Mi dimetto per motivi di salute…

di ANDREA FILLORAMO

Le dimissioni di un vescovo prima dei 75 anni di età, vuoi per motivi di salute, vuoi per altri “gravi motivi”, non ci devono meravigliare più di tanto. Così è previsto dai sacri canoni. Dal pontificato di Benedetto XVI ai nostri giorni, si è trattato di una vera epurazione dell’episcopato mondiale, nella quale hanno lasciato i loro posti decine di pastori.Non abbiamo statistiche ufficiali sui vescovi che liberamente o obbligati dal S. Padre hanno presentato le loro dimissioni anticipate. Quando un vescovo lascia il posto per malattia o per “cause di forza maggiore”, la Sala Stampa vaticana diffonde una nota di tre righe per informare che la dimissione è stata accettata dal Papa, secondo il canone 401.2 del Codice di Diritto Canonico. Dall’arrivo di Joseph Raztinger sul trono di Pietro, le dimissioni si sono moltiplicate. Da aprile 2005 a oggi hanno lasciato con questa formula un centinaio di vescovi. Riferisco alcuni casi: hanno lasciato per malattia gli statunitensi John Jeremiah McRaith, della diocesi di Owensboro, Ignatius Anthony Catanello, di Brooklyn, Daniel Buechlein, gli italiani Karl Golser, di Bolzano-Bressanone e Filippo Strofaldi di Ischia. Il resto dei presuli si è dimesso, tra l’altro, o per una cattiva amministrazione economica, o per problemi di natura sessuale. In questi ultimi casi l’uscita è velocissima, come nei casi dell’argentino Fernando María Bargalló, della diocesi di Merlo-Moreno, che è stato ripreso mentre faceva le vacanze con una amante, o del cileno Marco Antonio Órdenes Fernández, sotto inchiesta per abusi. Benedetto XVI e Papa Francesco non hanno tollerato le condotte sessuali dei prelati. L’elenco è molto nutrito. Se vogliamo solo citare i vescovi licenziati dal Papa emerito per tali motivi, tralasciando l’elenco di Papa Francesco che ancora si costruisce in itinere,basta fare una veloce ricerca sulla Rete e scopriamo che hanno lasciato il loro posto:TamásSzabó, ordinario militare dell’Ungheria; i centroafricani Paulin Pomodino, di Bangui, e Francois-Xavier Yombandje, di Bossangoa; l’uruguagio vescovo di Minas, Francisco Domingo Barbosa Da Silveira; il prelato territoriale di Trondheim, Norvegia, Georg Müller; l’indiano di Cochin, John Thattumkal; il canadese di Antigonish, Raymond Lahey; il belga di Bruges, Roger Vangheluwe; il messicano e vicario apostolico di San José del Amazonas, Alberto Campos, e l’ausiliare di Los Ángeles, California, Gabino Zavala. In diversi paesi (soprattutto in Irlanda, Stati Uniti e Australia) la cattiva gestione della crisi degli abusi sessuali commessi da preti cattolici ha interrotto bruscamente altre numerose carriere ecclesiastiche. In diversi paesi, ancora, inclusa l’Italia, si sono registrati diversi episodi di pessima amministrazione economica che non sono stati ignorati da Papa Benedetto e non sono ignorati da Papa Francesco: ambedue impegnati in una chiara “pulizia” della Chiesa.