclesiastiche pronte a un avvicendamento. Abbastanza per un ricambio in profondità nel corpo della conferenza episcopale italiana. In questi giorni egli ha nominato i vescovi di due importanti arcidiocesi italiane: Bologna e Palermo. Due diocesi che hanno, o meglio, avevano una consolidata tradizione cardinalizia.
Con papa Francesco, però, l’automatismo della nomina a cardinale dei vescovi di queste città non vale più, come non è valso per Montenegro, arcivescovo di Agrigento, fatto cardinale. Ha scelto per queste due arcidiocesi due “preti di strada”, due parroci; non più, quindi, dei preti senza esperienza pastorale, quella cioè che si realizza nelle parrocchie, in mezzo alla gente, là dove si ama, si soffre, dove incontri il povero che chiede e il ricco che inviti a dare al povero. Alla guida di queste due importanti diocesi infatti sono stati scelti dal pontefice monsignor Matteo Maria Zuppi e don Corrado Lorefice. I due sacerdoti sono accomunati da una forte esperienza pastorale con i fedeli. Una novità rispetto alla tradizionale carriera nelle gerarchie ecclesiastiche. Don Corrado Lorefice, vicario episcopale della diocesi di Noto, si è distinto in questi anni per il suo forte impegno contro la mafia e per i suoi scritti su don Puglisi, tanto da esser conosciuto come il “don Ciotti” della Sicilia. Lorefice è l’autore di un libro su don Dossetti in merito all’impegno della Chiesa per i poveri, tema su cui Francesco ha dimostrato grande sensibilità, a partire dalla scelta del suo nome. Il nuovo vescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, dal 2012 vescovo ausiliare di Roma per il settore Centro, è stato per molti anni un parroco, ed è un esponente della comunità di Sant’Egidio. Anche Zuppi si è caratterizzato per la sua grande attenzione agli ultimi. Fra le diocesi “sedi vacanti”, c’è quella di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela, arcidiocesi importantissima per la sua storia ma estremamente problematica particolarmente dopo le dimissioni di Mons. La Piana, sulle quali ancora si discute. La “frammentazione” del territorio peloritano, ma in modo particolare la frammentazione del clero, rendono difficile l’opera stessa pastorale se non è accompagnata da una grande capacità di ascolto, una saggia ridistribuzione degli “oneri” e dei “ servizi”, un notevole impegno per “smantellare” ogni segno di distinzione fra gli “addetti al lavoro”, per far comprendere che nella chiesa non ci sono “presbiteri di serie A” e quelli di “serie B”, che essere parroco di una parrocchia di città non è un privilegio, un beneficio. Il vescovo non è un vescovo-conte. Il Medioevo è finito da tanto tempo. Si spera, perciò, che papa Francesco, lui personalmente, nomini il nuovo arcivescovo di Messina. Leggo su “La Civiltà Cattolica”, quanto scrive il teologo gesuita argentino Diego Fares, nell’articolo “La figura del vescovo in Papa Francesco”. Il teologo analizza i due gesti più importanti di Papa Bergoglio: “l’essersi abbassato, con la testa china, a ricevere la benedizione del popolo, la sera stessa dell’elezione; il passare e lo stare tra la gente attraverso una corporeità coinvolta”. A parere del Fares, l’identikit del vescovo, di ogni vescovo, emerge da questi due gesti ed è profondamente legato alla Lumen Gentium: il Vescovo è Cristo che “si abbassa” e “discende” per cercare i poveri; ed è un pastore che cammina insieme al popolo di Dio. Speriamo che anche per la diocesi di Messina, che attende il nuovo vescovo, questa sia “la volta buona”.