IL VESCOVO CHE VORREI PER RISANARE LA DIOCESI

di ANDREA FILLORAMO

Per l’elezione di un vescovo non ci sono tempi precisi e viene seguita una prassi ben consolidata. Fino al V secolo era il popolo (laici e preti) che sceglieva il nuovo pastore, oggi si segue una prassi diversa. L’elezione del vescovo avviene nel massimo segreto. Non ci sono assemblee pubbliche con laici, clero e cittadini, dove si fa una verifica della situazione della diocesi e dove si esprimono desideri e richieste. Non ci sono “Primarie”. Sorvolando sui vari criteri che portano ad una determinata scelta per una determinata diocesi, diciamo che l’elezione è di nomina papale. Il Papa, quindi, speriamo al più presto, nominerà il nuovo arcivescovo di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela, che succederà a Mons. Calogero La Piana che si è dimesso. Auspichiamo che la scelta risponda ai reali bisogni dell’arcidiocesie non a una sistemazione “restauratrice”, che venga scelto un autentico “uomo di Dio ”che ama e si faccia amare da tutti, senza alcuna esclusione. L’arcidiocesi – lo sappiamo – è una sede metropolitana importante, che attende un vescovo- pastore, un vero padre capace di ascolto e di dialogo, disponibile alla collaborazione con le molte e interessanti realtà della città e della diocesi, sempre in ascolto di tutti i preti e non di alcuni soltanto. E’, infatti, attraverso il loro ascolto e in comunione con loro, che egli affronta i molteplici problemi di una diocesi grande e difficile. Il vescovo, inoltre, abbia cura nella scelta dei suoi collaboratori. A proposito di tale scelta, sulla quale mi si permetta di dilungarmi, sappiamo quanto per un vescovo siano importanti i collaboratori, ad iniziare dal Vicario generalee che le variabili per la scelta giocano un ruolo importante. Sicuramente sbaglia il vescovo se per mania di “giovanismo” usa il criterio della rottamazione degli anziani per cedere all’inesperienza dei giovani. E’ stato questo, a mio parere, un errore formidabile del vescovo precedente di Messina. Nel processo di selezione, le variabili – è bene evidenziarlo- sono così numerose e talvolta imprevedibili, che un vescovo saggio deve darsi come obiettivo la limitazione degli errori possibili, piuttosto che la loro totale eliminazione. Nella maggior parte dei casi, chi sceglie i suoi collaboratori, tende a scegliere fidandosi del suo intuito, dando poca rilevanza al processo di selezione, poiché ritiene che la validità della persona vada provata sul campo. Non dimentichiamo però, che ci devono essere delle vere motivazioni che determinano la scelta dei collaboratori. Questo è valido per chiunque deve dividere il proprio lavoro con altri. Non è sufficiente, pertanto, ‘il senso del dovere; da escludere il piacere di ‘accontentare’ o il desiderio di compiacere gli altri.Il fallimento di un episcopato e perlopiù il fallimento dei collaboratori. Ritengo, perciò, che il nuovo arcivescovo di Messina non includa nella listadei suoi collaboratori quelli che hanno “ scheletri nell’armadio” che prima o dopo verranno fuori ”e quei preti carrieristi, che attendono il nuovo vescovo, per salire sul carro del vincitore. Lo sappiamo. il carrierista, nella Chiesa e non solo, c’è sempre stato. Egli è un uomo che misura le sue forze, la sua intelligenza, il suo coraggio, ma forse non è mai stato, nella Chiesa e nella arcidiocesi di Messina, in questo momento particolare, così mediocre. Egli appartiene ad una delle categorie umane più ripugnanti, forse una delle più ciniche, miserabili. Il carrierista è un uomo al ribasso, di infimo profilo, uno che gioca in difesa più che all’attacco, si defila e striscia, tradisce con parsimonia, e anche l’odio in lui è un sentimento che poco s’innalza, ma solo per ignavia. Egli sa che deve arrivare dove vuole arrivare, a costo di perdere gli affetti, gli amici più cari, che è pronto a vendersi nonostante tutto, che sta con il suo capo fino a che è sull’altare, l’abbandona quando lo vede sulla polvere e forse ( perché non pensarlo?) nella polvere forse ha contribuito a farlo cadere proprio lui. E’ assurdo, poi, che “ se la tiri”. Mi risulta che in un Vicario Generale a dei preti che manifestavano idee diverse dalla sua, con forza ha affermato: ”ma non sapete che il vicario generale sono io…io sono il vicario generale……. L’avete capito?”. Quando finalmente nella Chiesa gli incarichi verranno dati non per “chiamata diretta” da parte dell’Ordinario? Quando finalmente anche nella Chiesa e nelle diocesi verrà applicatoil sistema partecipativo, che certamente non risolve tutti i problemi ma almeno controlla o stempera quei sentimenti che sono l’invidia e la gelosia, presenti in modo particolare nel clero? A tal proposito Papa Francesco dice: ”La persona invidiosa, la persona gelosa è una persona amara: non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia, sempre guarda ‘che cosa ha quello e io non ne ho’. E questo lo porta all’amarezza, un’amarezza che si diffonde su tutta la comunità. Sono, questi, seminatori di amarezza. E il secondo atteggiamento, che porta la gelosia e l’invidia, sono le chiacchiere. Perché questo non tollera che quello abbia qualcosa, la soluzione è abbassare l’altro, perché io sia un po’ alto. E lo strumento sono le chiacchiere. Cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità. Sono le armi del diavolo”.