Sulle orme del Vangelo: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra

Mt 11,25-30
In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita . Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".

di Ettore Sentimentale

Dopo tutta una serie di feste e solennità, con il brano riportato sopra la Chiesa ci fa rientrare nel vivo del Tempo Ordinario e ci invita a riprendere la lettura continua del vangelo di Matteo.
La pericope in questione è da collocare all’interno di una paragrafo ove l’evangelista descrive prima il rifiuto di Gesù (da parte delle città di Corazim e Cafarnao) e subito dopo, in un modo diametralmente opposto, presenta l’accoglienza del Figlio da parte dei piccoli. L’oggetto della nostra riflessione è questa seconda parte che va interpretata partendo dalla individuazione delle rispettive categorie di persone menzionate.
I “sapienti” e i “dotti” rimandano ai “dottori della legge”, i rappresentanti del magistero pubblico di allora, verso i quali il Maestro non usa mezzi termini per far emergere la loro devastante ipocrisia.
I “piccoli”, invece, sostanzialmente sono i destinatari delle beatitudini, i “poveri di spirito” (Mt 5,3). A questi ultimi viene rivelato il senso ultimo delle azioni compiute da Gesù, davanti alle quali il Maestro prima viene accusato dagli scribi di essere un “bestemmiatore” (cfr. Mt 9,3) e poi additato dai farisei come un “peccatore” (cfr. Mt 9,10-13).
La differenza più evidente sta nel fatto che per i sapienti e i dotti il Regno si instaurerà con l’osservanza formale della Legge, mentre per i piccoli l’avvento della signoria divina avviene attraverso la comunicazione dell’amore del Padre.
Mi sembra opportuna fare una prima puntualizzazione che potrebbe tornare utile a tutti e specialmente a coloro che sono direttamente impegnati nella comunicazione del Vangelo.
Nella missione di evangelizzazione, al di là dei risultati roboanti fatti di grossi numeri e relativo entusiasmo è salutare fermarsi a benedire il Padre perché la proposta del regno è apprezzata da chi si apre all’accoglienza della benevolenza divina senza riserve.
L’importante, però, è non far coincidere la fede con un insieme di “pesi insopportabili che noi non tocchiamo nemmeno con un dito” (Lc 11,46). Onde evitare certi rischi e pericoli – sempre in agguato quando la Chiesa si pensa unica detentrice della salvezza – Gesù invita a sostare presso di Lui, perché si possa riprendere fiato… Il tempo delle vacanze estive potrebbe essere una buona occasione per “ritagliarsi” un periodo tranquillo nel quale purificarsi dalle scorie di un anno di intense attività pastorali, sociali…
La prima operazione che viene proposta, perché il remake sia fruttuoso,consiste nel deporre il giogo pesante dell’autoritarismo e aprirsi al dialogo sincero con chi la pensa diversamente da noi. All’interno del Concilio di Gerusalemme,leggiamo: “Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare?” (At 15,10).
Purtroppo questo ritornello si è ripetuto (con alcune leggere variazioni sul tema quasi fosse una sinfonia) puntualmente tante altre volte, solo perché i cristiani non hanno avuto il coraggio di assomigliare a Gesù, mite e umile di cuore, venuto a servire e non a essere servito (cfr. Mt 20,28).
Per ottenere qualche “risultato” da questa sosta “obbligata” penso sia utile far tesoro dei tre imperativi presenti nel testo:
– venite, cioè aderire a Cristo senza riserve;
– prendete, vale a dire accogliere l’urgenza e l’esigenza del Suo messaggio;
– imparate, frequentare la Sua scuola, perché lui è l’unico Maestro.