Per fortuna la Chiesa non fa i preti con lo stampino

Andrea Filloramo, da un anno scrivi su IMGpress e molti sono i lettori che apprezzano i tuoi articoli che dimostrano una piena competenza degli argomenti che tratti, specialmente dei problemi ecclesiali e particolarmente dei problemi della chiesa messinese. Sarebbe interessante sapere come ti approcci a questi problemi vivendo molto lontano…
Ti ringrazio innanzitutto, caro direttore, che mi hai offerto l’opportunità di scrivere sulla Chiesa di Messina. Non nascondo che mi sento tornare indietro, ritornare cioè alle mie “radici”, in un ambiente che è stato anche mio. Rispondo alla tua domanda… Ormai tutti lo sanno che per scrivere i miei “pezzi”, mi servo di tutte le informazioni provenienti dalla cerchia dei miei vecchi amici preti. Di essi non sono, come qualcuno ha detto, il portavoce. Portavoce è chi parla per conto di altri; chi esprime il pensiero di un altro. Ritengo di avere l’intelligenza per vagliare e filtrare con molta attenzione le informazioni che mi pervengono e di scegliere autonomamente i temi da trattare. Ovviamente tengo conto delle sensibilità dei miei amici, delle loro apprensioni e delle loro sofferenze di preti incardinati in quella arcidiocesi che è a Messina.

Prima di fare riferimento ad alcuni argomenti da te trattati in quest’anno nel nostro giornale, permetti che ti chieda se, tenendo conto delle tue esperienze, noti una differenza fra il profilo del prete messinese e quello del tuo luogo di residenza…
La domanda è estremamente difficile. Per fortuna la Chiesa non fa i preti con lo stampino. I sacerdoti risentono sicuramente della “cultura” del territorio di appartenenza, della religiosità del loro popolo. Nel rispondere alla tua domanda so che rischierei, quindi, di fare una generalizzazione che in ogni caso sarebbe incongrua e, quindi, porterebbe fuori pista. Dico soltanto che io mi sento molto legato ai preti meridionali che sono molto più vicini alla gente, non sono né aspirano a diventare dei manager. Essi possono costruire con papa Francesco la chiesa dei poveri.

Più di una volta tu, nei tuoi primi articoli, hai messo in luce che nella diocesi di Messina vi sono dei preti da te chiamati “leccapiedi”…
Per carità! I leccapiedi sono dovunque e albergano anche nelle curie, nelle parrocchie e in tutte le istituzioni non soltanto ecclesiastiche. Cerchiamo, innanzitutto, la parola “leccapiedi” in qualsiasi dizionario e leggiamo che il termine si riferisce a “persona che adula in modo servile”. Non occorre, quindi, cercare, fra i preti, i leccapiedi con il lanternino. E’ vero che l’ipocrisia è prettamente clericale, ma è vero anche che l’adulazione anche per i preti è un atteggiamento o comportamento da condannare in quanto chi asseconda, lusinga o corteggia altri lo fa per uno scopo personale ben preciso o per sciatto servilismo. Talvolta, però, e mi dispiace dirlo, i preti psicologicamente più labili diventano preda di questo orrendo difetto, di cui con l’andare del tempo non si rendono più conto di aver svenduto la propria personalità per una parrocchia più grande, un ufficio, una prebenda o per un titolo desiderato. A tal proposito, rimango colpito dalla presenza a Messina di un numero esorbitante di monsignori. Più o meno è il “Todoscaballeros” di Carlo V che, ad Alghero nel 1541, insignì di questo titolo le orde di straccioni che si lamentavano dei loro stenti.

Ma se c’è uno che adula ci deve essere anche la persona che si fa adulare che diventaschiavo dei suoi adulatori…
Proprio così. Un uomo di vera coscienza e di vera spiritualità, di autentico valore, non ha bisogno di essere adulato e riconosciuto dagli altri nel suo valore! Ma tacendo, e a volte parlando, e a volte anche soffrendo dice e fa quello che deve fare, incurante dei gruppi di persone che si appoggiano le une e le altre autocompiacendosi a vicenda e autoconvincendosi a vicenda del proprio "alto valore"!!! Spesso il vero valore è proprio in colui che non cerca l’approvazione o il riconoscimento "sociale"…. Ma spesso chi cerca e si appoggia agli adulatori vuole solo aumentare il proprio potere a vantaggio del tutto personale e non esita per questo a manipolare gli altri di cui anche lui è schiavo. 

Che ne pensi di Mons. La Piana, Arcivescovo di Messina, di cui spesso hai scritto?
Non ho alcuna difficoltà. Innanzitutto dico che rispetto il suo ruolo di vescovo; come ho scritto più di una volta non lo conosco perfettamente. Se dovessi accogliere tutte le lamentele e i pettegolezzi dovrei parlare male di lui, ma mi guardo bene.

Ma, al di là dei pettegolezzi che l’accompagnano, che idea ti sei fatta di lui?
L’idea che mi sono fatto di lui è che è un bravo salesiano, anzi che è stato e continua a essere unbravo ispettore salesiano e che, nel trasferire i preti da una parrocchia all’altra non viene mai meno a questa funzione a lui congeniale. E’ ovvio che mi pongo e molti si pongono la domanda se questo è il compito del vescovo. Sicuramente non lo è e, dinnanzi ad uno che impone e minaccia il richiamo all’ubbidienza, sono comprensibili la disubbidienza, la noncuranza, la paura, l’intolleranza, la lontananza. Sono rimasto scioccato quando un prete colpito da una grave malattia, alla dottoressa che gli comunicava il risultato del referto e che gli diceva che la sua malattia era di origine psico-fisica, commentava: “è vero, dottoressa, la mia malattia si chiama Calogero La Piana”. Quel prete forse esagera ma è grave che l’abbia pensato.Sono rimasto anche più scioccato quando ho letto tutta la documentazione consistente negli atti con cui un ricco borghese messinese lo faceva erede universale dell’immenso suo patrimonio. Mi riferisco a un testamento olografo datato 23/3/2012,poi in parte annullato per volontà del testatario, del testamento pubblico datato 16/4/2013 che sostituiva il testamento olografo; di un documento datato 22/4/2013 conservato gelosamente, dell’atto di morte datato 27/5/2013.

Se ciò è avvenuto è cosa molto grave…
Sicuramente! Ripeto: non giudico e ti prego di non giudicare. “Oportetsilentiumfacere.” E’ preferibile chiudere almeno per ora questo argomento. Non ne avrei parlato se non me l’avessi chiesto.
Noto che conservi con cura la documentazione che riguarda l’arcivescovo La Piana. Possiedi o almeno hai letto anche le documentazionisul caso Sinitò, cioè sul caso dell’arciprete di Taormina licenziato dal vescovo e fatto apparire dal vescovo dimissionario?
Senz’altro! Conosco Sinitò da una vita. Non è proprio vero che egli ha presentato “sua sponte” le dimissioni dalla parrocchia ma è stato costretto dall’arcivescovo a presentarle. Nella minuta, fatta leggere al vescovo, aveva scritto: “il vescovo mi costringe a….”. Cosa fa La Piana? Taglia quella frase e scrive: “volontariamente mi dimetto” e così Sinitò fortemente stressato, in un momento di debolezza, ha firmato la sua condanna. Di casi come quello di Sinitò ce ne sono purtroppo tanti.

Ma queste notizie come le hai avute?
Ho avuto la minuta contenente la correzione autografa dell’arcivescovo, l’ho personalmente verificata, come ho verificato, per gentile concessione di Sinitò, tutta la corrispondenza fra l’arcivescovo e l’ex arciprete di Taormina.

Hai notizie di Sinitò?
Proprio oggi ho avuto la notizia che don Salvatore Sinitò è stato totalmente riabilitato dal vescovo di Acireale, diocesi in cui è stato accolto e incardinato. Dal primo settembre sarà arciprete di Calatabiano. Penso che tutto il clero messinese debba essere contento di questa soluzione data dal vescovo di Acireale che ha apprezzato quell’umile prete che l’arcivescovo La Piana voleva ridurre all’elemosina.

Vuoi almeno accennare ad altri casi di cui tu hai scritto, come, per esempio, la Casa del Clero…
Mi risulta che questoproblema sta per essere affrontato da alcuni preti. E’ loro interesse. E’ stato rubato un loro diritto affermato e voluto dal grande arcivescovo Paino. Che poi si tratti di una transazione possibile fra l’arcivescovo e i Padri Rogazionisti, non lo so. Certo che non è consentito fare speculazione edilizia. Da giorni circola un “libello” di quella che è stata chiamata la “sciagurata transazione”. Se si chiede all’arcivescovo più trasparenza, ai preti si chiede più coraggio ad affrontare di petto le situazioni.