Padre LèonLaclau, Per amore di una donna – Escluso dalla Chiesa

Andrea Filloramo intervista padre Ettore Sentimentale traduttore del romanzo di Padre LèonLaclau “Per amore di una donna – Escluso dalla Chiesa”, edizione IMGPress.

Ti ringrazio, innanzitutto, di avermi fatto pervenire il libro di Padre LèonLaclau “Per amore di una donna – Escluso dalla Chiesa”, edizione IMGPress, da te tradotto dal francese e di cui, su tua richiesta, ho curato la postfazione. Certamente mi permetterai di farti una breve intervista, non tanto per pubblicizzare il libro, ma per entrare, con piede molto lento, nel complicato mondo dei sentimenti e delle emozioni capaci di far vibrare l’anima. Esse sono sempre belle ma diventano, per tanti, “strane”, “ inopportune” o addirittura “ anomale” se appartengono ad un prete, che, credendo nell’amore verso una donna, è obbligato a lasciare il ministero e a sentirsi, quindi, “ escluso dalla Chiesa”. Ti chiedo: “ perché, fra tanti libri che parlano dei preti, hai scelto per tradurlo e per farlo stampare, quello di Padre LèonLaclau?

Sono io a ringraziare te, perché hai voluto onorare questa pubblicazione con la tua postfazione, della quale ne avevo parlato con l’autore. Come tu ricorderai, già dai tempi di S. Luca avevo presente il volume di p. Léon, del quale ho citato qualche pagina in una mia lettera mensile. Anche il tema di fondo del libro era stato già attenzionato. Mi pare che nel 2009, una lettera mensile l’hai scritta interamente tu, mettendo a fuoco alcune problematiche collegate sia al celibato dei preti, sia alla possibilità reale di ordinare i “viri probati”. Ora ti racconto perché ho deciso di tradurre (da principiante che prima della pubblicazione ha chiesto consulenza a persone esperte!) proprio questo libro. Mi trovavo in vacanza (settembre 2008) a pochi Km di distanza dal paese natale di p. Léon e un bel giorno arriva un amico mostrandomi il libro in questione e chiedendomi se conoscessi la storia e l’autore. Dopo aver letto la quarta di copertina, lo chiesi in prestito per qualche giorno. Il tempo di dare uno sguardo più attento. In realtà lo lessi in due giorni… poi chiesi dove comprarlo. Arrivato in libreria, ebbi la sgradita sorpresa di sentirmi dire: “Siamo spiacenti! Questo libro per il momento è esaurito”. Prima di ripartire, feci le fotocopie ma rientrato a casa lo ritirai tramite internet. Cominciai a tradurre qualche pagina e la feci leggere a diversi confratelli molto saggi, più anziani di me, che mi invitarono a continuare nell’opera. Mi dissero che un libro del genere avrebbe fatto bene soprattutto a preti e vescovi, purché avessero l’animo aperto a comprendere la situazione reale nella quale vive il clero odierno. È quello che penso anch’io, soprattutto dopo aver letto la tua intervista a don A. G. che mi ha fatto riandare con il pensiero e il cuore a una bellissima poesia di Turi Auteri. Il tempo ci cercare il testo e te lo farò avere. Poi ho avuto modo di incontrare personalmente gli “autori” (in realtà il libro per ampi tratti è scritto a quattro mani, da Léon e Marga) e da qui è nata l’idea dell’edizione in italiano, cosa che si è realizzata di recente.

Nel libro, che possiamo considerare un diario, Padre Laclau, descrive i vari momenti della sua “crisi”, intesa come un processo lento e graduale della sua maturità umana e contemporaneamente dell’affermazione della sua vocazione sacerdotale. Avrebbe potuto “servirsi” di quell’atteggiamento comune a tanti preti, quello di un “pendolarismo” ipocrita e tenersi, così, contemporaneamente, quelli che egli riteneva i due suoi beni “inalienabili”, e cioè l’esercizio ministeriale e la donna. Perché, a tuo parere non l’ha fatto?

Per due ordini di motivi, che entrambi hanno come fine ultimo il rispetto degli altri. Il primo, nonostante avesse avuto rassicurazioni dalla persona direttamente interessata disposta a farsi da parte per evitare qualsiasi problema o intralcio al suo ministero, l’ha portato a prendersi la sua responsabilità sino in fondo verso la persona che amava e dalla quale veniva amato; il secondo, verso i parrocchiani, perché non intendeva intralciare il loro cammino di fede, seppur guidato da altri responsabili. Si può non essere d’accordo, per me questi due aspetti denotano grande maturità.

La lettura del libro riapre indubbiamente il vecchio problema del “celibato ecclesiastico”. Di questo problema molti “fiumi d’inchiostro” hanno inondato le pagine dei giornali e la pubblicistica cattolica e non. Non pensi che prima e a fondamento dell’abolizione eventuale del celibato, sia necessaria una “renovatioecclesiae in capite et in membris”?

Certo. Nello specifico penso che la Chiesa istituzione (soprattutto in Italia) debba avere il coraggio di guardare realmente dentro la vita dei preti, senza preconcetti e isterismi. Se da una parte lo ha sempre fatto con documenti di grande spessore teologico-pastorale, dall’altra è ancora al palo circa scelte chiare, in vista unicamente del bene dei suoi preti. E non mi rifaccio solamente alla questione del celibato, che – come ben sai – è tra argomenti all’o.d.g. nell’agenda di papa Francesco. Rilancio qualche provocazione, alla luce anche delle tue interviste. Prima, però, devo ancora una volta constatare che i risultati dell’indagine sui preti (anno 2000) promossa dalla CEI non sono pienamente consultabili. Perché? Forse i vescovi sono rimasti traumatizzati dalle risposte, oppure hanno ritenuto opportuno censurare alcuni passaggi? Amaramente devo anche constatare che vi è un profondo iato fra preti e vescovi: se a noi vien chiesta l’obbedienza come “habitus”, potremmo noi chiedere la “sollicitudopatris”? Qualche giorno addietro ho raccolto la disperazione di alcuni confratelli più anziani che vivono il ministero da eroi, avvolto però da una tremenda solitudine. Uno di questi, mi ha fatto commuovere (e ce ne vuole!) allorché disse: “Avevo bisogno che qualcuno mi passasse un po’ di pomata alle spalle, ma non ho chiamato nessuno perché atterrito da tutto quello che si sente dire su noi preti…”. Due volte solo. Qualche anno addietro la rivista “Presbyteri” dedicò un numero a questo tema, che mi pare suonasse così: Quella dei preti, è una solitudine necessaria?