Sinodo sulla famiglia

di ANDREA FILLORAMO

Lo sappiamo e con forza lo ribadiamo: la libertà di pensiero è quanto ci è di più caro e tutti hanno il diritto di esprimere le loro opinioni. Tale diritto appartiene anche agli “integralisti” o “tradizionalisti” cattolici”, che, avvicinandosi la data del “Sinodo sulla famiglia”, si servono anche di interviste concesse da qualche cardinale per manifestare le loro legittime perplessità sulle soluzioni proposte a tematiche “sensibili”, che riguardano la famiglia, di cui i vescovi, convocati dal Papa, si faranno carico. Parimenti rivendichiamo, però, il nostro diritto a criticare il loro approccio a tali tematiche, un approccio sicuramente “massimalista”. facilmente rintracciabile nella loro interpretazione obsoleta delle sacre scritture, che vieta al messaggio di rinnovarsi e lo mantiene nella sua grezza forma originaria. Ai tradizionalisti duemila anni di storia non insegnano proprio nulla; non insegna nulla la sofferenza di quanti si sentono costretti dentro le “maglie” estenuanti delle tradizioni che trascorrono, così una vita intera a costruirsi invalicabili limiti, sicuramente non imposti da Dio ma dagli uomini. L’amore e la famiglia da loro sono interpretati, vissuti e accettati secondo un unico formato predefinito. E’ questa una visione assolutamente antistorica, paragonabile a quello di altri “fondamentalismi” religiosi che diffondono tanta sofferenza nel mondo. Essi, inoltre, rispolverano tesi pseudoscientifiche che, richiamandosi a una presunta famiglia naturale, mettono in discussione il diritto a esprimere l’amore nelle forme che ogni singola persona sente propria. Ritengo che i vescovi, nel prossimo Sinodo, facciano superrare una ‘cultura’ assolutistica, ben presente in società premoderne, che usano l’assolutismo come strumento di oppressione e coercizione e non tengono conto che nelle società moderne è la laicità che ‘impone’ la tolleranza e l’accettazione di chi pensa e agisce diversamente da noi. Ci confortano le parole di Papa Francesco. Egli insiste che gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, "non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario che è – sottolinea il Papa – anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore". Occorre quindi trovare "un nuovo equilibrio altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. E da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali".