Un uomo di Chiesa fa del bene e talvolta cade in tentazione

Il prof. Andrea Filloramo, dopo essere stato intervistato sul celibato ecclesiastico, discute adesso su un altro argomento che possiamo considerare collaterale allo stesso celibato. Si tratta della pedofilia dei preti. A suo parere il prete pedofilo è il “prodotto di una certa educazione ed è una persona con gravi problemi, che in modo irrazionale, deviante e purtroppo dannoso per gli altri, cerca se stesso e la sua perduta identità sessuale, identità che la formazione seminaristica non ha aiutato a raggiungere anche per l’ influenza psichica di quella teologia che è stata oggetto dei suoi studi”

Premessa. A distanza di alcuni giorni dall’intervista sul celibato dei preti, a fronte dell’interesse che tutto ciò che riguarda la Chiesa, la sua storia e i suoi ministri, sono apprezzati se espurgati dai gossip, vogliamo affrontare un argomento estremamente ‘sensibile’: la pedofilia dei preti. Per fare ciò, non occorre neppure rammentarlo, rimaniamo, ne sono certo, sempre e comunque sulla ‘soglia’, della ricerca, senza pretendere di superarla. Iniziamo subito. Durante il suo ministero ha conosciuto dei preti pedofili?

Durante il mio ministero, ho conosciuto dei preti additati come preti pedofili e, durante gli anni della mia formazione nel seminario qualche pedofilo indubbiamente c’era. Di essi tutti parlavano, o meglio tutti mormoravano ma nessuno denunciava.

Perché avveniva ciò?
Non era consentita allora, non solo dalla gerarchia ma anche stranamente dal “senso comune” porgere querela nei confronti di un “ministro di Dio” o di chi al sacerdozio era avviato.

Sarebbe interessante approfondire questa “ strana” teoria
Con molta probabilità allora veniva supinamente accettata la tesi sulla pedofilia dei preti, sostenuta da Vittorio Messori, giornalista e scrittore cattolico, in un’intervista a La Stampa pubblicata l’11 agosto 2007, intitolata: "Il problema?, troppi gay nei seminari”? In tale intervista, Messori afferma tranquillamente che a un uomo di Chiesa è consentito che ogni tanto tocchi "qualche ragazzo" se poi ne salva a migliaia. Dopo aver ricordato che molti santi e beati della Chiesa erano psicopatici, affetti da gravi turbe sessuali, Messori si spinge a dichiarare che la pedofilia è, secondo un certo “realismo della Chiesa”, nient’altro che un’ipocrita invenzione. Motivo? La linea di demarcazione tra l’adulto e il bambino – sostiene lo scrittore – è sempre convenzionale , non c’è nessuna sostanziale differenza tra un rapporto omosessuale consensuale tra due adulti e quello di un adulto con un bambino.

E’ proprio questa la concezione del Messori?
Riporto il suo scritto: “Un uomo di Chiesa fa del bene e talvolta cade in tentazione? E allora? Se fosse così per don Pierino Gelmini, se ogni tanto avesse toccato qualche ragazzo ma di questi ragazzi ne avesse salvati migliaia, e allora? La Chiesa ha beatificato un prete denunciato a ripetizione perché ai giardini pubblici si mostrava nudo alle mamme. Queste storie sono il riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del Vangelo. Gesù dice di non essere venuto per i sani, ma per i peccatori. E’ il realismo della Chiesa: c’è chi non si sa fermare davanti agli spaghetti all’amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia umana santifica l’omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la soglia d’età?”.

E’ veramente scandalosa questa concezione
A nessuno è consentito “gridare allo scandalo” per questa intervista del Messori, in quanto questa concezione purtroppo è molto radicata nella tradizione cristiano-cattolica e, più in generale, nell’antropologia del sacro: l’uomo di Chiesa, giacché prende a modello il santo, non sarebbe più un uomo in mezzo ad altri uomini, ma un uomo che, aspirando alla santità, si ritiene al di sopra di ogni moralità, talora perfino della legalità.

Probabilmente questa concezione è molto antica nella Chiesa
Tale concezione affonda le sue radici nel lontano passato quando la Chiesa tollerava la pedofilia, anzi gli uomini di Chiesa tranquillamente la praticavano. La pedofilia, infatti, è storicamente accertata come pratica nella gerarchia ecclesiastica sin dal Sinodo di Elvira del 306. Il Sinodo di Elvira, infatti, ci fornisce un quadro terrorizzante delle violenze sessuali che potevano avvenire sotto la cupola ecclesiastica ai danni di minorenni indifesi, tanto che si parlò con disprezzo di “catecumeni infanticidi” e di “violentatori di bambini”, stupratori di minori che erano spesso definiti – con un termine più circostanziato – pederasti, ovvero omosessuali con una spiccata predilezione verso i bimbi. Basta, inoltre, sfogliare i libri penitenziali del medioevo per rendersi conto di quanto fosse diffusa la lascivia irrefrenabile tra i preti. Tali scritti affrontano argomenti scabrosi e scellerati dei rapporti sessuali criminosi tra appartenenti al clero e bambini, fanciulle e ragazzi. Allora era chiamato in generale peccato di sodomia e comprendeva rapporti fra maschi adulti e contro natura con animali e bestie selvatiche, oltreché con bambini e adolescenti, nel qual caso si impiegava il termine più specifico di pederastia.

Al di là delle ripetute notizie di tanti preti pedofili, tanto da far credere che ci troviamo di fronte a un’epidemia, oggi viene da chiedersi: perché dei preti diventavano e diventano pedofili?
Molti penseranno che sia uno degli effetti del celibato forzato, ma se dipendesse semplicemente da questo, dovremmo osservare somiglianze statistiche con analoghe situazioni di castità obbligatoria, cosa che non risulta.

Del resto, se la condizione di celibato diventasse insostenibile per il prete, perché non ripiegare nella normale eterosessualità adulta, clandestina?
No, certamente il comportamento pedofilo non può essere spiegato con la semplice repressione sessuale, nemmeno se esasperata e prolungata negli anni. Sebbene la pedofilia sia un crimine particolarmente odioso perché colpisce le vittime più indifese e disarmate, va tuttavia detto che essa evidenzia uno stato di regressione psichica da parte di chi la mette in atto. Un pedofilo non è mai completamente adulto, bensì cerca, a livello inconscio, di rievocare simbolicamente la sua stessa infanzia. La mancanza di maturità sessuale da parte dei preti, che l’esperienza, la sessuofobia, la misoginia del seminario non ha certo potuto permettere, potrebbe aver “fissato” lo stato evolutivo psichico a uno stadio preadolescenziale. Questa interpretazione narcisistica del comportamento pedofilo dei preti sarebbe confermata dall’osservazione dell’età media delle vittime, spesso compresa fra gli otto e i dodici anni. Va anche rilevato che nella quasi totalità dei casi si tratta di pedofilia omosessuale, e anche questo elemento ci fa capire come il prete pedofilo abbia pesanti conflitti da risolvere con se stesso, con la propria sessualità, con la propria storia e soprattutto con la propria identità.

La pedofilia è comunque un fenomeno molto complesso, non è semplicemente espressione di tendenze regressive infantili negli adulti, altrimenti i pedofili sarebbero milioni…
Va considerato un altro fondamentale aspetto: il rapporto sado-masochistico. Anche qualora non vi sia violenza, è innegabile che il pedofilo, per sottomettere la vittima, faccia leva sul suo potere adulto e sulla sua superiorità fisica e psicologica. E’ anche evidente che lo scopo del pedofilo non è di procurare piacere, ma di ottenerlo, anche usando la propria preda come fosse un giocattolo inerme.

C’è, quindi, una notevole componente ideologicamente autoritaria nella pedofilia?
Un autoritarismo che si esprime come un bisogno di possessivismo morboso, invincibile, da cui non ci si può sottrarre. E’ molto espressivo che in molti episodi riportati dalle cronache, si nota che i preti pedofili generalmente non prendono particolari precauzioni per nascondere i propri perversi comportamenti.

Si tratta di un delirio di onnipotenza?
Nel loro delirio che è anch’esso di origine infantile, essi preferiscono contare sull’omertà delle proprie vittime piuttosto che sul mettere in atto i comportamenti devianti in situazioni protetti, magari lontano dal proprio ambiente.

Si può affermare che tutti i casi di pedofilia e la ricca pubblicistica dei giornali fanno riferimento a preti e vescovi che hanno avuto una specifica formazione e educazione alla sessualità impartita nei seminari, che indubbiamente è da ritenere fallimentare, anzi molto nociva.
Probabilmente è così!

Risulta che i preti pedofili siano tanti, siano troppi…
Negli Stati Uniti qualcuno ha ben pensato di stilare una lista dei preti pedofili. In Italia questa lista non esiste ancora e, dove esiste traccia di abusi, molto spesso non vengono neppure indicati i loro nomi, ma solo le loro iniziali o un generico "prete" "don" o "sacerdote".

Alcuni dei loro nomi, però, spulciando nella rete, saltano fuori, e, facendo una ricerca approfondita, si scopre che sembrano essere davvero infiniti i casi di pedofilia perpetuati a danni di minori da parte di preti pedofili in Italia
E non si contano i casi che non sono stati denunciati o di quanti hanno deciso che era meglio vedere allontanare il proprio parroco e cercare di dimenticare. Sembra chiaro che il prete pedofilo sia il prodotto di una certa educazione e sia una persona con gravi problemi, che in modo irrazionale, deviante e purtroppo dannoso per gli altri, cerca se stesso e la sua perduta identità sessuale, identità che la formazione seminaristica non ha aiutato a raggiungere anche per l’ influenza psichica di quella teologia che è stata oggetto dei suoi studi.

Cosa pensa della passata omertà della Chiesa?
La passata omertà della Chiesa, e le sue negazioni dell’evidenza hanno impedito fino a tempi recenti ai preti pedofili di essere curati, supportati da specialisti, magari portati in psicoterapia e perché no! studiati di più, affinché si potesse tentare di prevenire il continuo ripetersi di questi fenomeni.

Sono molti quelli che pensano che la chiesa preferisca tenersi dei preti pedofili, che continueranno a fare vittime innocenti, piuttosto che correre il rischio di confrontarsi con delle menti libere e liberali…
E’ indubbio che la Chiesa è in enorme difficoltà nel trattare questo argomento. Nel loro lavoro i preti vivono situazioni che richiedono un continuo adattamento e una capacità di rinnovamento, per portare avanti le loro attività con un senso di coesione e di unità interiore.

Eppure, nonostante questa da loro stessi ritenuta necessaria centralità delle motivazioni spirituali, si assiste a volte a una crisi di credibilità e di coerenza che scuote il loro modo di essere e di vivere, soprattutto quando assumono uno stile di vita che è in contraddizione con il carattere della loro vocazione
Inoltre, il confronto con un mondo che relativizza i valori e gli ideali può mettere ancor più a nudo le loro fragilità interne, svilendo la ricchezza della missione a favore di facili compromessi con le false aspettative su di sé o sulla gente. Le conseguenze di questa ambiguità spirituale e motivazionale possono essere disastrose quando riflettono il divario tra le parole professate e alcune relazioni pastorali ambigue, tra le prospettive ideali di dedizione e uno stile di vita poco significativo; fino a tradursi in atteggiamenti anomali se non addirittura deviati, nel modo di essere e di relazionarsi. In effetti, quando ci si allontana dalla specificità della vita sacerdotale trovano terreno fertile tanti episodi disfunzionali, che sono indicatori di un malessere che va oltre gli eventi patologici e investe la radicalità del messaggi stesso evangelico.

Si può risolvere il problema della pedofilia del prete, che trova la sua radice nell’educazione impartita nei seminari?
La soluzione la trova don Mazzi, fondatore di Exodus che sostiene: “La pedofilia nella Chiesa? E’ colpa dei seminari e abolirli è l’unico modo per risolvere il problema alla radice”. Le risposte della Chiesa in merito ai casi di pedofilia che sono emersi in questi ultimi tempi, non mi hanno convinto. Andrebbero aboliti i seminari. L’errore inizia da lì. Il seminario che è l’istituzione cattolica in cui i ragazzi in età da liceo studiano e si preparano a diventare sacerdoti è un luogo che castra, non è un luogo naturale. La preparazione non va fatta nei seminari. La formula da allevamento nel pollaio – non è al passo coi tempi. Chi vuole diventare prete, deve studiare da casa facendo di tanto in tanto verifiche con il proprio direttore spirituale. Bisogna trovare un iter più aderente alla realtà per chi vuole diventare prete, così che fino a 19/20 anni si possa vivere anche l’aspetto affettivo e sessuale. Del resto, io non sono andato e se ci fossi stato non sarei mai diventato prete".