Ma che uomo sei se non hai…il cielo

Mt 5,1-12a

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
"Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

di Ettore Sentimentale

Nella coincidenza della Domenica (XXXI per annum) con la Solennità di Tutti i Santi, la Chiesa, consapevole della portata vitale delle ripercussioni personali e comunitarie di quest’ultima Festa, invita i suoi figli a celebrarne con profonda convinzione i risvolti evangelici.
La pagina matte una proposta alla nostra riflessione richiederebbe un approfondimento più sereno e articolato per gustarne il contenuto “rivoluzionario” e coinvolgente. Tuttavia, in questa sede desidero cominciare il commento partendo proprio dalla fine: “il cielo” promesso come ricompensa ai poveri, piangenti, miti, misericordiosi, etc…
Evidentemente aspirare al cielo non può essere solo un pio desiderio che fa da sottofondoalle scelte di tutta una vita. Sarebbe sicuramente un’ipotesi molto riduttiva alla quale bisognerebbe opporsi con tutte le proprie forze. Si tratterebbe, infatti, di accettare che ognuno di noi possa essere un piccola parentesi fra due immensi vuoti, compresi fra la nascita e la morte.
Le beatitudini ci danno, invece, la certezza che, appoggiati in Gesù, il “beato” per eccellenza perché povero, mite, perseguitato…Dio conduce verso la sua vera pienezza il desiderio di vita, di giustizia e di pace racchiuso nella creazione e nel cuore dell’umanità.
Nel momento in cui si parla di cielo, bisogna avere la determinazione di ribellarsi allo stato nel quale vive la stragrande maggioranza di uomini e donne colpiti dalla miseria, dalla fame, dall’umiliazione e dalla sofferenza, il tutto avvolto dall’oblio generale. Guardare a Gesù, il protagonista delle beatitudini, significa credere in una vita dove non vi sarà povertà, né dolore e nemmeno tristezza.
Purtroppo, però, il nostro sguardo limitato e il corto respiro su tali questioni vitali ci allontanano da una scelta alternativa. Troppe volte siamo distratti da ciò che è effimero e ci ritroviamo nelle parole di Renato Zero:”Quante volte ho guardato il cielo ma il mio destino è cieco e non lo sa…”.
Le beatitudini ci offrono l’opportunità di far scoccare la scintilla avvicinandoci a tante persone sofferenti, sprofondate nella depressione, stanche di vivere e lottare: offriamo loro la nostra “mediazione” del messaggio evangelico per far percepire lo sguardo, la tenerezza e l’abbraccio di Gesù. È semplicemente un modo per contagiare tutti della “santità” divina che ha toccato e smosso anche le nostre persone.
Festeggiare la Solennità di tutti i Santi, significa non rassegnarsi mai al fatto che tanti sforzi per rendere il mondo più umano possano cadere nel vuoto.
A tal fine sarebbe interessante conoscere i “veri santi” (non solo quelli ufficialmente canonizzati) che stando alle beatitudini ammontano a una cifra stratosferica se si dovessero contare tutti i poveri, perseguitati, miti, misericordiosi…vissuti amando nell’anonimato senza aspettare alcuna ricompensa in cambio.
Tutto questo comporta sperare, cercare, volere il cielo…
E se così non fosse, allora la conclusione è senz’ appello: “ma che uomo sei se non hai…il cielo” (R. Zero).