Sulle orme del Vangelo: Chi crede in lui non è condannato

 

Gv 3,16-18
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

di Ettore Sentimentale

Questa piccola pericope, proclamata nella Solennità della SS. Trinità, vuole aiutare i cristiani a ravvivare la fiducia in Dio Padre, riaffermare l’adesione a Gesù, Figlio unigenito, accogliere la presenza dello Spirito. Per “comprendere” il mistero di Dio uno e trino, potrebbe risultare fuorviante in questa sede l’esposizione di tale verità di fede in concetti di pura speculazione teologica. La via che voglio percorrere si rifà al messaggio, ai gesti, alla intera vita di Gesù attraverso cui possiamo avere accesso al mistero di Dio.
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. In questa espressione, Gesù ha racchiuso il mistero del Padre che è amore autentico e perdono continuo. Nessuno, nemmeno la parte più ostile del mondo, è escluso dal suo amore. Il Padre ha amato e continua ad amare uno per uno tutti gli uomini, li guarda con tenerezza infinita e misericordia immensa. Tutto questo ce lo ha rivelato Gesù, il quale ha pure insegnato a rivolgerci a Dio con una sola parola: “Padre”. Il nostro primo atteggiamento dinanzi a questo “Padre” non può non essere che la nostra piccola e sincera fede: “Non si turbi il vostro cuore. Credete in Dio e credete pure in me” (Gv 14,1). In Gesù, Figlio “unigenito” (con la stessa accezione di “amato”) incontriamo un Dio concreto, amico e vicino, che ci fa passare dal timore alla fiducia, dalla diffidenza alla fede sincera nel mistero dell’amore. Ecco perché l’urgenza e la necessità di credere viene espressa in toni categorici: “Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato”.
Il testo in oggetto ci fa intravedere nei due verbi “dato” e “mandato” (tipici di Gv) un tacito rinvio allo Spirito Santo: Gv 14,16 (“il Padre vi darà un altro Paraclito”) e Gv 14,26 (“lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome”). Dobbiamo accoglierlo dentro di noi come presenza invisibile e silenziosa, ma reale del mistero di Dio. Nella misura in cui saremo coscienti di questa esistenza continua, comincia a risvegliarsi in noi una rinnovata fiducia in Dio. Tuttavia, per quanto la nostra vita sia fragile e contraddittoria, credenti o no, viviamo circondati dal mistero dell’Amore: Padre e Figlio e Spirito.