
di ANDREA FILLORAMO
Trascrivo e commento l’ultimo messaggio pervenutomi il 14 aprile alle ore 10,31:
“Noto che da qualche tempo tu non scrivi su IMGpress. I tuoi articoli sono molto illuminanti e inducono a un dibattito sui problemi della diocesi messinese, sul suo vescovo che si dimostra sempre più lontano anni luce dai bisogni dei fedeli. Continua, per favore a scrivere: ne abbiamo bisogno”
Al di là dei ringraziamenti al benevolo lettore probabilmente colpito dalla mia presunta e consapevole capacità di esprimere a viso scoperto le mie opinioni negli ormai molti articoli pubblicati su IMGpress, manifesto, però, la mia non completa soddisfazione per quel che egli mi scrive. A lui, come a molti altri sfugge il significato dei miei scritti che sono rivolti particolarmente ai preti e al loro vescovo. Anche al più distratto osservatore infatti, appare chiaro che in molti di quei “pezzi” dove parlo dei problemi della diocesi, costante è stato fin’ora l’invito fatto ai preti al dialogo con il proprio vescovo. Tale invito però, è andato sempre eluso. Quali sono le cause di questa barriera fra i sacerdoti e quello che i preti dovrebbero sentire come il loro pastore? Mi si permetta di azzardare alcune ipotesi, ovviamente discutibili, accertabili, che nascono dalla conoscenza dell’ambiente clericale e particolarmente dai tanti amici preti che mi concedono le loro confidenze. La prima causa da me individuata è data dal fatto che i preti sono figli di una “cultura di controllo” e vivono in una continua lotta per sfuggire a tale controllo che reprime l’energia vitale, generando così individui solo apparentemente sottomessi e obbedienti.. Essi hanno una coscienza spesso o talvolta ingabbiata in un apparato burocratico, fondato spesso sull’ ipocrisia, sul silenzio e sull’omertà. Essi, pertanto, si sentono costretti in un esilio, che per qualcuno può divenire straziante, che si manifesta nell’insoddisfazione, nella frustrazione, nell’isolamento e nella malinconia. Ovviamente ci sono anche dei sacerdoti, che riescono a liberarsi da questa “ gabbia” ma preferiscono non impegnarsi nell’esercizio del dialogo e del dibattito o temono di non essere compresi da chi fa scaturire il suo potere da queste “defiance” socio- clericale. In psicologia un determinato modo d’essere diventa disfunzionale nel momento in cui il soggetto lo sente dannoso per sé o con costi troppo alti per le conseguenze sugli altri. Ma questo momento per alcuni o molti preti non giunge mai. Un’altra può essere ancora la causa del mancato dialogo prete- vescovo. Mi riferisco alla percezione che essi hanno del loro vescovo che è visto come il superiore, il datore di lavoro, il distributore dei benefici e non il pastore con il quale essi sono chiamati a collaborare. Pertanto nelle loro discussioni, nei loro incontri riservati o conviviali, talvolta anche settari, le espressioni più frequenti (l’ho sentito con le mie orecchie) sono: “mi ha dato”, “mi ha tolto”, “a quello ha dato”, “non capisco perché”, “ho saputo che” e giù ancora con veri e propri pettegolezzi che talvolta però nascondono delle presunte verità abbastanza “ pesanti”, riguardanti il vescovo, che non si ha il coraggio di gridargliele in faccia. “ Robin Dunbar, antropologo che ha studiato a lungo gli insediamenti ominidi di 250mila anni fa, sostiene che il pettegolezzo fin dalla notte dei tempi sia stato una manifestazione di coinvolgimento e contatto reciproco essenziale per la vita sociale dell’uomo. E questo perché assolve funzioni importanti per l’affermazione e la condivisione dei valori della comunità stessa, proprio come il “grooming” per le scimmie, ovvero l’attitudine dei primati a ripulire i propri simili dai parassiti.” Questo sicuramente è vero ma per i preti, imbottiti di moralismo, il pettegolezzo non ci dovrebbe essere, anzi esso è peccato. Tuttavia viene da loro fatto nei confronti del vescovo, anche per indurre chi è coinvolto nella diceria, a rivelare di più circa quelle “verità” che ritengono nascoste che sono lesive della dignità di chi dovrebbe essere un “ pastore”. Nella Sacra Scrittura si dice che la calunnia è figlia di Satana e il Talmud mette in guardia sul fatto che “lo spirito fidato nasconde ogni cosa”. Ma spesso al silenzio si preferisce la parola: detta a mezza voce, bisbigliata, accennata. Mezza verità e mezza falsità, insieme, fanno un’informazione micidiale. A questo punto è lecito porre una domanda ad un ipotetico prete che fa o divulga quelli che chiamiamo “pettegolezzi” nei confronti del vescovo, che però potrebbero non essere tali: “ sei certo di quello che dici ?“, “quel che stai dicendo l’hai accertato o è accertabile?”. Se è così, non ti resta che chiedere spiegazione al tuo superiore e se temi che non ti ascolti o che dalla tua richiesta possa provenire un danno irreparabile, coinvolgi le strutture diocesane, scrivi con nome e cognome magari al Papa Francesco, prima che le notizie raggiungano i mezzi di comunicazione sociale. Non ti azzardare, come talvolta avviene, di scrivere lettere anonime. L’anonimo – lo sai – ha bisogno di punire, di vendicarsi, di generare rimorso e tu non appartieni alla categoria degli “ anonimi”. Fin’ora la mia “pistolettata” è stata rivolta nei confronti dei preti. Non mi permetto di rivolgerla contro il vescovo, al quale sia per iscritto, sia, in un incontro che abbiamo avuto nel mese di giugno, ho detto che sono molti i preti che non lo amano. Si rende egli conto di ciò? Non lo so. E’ consapevole che sarebbe non solo opportuno ma anche necessario che anche il suo agire sia il più trasparente possibile? Che i preti hanno bisogno di un vescovo che li ascolta, che sia disponibile, attento ai loro bisogni e non di un vescovo che “ punisce”? Già anni addietro nel Consiglio presbiterale si era chiesto l’intervento della Santa Sede, almeno così leggo in Internet. Occorre reiterare la richiesta? Sono convinto che in tutto il suo agire il vescovo sia in buona fede e non tarderà a prendere le sue decisioni necessarie per la diocesi che egli governa. Nessuno mi può accusare ancora di arrogarmi il diritto di essere il “ portavoce” dei preti; sono uno che vive molto lontano dalla diocesi, della quale s’interessa per scrivere articoli su IMGpress e non posso, quindi, non scrivere dei preti e del loro vescovo, tenendo conto delle notizie che mi pervengono.