Chiesa dei poveri…

di ANDREA FILLORAMO

Più tempo passa e più la figura del Cardinale Montenegro emerge per la sua grandezza, per la sua spiccata personalità e per il suo efficace servizio che rende non solo alla chiesa agrigentina di cui è arcivescovo e alla chiesa siciliana ma alla chiesa universale. Non ci stupisce, pertanto, che per la somiglianza che c’è fra il suo stile di vita e quella di Papa Francesco, qualcuno ritiene, che, nel farlo cardinale, il papa abbia voluto sceglierlo come suo eventuale successore. Lasciamo, però, che sia la Provvidenza e non l’affetto che Franco Montenegro merita da parte di quanti lo stimano e lo seguono nella sua testimonianza di fede, a scegliere, quando Dio vorrà, il successore dell’attuale pontefice. Ma chi è veramente Franco Montenegro? Cerchiamo, quindi, di osservarlo, di vedere cioè alcune sfaccettature di questo uomo che da prete e da vescovo è stato sempre tanto amato. Innanzitutto occorre mettere in luce la sua semplicità, che considero la sua virtù-base, che rende comprensibile tutto ciò che egli fa.In un periodo di transizione complessa, come quello in cui stiamo vivendo, il cardinale Montenegro, proprio come papa Francesco, ha il coraggio di essere semplice. E’ indubbio che la semplicità è uno dei criteri fondamentali dell’autenticità della vita cristiana, che sconvolge la falsa quiete, l’indifferenza e la sufficienza della mentalità corrente e Franco Montenegro segue, senza alcuna titubanza, questo itinerario. Egli ritiene che, il cristiano non deve avere paura, perché con la paura la vita cristiana diventa insignificante, non ha nulla da dire, non dà fastidio a nessuno, è timida, irrilevante, rassicurante invece che inquietante. Ma la semplicità è anche una virtù umana. Assumo qui il termine semplicità con il significato che dà Francois Fenelon, che la ritiene una virtù da intendere come “oblio di sé, il contrario del narcisismo, della presunzione, dell’esibizionismo o del calcolo. La semplicità è la verità delle virtù, e la scusa dei difetti. È la grazia dei santi, e il fascino dei peccatori”. “Il semplice, osserva il Fenelon, non s’interessa abbastanza a sé per giudicarsi, tira dritto per la sua strada con il cuore leggero, l’anima in pace, senza meta, senza nostalgia, senza impazienza. Il mondo è il suo regno, e gli basta. Il presente è la sua eternità, e lo colma. Non deve dimostrare niente, poiché non vuole sembrare niente. Non deve cercare alcunché, perché ha tutto a portata di mano". E’ in forza di questa rara virtù, spesso assente nella gerarchia ecclesiastica, che egli supera ogni paura. Montenegro, ha, pertanto, essendo un uomo semplice, il coraggio di tuonare contro la mafia e dire;"L’unico modo per imbavagliare la mafia è fare sul serio, amare e cercare la verità e il bene, rifiutare la mediocrità, i compromessi e il conformismo. Se la mafia c’è è anche colpa nostra". Il coraggio egli lo manifesta anche quando vieta i funerali di un boss in chiesa, o quando di fronte ai ragazzi radunati in piazza si mette a scandire come un ultrà: "Chi non salta, mafioso è". Per la sua semplicità, ancora, egli, nel concistoro nel quale venne fatto cardinale va dal Papa facendosi accompagnare da un gruppo di poveri, anziché da qualche amico che conta. Tutto il mondo, che lo vede in televisione, ormai,lo considera il simbolo dell’accoglienza ai migranti. "Mi preoccupa e mi fa soffrire – ha tuonato in passato – vedere come non tutti i cristiani abbiano il cuore aperto e mi addolora il fatto che anche tra gli operatori pastorali vi siano quelli che restano indifferenti o reputano il rimpatrio la soluzione al problema dell’immigrazione". "La direzione – ha detto – è stato lo stesso Papa Francesco a indicarcela: è la strada dell’accoglienza, lo ha fatto quando ha ricordato l’enorme sofferenza ma anche la grande accoglienza che non è dare un tetto a chi arriva, ma è un’accoglienza di cuore. Papa Francesco – ha sottolineato Montenegro – è venuto a Lampedusa per indicarci la strada da percorrere. Ecco perché è provvidenza stare qui, al centro del Mediterraneo, ma è anche una grande responsabilità".Sobrietà, misura, rigore: sono le tre regole, alle quali il cardinale Montenegro sempre si è attenuto, prima ancora dell’avvento di papa Francesco. Pertanto la testimonianza del pontefice che ha fatto diventare queste regole fondamento dello stile che lo differenza dei predecessori, non l’ha stupito più di tanto. Aveva già lui, infatti, rinunciato, come vescovo, all’anello prezioso, alla preziosa croce pettorale e a tutti i segni del potere, ammantati di pietre preziose, all’auto blu sostituita dallo scooter con cui si vede circolare ad Agrigento, ai privilegi episcopali. Non è stato e non è così per tanti vescovi, soggetti a quelle tentazioni individuate da papa Bergoglio, quando a tal proposito citando Sant’Agostino, con lo stentato ed immediato linguaggio ormai a tutti noto, dice: “La ricchezza, che può diventare avarizia, èvanità” e ancora: “Quando un vescovo o un prete si approfitta delle pecore per se stesso, il movimento cambia: non è il prete, il vescovo per il popolo, ma il prete e il vescovo che prende dal popolo”. L’autore delle “ Confessioni”, cioè S.Agostino, ricorda il Papa, dice che costui “ prende la carne per mangiarla alla pecorella, si approfitta; fa negozi ed è attaccato ai soldi; diventa avaro e anche tante volte simoniaco. O se ne approfitta della lana per la vanità, per vantarsi”. Quanti concetti di sapienza cristiana sono contenuti in queste brevi parole! La conclusione di Francesco è ancora un invito a pregare per i propri pastori “perché siamo poveri, perché siamo umili, miti, al servizio del popolo”. Il Papa rimanda al capitolo 20 degli Atti degli Apostoli “dove Paolo dice: “vegliate su voi stessi e su tutto il gregge. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge”. Il Papa, infine, esclama ai fedeli: “Leggete questa bella pagina e leggendola pregate, pregate per noi vescovi e per i preti. Ne abbiamo tanto bisogno per rimanere fedeli, per essere uomini che vegliano sul gregge e anche su noi stessi, che fanno la veglia propria, che il loro cuore sia sempre rivolto al suo gregge. Che il Signore ci difenda dalle tentazioni, perché se noi andiamo sulla strada delle ricchezze, se andiamo sulla strada della vanità, diventiamo lupi e non pastori. Pregate per questo, leggete questo e pregate”. Diciamolo con chiarezza: con la scelta di Montenegro a cardinale e non solo di lui ma nella scelta degli ultimi cardinali creati nel gennaio 2015, papa Francesco ha voluto “ rifondare” la sua Chiesa, quella che lui, a tutti i costi vuole, la”chiesa dei poveri”. Ha scavato sempre di più il fossato che lo separa dalla chiesa istituzione; ha oscurato e surclassato quei vescovi che amano la stabilizzazione dello status quo. Ha istituito una specie di “governo ombra” con vescovi e cardinali tra cui ha posto anche Francesco Montenegro. Ci chiediamo: le virtù del cardinale Montenegro sono virtù innate o sono dovute alla sua formazione e nascono dalla sua esperienza? E’ questo un vecchio ma irrisolto problema di chi vuole esprimere dei giudizi su una qualsiasi personalità complessa. Preferisco, senza dilungarmi in vecchie diatribe, fare un riferimento a quanto scrive Aristotele nell’Etica Nicomachea: “Da ciò risulta anche chiaro che nessuna delle virtù etiche nasce in noi per natura: infatti, nulla di ciò che è per natura può assumere abitudini ad essa contrarie: per esempio, la pietra che per natura si porta verso il basso non può abituarsi a portarsi verso l’alto, neppure se si volesse abituarla gettandola in alto infinite volte; né il fuoco può abituarsi a scendere in basso, né alcun’altra delle cose che per natura si comportano in un certo modo potrà essere abituata a comportarsi in modo diverso. Per conseguenza, non è né per natura né contro natura che le virtù nascono in noi, ma ciò avviene perché per natura siamo atti ad accoglierle, e ci perfezioniamo, poi, mediante l’abitudine. Inoltre, di quanto sopravviene in noi per natura, dapprima portiamo in noi la potenza, e poi la traduciamo in atto (come è chiaro nel caso dei sensi: giacché non è per il fatto di avere spesso visto e sentito che noi acquistiamo questi sensi, ma viceversa noi li usiamo perché li possediamo, e non è che li possediamo per il fatto che li usiamo). Invece acquistiamo le virtù con un’attività precedente, come avviene anche per le altre arti. Infatti, le cose che bisogna avere appreso prima di farle, noi le apprendiamo facendole: per esempio, si diventa costruttori costruendo, e suonatori di cetra suonando la cetra”. Tenendo conto di quanto scrive il filosofo, osservo che il cardinale Montenegro, sicuramente dotato di attitudini naturali al bene, ha affinato le tali virtù naturali, servendosi di anche delle esperienze che il caso o la Provvidenza gli hanno fornito. Ricordiamo che egli è appartenuto alla numerosa schiera dei preti formatisi nel seminario arcivescovile di Messina, dove grandi educatori e uomini di grande carità, come mons. Sciglio eMons. Merlino, hanno lasciato una scia profonda nel loro animo. Chi può dimenticare, appunto, il Padre Spirituale, Mons. Sebastiano Merlino, che spesso facendosi accompagnare dai seminaristi visitava i poveri della baraccopoli di Giostra, che sicuramente non si differiva da quella che oggi è Buenos Aires? E che per seminaristi era un libro sempre aperto davanti ai loro occhi, molto più importante dei libri di teologia? Dalle pagine di tale libro essi apprendevano la necessità di essere caritatevoli, disponibili verso i poveri.. La povertà diffusa fra quelle baracche ancora è ben presente nei loro occhi… Francesco Montenegro, ovverossia don Franco, come ama farsi chiamare, ex parroco di una fra le più complesse parrocchie della città di Messina, ex segretario dell’arcivescovo Fasola, uomo dal grande cuore e per tal motivo indimenticabile, ex presidente della Caritas, vescovo degli emigrati e adesso Cardinale, può veramente collaborare con il papa per essereartefice della “Chiesa dei poveri”, come è nei desideri di papa Francesco e come è nei nostri auspici.